Gli ossimori di Trenitalia

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È inutile dirlo, i treni "frecciarossa" sono un vanto della nostra tecnologia e sono pure un omaggio turgido all'estetica contemporanea. Dalla forma filante e penetrante fino agli stessi colori e al nome comunicativo e azzeccato, è un treno che evoca al contempo velocità, confort e perfino lusso. Per la verità riguardo al lusso la mia memoria antica va al periodo d'oro di introduzione dei "pendolini": su quegli ETR era prevista una carrozza ristorante in cui addirittura, compreso nel prezzo del biglietto, ti servivano salmone affumicato di ottima qualità, ottimi vini e alla fine del pranzo il personale si premurava di fornire tovaglioli tiepidi per tergersi a dovere le mani. Altri tempi, i soldi c'erano, cioè le lire, si celebrava compiaciuti la parità lira-dollaro mentre forma e sostanza si facevano coincidere puntualmente per la soddisfazione comune.

«Poi la fine un giorno arrivò per noi...» canta Franco Battiato, e la forma non solo ha sostituito il contenuto ma ha preteso di rappresentarlo quale valore prevalente. Cosa importa se in tanto splendore da cartolina, il "frecciarossa" di oggi ha carenze intollerabili a causa dell'alto numero di bagni rotti, anche in prima classe... L'importante è che l'altoparlante informi "vox clamans" che il personale addetto ai servizi e alla pulizia è a disposizione per qualsiasi segnalazione. Anzi, si aggiunge, segnalate qualunque anomalia e noi vi ringrazieremo.

Nella realtà che ho vissuto giorni orsono le cose assumono ben altri contorni: mi faccio il giro delle carrozze di prima classe e scopro che tutte hanno il bagno fuori uso, tranne uno con ovvia fila biblica. Il solerte personale di bordo che si è limitato ad apporre gli avvisi sulle porte dei wc, tra sorrisetti e gesti con le mani per dire «che ci possiamo fare» rimanda al capotreno che tuona: non ci credo, lei mi fa perdere tempo. Il computer gli dice che è tutto a posto... Insistendo lo invito a constatare ugualmente "de visu" come stanno le cose: se ne accorge e rimprovera il povero e incolpevole addetto per avergli fatto fare una figuraccia. Siamo alle comiche.

Eppure l'elogio alla perfezione del "frecciarossa" non finisce qui: quello stesso treno, che ha accumulato già un consistente ritardo, per percorrere ancora una ventina di chilometri ci impiega cinquanta minuti. Motivo? Presto detto. Come ogni estate il sistema computerizzato capace di dialogare tra gli impianti di terra e il treno in corsa si blocca. Questo significa che il convoglio comincia a rallentare fino a fermarsi, mentre luci e soprattutto aria condizionata si spengono. Niente, non funziona un bel nulla, e si aspetta. A un certo punto, in genere non prima di una decina di minuti, una voce preregistrata avverte dal solito altoparlante che il treno è fermo "per controlli sulla linea". Un'altra prova che ormai usiamo parole italiane più o meno alla rinfusa per esprimere concetti estranei alla nostra lingua. Magari, avendo addosso un bel po' d'anni, mi aspetterei ancora quel clangore di bastoni battuti d'altri tempi per verifica di freni e binari fatti per destare il sonno più duro in voga sulle frecce non rosse, ma del sud. Invece molto probabilmente il fumoso messaggio allude al test da eseguire col computer che però appunto è andato in tilt e quindi va resettato. Un quarto d'ora buono per ogni operazione, che si ripete tante volte quanto lo spiritello chiuso dentro il software non decide di cedere agli esorcismi collettivi.

Nel frattempo, mentre l'aria si fa sempre più rarefatta e il senso di claustrofobia si fa generale, una voce suadente snocciola tutte le straordinarie offerte trenitalia. Un ossimoro di stile per cui Woody Allen andrebbe a nozze. Ma ogni storia ha i suoi antecedenti che succintamente vi racconto. Arrivo alla stazione di partenza con un certo anticipo e scopro subito che il mio treno ha quaranta minuti di ritardo (il "controllo della linea" era già in pieno svolgimento...). Decido di prendere il precedente: eh, no, cari signori, non sognatevelo neppure! Un implacabile e inflessibile capotreno mi sbarra la strada: la mia tariffa economy non lo prevede... a meno che non voglia ripagare il biglietto per intero. Chi ha quella base invece se la cava con una differenza di otto euro. Azzardo una replica: avrei preso volentieri il mio treno che sta ritardando non per colpa mia o di chiunque altro. Mi guarda gelidamente: il regolamento è questo. Non vi riferisco cosa ho pensato e detto tra me e me perché mancherei di rispetto a voi cari lettori e a questa splendido quotidiano. Invito voi a farlo al posto mio.

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