Giamba Cortinovis, un grande uomo che ha fatto grande il CAI Bergamo
Intitolare un luogo pubblico, una strada, una piazza, un giardino, non è un gesto banale: non solo perché quel nome rimarrà per sempre (o per molto) fissato nella memoria collettiva, ma anche perché, scegliendo a tal fine personalità del nostro più o meno passato, le si eleva a figure emblematiche, si riconosce loro un merito civile. È facile intitolare una strada a Foscolo, a Dante, a Pertini; meno scontato è andare a selezionare quei personaggi che hanno segnato la storia particolare della nostra città o della nostra Provincia. Significa cogliere una sensibilità comune nella popolazione e darne riconoscimento, magari sottraendo alla memoria il nome di un’altra persona. Anche la toponomastica vive di cicli.
Un ritaglio verde senza nome. Cercando su Google Maps, tra via Monte Gleno e via Daste e Spalenga si trova un ritaglio verde che non ha nome, riporta l'anonima scritta «giardino pubblico». Quale occasione migliore allora per dare un riconoscimento ufficiale a una personalità significativa del nostro territorio in questi ultimi decenni? Devono aver pensato la stessa cosa il Sindaco Gori e la sua giunta, che con un solo gesto toglieranno, alle ore 10 del 5 novembre, un angolo anonimo dalla città per celebrare una figura importante. Di chi si tratta?
Giovanni Battista Cortinovis, detto Giamba. Classe 1903, è morto quasi centenario nel 2003; ha rappresentato con le sue azioni la perfetta sintesi tra lo spirito alpinista tutto nostrano e una vocazione civile di più vasta portata. Membro storico del CAI dal 1929, ha ideato negli anni Cinquante e poi realizzato il celeberrimo Sentiero delle Orobie; sul versante dell'impegno civile, spicca la sua partecipazione alla Resistenza partigiana come membro del CLN di Bergamo, ma ha proseguito l'attività anche in seguito, partecipando alla vita cittadina e sostenendo importanti iniziative sociali e culturali. Giamba Cortinovis è stato uno dei fondatori dell'Istituto Storico della Resistenza e della Storia Contemporanea. Insomma, una partecipazione civile duplice: quella attiva nello scenario periglioso della guerra e quella culturale, volta a preservare nella memoria quegli eventi storici tragici che Giamba aveva vissuto in prima persona.
Come lo ricorda Paolo Valoti. Racconta Paolo Valoti: «Giamba era un uomo attivo, di cultura, di coerenza; nel periodo del fascismo non sottoscrisse la tessera del Centro Alpinisti Italiano. Questo suo senso civile forte rispetto all'identità italiana e bergamasca l'ha profuso nelle attività della Sezione CAI, attraverso le sfide con la montagna. Era una persona esemplare in tutti i sensi, con una grande passione e dedizione per la montagna e il CAI. Aveva uno sguardo lungimirante e i progetti che sognava sono stati poi realizzati. L'ho conosciuto dal 1982, quando nel pomeriggio del sabato si trovavano a discutere in sede quelli che chiamavamo i senatori del CAI. Tra di loro i fratelli Nino e Santino Calegari, Angelo Gamba, Franco Luraschi, Renato Prandi, Antonio Savi, Nino Puloni; personaggi di grande spessore».
Il sogno coltivato per tanti anni. Continua Valoti: «Già negli anni Sessanta parlava di costruire una nuova sede del CAI, più ampia e versatile, per i soci ma anche per le attività: incontri, mostre, che prima si facevano in spazi esterni. Nel 1994 Nino Calegari lanciò un concorso internazionale per la costruzione della sede, fu scelto il progetto del Manukia, ma poi non si fece. Negli anni successivi l'idea di una nuova sede evolvette in quella di una casa della montagna aperta a tutti. Giamba l'aveva concepita già negli anni Sessanta, ma non erano maturi i tempi; nel 2001 finalmente il suo sogno iniziò a diventare realtà. Ma come in una storia già scritta, quasi un romanzo, la vita di Gambattista e quella del Palamonti, la nuova sede del CAI, si sfiorarono appena. Fece in tempo a vedere la posa della prima pietra, l'11 ottobre 2003 e dopo circa dieci giorni morì, il 22 ottobre. Ma la sua firma sulla nascita della Casa che aveva sognato è rimasta indelebile sulla pergamena fatta firmare a tutti i membri e posta all'interno dei muri del Palamonti. Una volta visto sbocciare il suo sogno, ha potuto riposare in pace. Il 6 novembre successivo avrebbe compiuto cento anni».
I risparmi di una vita per il Palamonti. Giamba era talmente convinto del progetto che il giorno della posa della prima pietra fece consegnare a Valoti, allora presidente, una busta con dentro un assegno di 51mila euro, 100 milioni di una volta, per la costruzione del Palamonti. «Aveva aspettato che partisse il progetto, intanto i cento milioni di lire erano diventati 51mila euro. Quindi oltre a credere nella Casa, tenne anche da parte un risparmio consistente per realizzarla. Si vede qui la forza carismatica ma anche concreta di Giamba; una figura di leader nell'etica, ma anche nella generosità. Quella fu una bella fetta dei risparmi di tutta una vita; era ragioniere, non guadagnava moltissimo, ma aveva una smisurata convinzione nella creazione della Casa. Anche per questo rimane una figura unica e insuperata. Una totale e limpida dedizione, a sostegno del CAI: è una luce che ancora oggi ci guida e ci stimola a portare avanti questi valori. Aveva un enorme senso civico, di solidarietà con la comunità; un senso del dovere scolpito nel granito del suo cuore».
Le imprese alpinistiche. Riportiamo alcuni passaggi del commiato di Angelo Gamba presente nell'annuario CAI del 2003. «Giamba per gli amici intimi, ha rappresentato quasi una bandiera dell'alpinismo bergamasco per una buona parte del Novecento. […] La sua attività principale si sviluppò nel periodo immediatamente seguente il secondo conflitto mondiale. In cordata con alcuni giovani amici della Sezione e partecipando alle numerose gite sociali che la Sezione organizzava, salì gran parte delle maggiori cime delle Alpi, raggiungendo così un notevole bagaglio alpinistico e portando la sua esperienza di "vecchio alpinista" nelle file delle nuove generazioni. Attorno agli anni Cinquanta la Sezione, constatata la sua notevole conoscenza delle Alpi Orobie, gli affidò lo studio e la realizzazione del Sentiero delle Orobie Centro - Orientali, compito che Cortinovis, nel giro di pochi anni e coadiuvato da alcuni amici e da valligiani esperti dei luoghi, portò abilmente a compimento con accurati studi e numerosissimi sopralluoghi, seguendo altresì i lavori di costruzione del sentiero da parte di una squadra di operai particolarmente abili in questo genere di lavori».
«Compiuto il Sentiero delle Orobie che mette in comunicazione con percorsi altamente suggestivi tutti i rifugi delle Orobie sparsi tra la Valle Brembana e la Valle Seriana, Giambattista Cortinovis si mette di nuovo all'opera e realizza, anche qui con la collaborazione di un ristretto numero di operai specializzati, il famoso e tuttora frequentatissimo Sentiero del Passo della Porta in Val di Scalve e che conduce dal Rifugio Albani, […] un percorso di croda affascinante e di rara bellezza in un ambiente straordinario dominato dalle verticali pareti della Presolana».
«Compì poi una numerosa serie di gite a carattere sci-alpinistico, percorrendo non solo gli itinerari classici delle Orobie ma spaziando un po' lungo tutta la cerchia delle Alpi, […] continuò a lungo l'attività alpinistica anche in età avanzata, e questo gli consentì di rimanere lucido e in perfette condizioni fisiche, psicologiche e intellettuali fino alla morte che lo colse ancora quando la sua sensibilità e la sua innata curiosità per le cose belle erano rimaste intatte».
La cerimonia del 5 novembre. La cerimonia di intitolazione del Giardino avrà luogo giovedì 5 novembre 2015 alle ore 10,00, alla presenza del Sindaco Gori e dell'Assessore ai Servizi Demografici Giacomo Angeloni. L'ingresso del giardino è su via Monte Gleno, intorno al civico 48. La cerimonia è a cura dell’Ufficio Cerimoniale del Sindaco. Inoltre, in occasione del decimo compleanno del Palamonti, seguirà all’interno della struttura, poco distante, la presentazione del libro La strada dei monti. 26 itinerari sui luoghi della Resistenza bergamasca di Roberto Cremaschi.