La classifica del British Film Institute

I 10 film più belli di sempre

I 10 film più belli di sempre
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Il British Film Institute, attraverso il suo magazine ufficiale Sight&Sound, si è cimentato in un’impresa a dir poco titanica: stabilire quali siano i 10 film migliori della storia del cinema. Un tentativo pieno di responsabilità e, perché no, anche un pizzico di tracotanza. Per riuscire a realizzare questa classifica, l’istituto si è rivolto ad 846 fra critici e registi provenienti da 73 Paesi del mondo, e di conseguenza da 73 culture cinematografiche differenti, così da poter ottenere una gamma di pareri variegata, approfondita, e soprattutto competente. Le 846 top ten ricevute sono state a loro volta incrociate reciprocamente, fino a ottenere la classifica finale. Che vi proponiamo.

 

10) 8 e mezzo, di Federico Fellini, 1963.

Apre la classifica una pellicola italiana, frutto del genio di Federico Fellini. La storia del regista Guido Anselmi, dei suoi travagli professionali e sentimentali, e del formidabile intrico di realtà, immaginazione e dramma esistenziale che ne condiscono la vita barocca, hanno fatto di 8 e mezzo una pietra miliare a cui moltissimi registi hanno sinceramente dichiarato di essersi ispirati per le loro opere. Ha detto lo stesso regista, rivolgendosi ad un immaginario spettatore: “Questo film tratta di te, della tua vita, dei tuoi sogni: questo film è per te”.

 

9) La passione di Giovanna d’Arco, di Carl Theodor Dreyer, 1927.

https://youtu.be/Zhz_eYbCL_s

Si tratta di un film muto (non l’unico presente in classifica, peraltro), ritenuto però “alla sua forma più sublime ed espressiva”. La trama narra delle ultime ore di vita di Giovanna d’Arco, e la sua straordinarietà sta nel descrivere la sofferenza e la paura di un individuo a pochi passi dalla morte attraverso le sole immagini ed espressioni. E con risultati eccellenti.

 

8) L’uomo con la macchina da presa, di Dziga Vertov, 1929.

Più che di un film, si tratta di un documentario, muto anch’esso, volto a riprendere scena di vita quotidiana della Mosca post rivoluzione d’ottobre. Si trattava, all’epoca, di qualcosa di assolutamente inedito e sperimentale, ma che grazie a Vertov ha iniziato ad assumere una sua scientificità, oltre alla magnifica capacità di descrivere un mondo, quello della società russa di fine anni Venti, preso da un’epoca cambiamento storico con il solo utilizzo delle immagini.

 

7) Sentieri selvaggi, di John Ford, 1956.

Secondo l’istituto, siamo di fronte al più straordinario western di tutti i tempi, genere cinematografico a cui John Ford si è assiduamente dedicato fino ad arrivare a partorire questo capolavoro. Il tema è dei più classici, la giustapposizione fra cow boys e indiani, ma la durezza, l’entusiasmo e la straordinaria interpretazione di John Wayne hanno permesso a questa pellicola di entrare di diritto nel gotha del cinema tutto.

 

6) 2001: Odissea nello spazio, di Stanley Kubrick, 1968.

Film e regista che non hanno certo bisogno di particolari presentazioni. Basti segnalare che questa pellicola ha segnato un netto cambio di intenzioni per quanto riguarda i film di fantascienza, da questo momento in poi non più semplice coagulo di effetti speciali e scenari immaginifici, ma veicolo per far riflettere lo spettatore sull’uomo, la sua esistenza e il suo posto e ruolo nell’universo.

 

5) Aurora, di Friedrich Wilhelm Murnau, 1927.

Terza e ultima presenza del cinema muto in questa classifica. I concetti espressi della piccola sono tutto sommato piuttosto comuni: il tradimento di un marito, la vita di campagna opposta a quella della metropoli; ma ciò che ha permesso ad Aurora di entrare nella storia del cinema è una scenografia che, a detta dei critici, rimane tutt’oggi impareggiabile.

 

4) La regola del gioco, di Jean Renoir, 1939.

François Truffaut l’ha definito “il film dei film, il più odiato alla sua uscita, il più apprezzato in seguito”. Satira delle classi medio-alte, è stato vietato dal governo francese incolpandolo di demoralizzare i francesi, alla vigilia della dichiarazione di guerra. Si tratta invece, giustizia fattale diversi decenni dopo, di un autoritratto di rara profondità, uno dei primi manifesti di denuncia sociale proveniente dalle sale cinematografiche.

 

3) Viaggio a Tokyo, di Yasujiro Ozu, 1953.

La trama riprende una complessa vicenda famigliare, fatta di genitori ignorati da figli troppo presi da se stessi. Oltre ad alcune tecniche di inquadratura davvero formidabili, questo film descrive il duro evolversi dei rapporti fra genitori e figli e l’invincibile peso della vecchiaia in maniera delicata e commovente, pur nella sua ruvida ineluttabilità.

 

2) Quarto potere, di Orson Welles, 1941.

“È la stampa, bellezza!”: una delle più celebri battute della storia del cinema, chiusura del capolavoro di Orson Welles, qui all’esordio peraltro, che combina straordinarie innovazioni tecniche e artistiche con una spregiudicata denuncia del capitalismo americano e una lampante dimostrazione del potere che la stampa è in grado di esercitare sulla vita di un intero Paese.

 

1) La donna che visse due volte, di Alfred Hitchcock, 1958.

Ad aggiudicarsi la palma di miglior film della storia del cinema è una pellicola del maestro Hitchcock, la storia di un detective che soffre di vertigini, magnificamente interpretato da James Stewart, assunto per tenere sott’occhio una donna, Kim Novak, vittima di strane ossessioni. Il motivo dell’onore riservato a questo film risiede nel thrilling inquietante, misterioso, generante angoscia più che suspense, un qualcosa che mai e probabilmente mai più nessuno sarà in grado di replicare.

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