Il primo lunedì senza Corbani a raccontarci l'Atalanta in tivù

Elio Corbani, storico giornalista bergamasco che da sempre racconta l’Atalanta ai tifosi e agli sportivi orobici, ha annunciato lunedì scorso, 15 giugno, che la sua avventura televisiva con TuttoAtalanta è arrivata alla fine. Avete capito bene: dopo aver lasciato le radiocronache su RadioAlta al termine della stagione 2011/2012, Corbani non sarà più presente ogni lunedì sera negli studi di BergamoTv per commentare le partite. Nei giorni in cui volge al termine anche l’avventura di Mino Favini al timone del settore giovanile atalantino, la notizia dell’addio di Corbani (83 anni compiuti lo scorso marzo) rappresenta indubbiamente la fine di un’epoca. Per tutti i tifosi bergamaschi, giovani e meno giovani, Corbani è la voce e la memoria storica dell'Atalanta, una leggenda vivente. Per tutti i colleghi è un simbolo, un esempio di cosa significhi raccontare per la bellezza di 65 anni una passione alla sua gente.
Corbani racconta Corbani. Il "signor Elio" ha rappresentato, rappresenta e rappresenterà una pagina indelebile della storia atalantina. Eppure tutto cominciò dal ciclismo. Come ricorda lui stesso. «Era più o meno il 1950 quando iniziai a scrivere sulle colonne de L’Eco di Bergamo. Ero giudice di gara di ciclismo e una domenica Claudio Bianchi mi chiese se potevo scrivere l’articolo al suo posto. Lo mandai al giornale e mi disse di prepararlo anche per la domenica successiva. Quando arrivai a L’Eco consegnai il pezzo al capo servizio, che si chiamava Filippini Fantoni, il quale subito volle coinvolgermi nella collaborazione. A quell'epoca Il Giornale di Bergamo, l'altro giornale cittadino, proponeva le interviste, mentre L’Eco di Bergamo non le faceva: domandai al caposervizio se avrei potuto farle io. Detto, fatto. E l'avventura ebbe inizio».
Elio Corbani ha una limitazione fisica dovuta a una malattia contratta da piccolo. Questo non gli ha impedito di amare profondamente lo sport. «Ho sempre vissuto vicino al mondo sportivo. Sono stato accompagnatore dei ragazzi dell’Atalanta e ho anche collaborato con l’Alpe, che era una squadra calcistica dell’epoca. Non potendo io praticare sport, ho cercato di raccontarlo. Ogni giorno e fino a pochi anni fa ho scritto un articolo sull'Atalanta».
65 anni con L’Eco, 35 di RadioAlta. I numeri di Corbani sono impressionanti. Calcolare i pezzi che ha scritto sulle gesta dei nerazzurri è quasi impossibile, ma in 65 anni di carriera, si possono stimare in oltre 20.000 gli articoli sulle colonne de L’Eco e in più di 1000 le radiocronache delle partite dagli stadi più importanti, in Italia e in Europa, ma anche dagli impianti più piccoli della serie C, come Rho e Sant’Angelo Lodigiano. «Non sempre è stato facile», ricorda. «Una delle prime radiocronache fu, nel 1977. quella dello spareggio di Genova contro il Cagliari per la promozione in serie A: la facemmo da un terrazzo. Proprio così: vidi la partita da un balcone vicino allo stadio, lì c’era il telefono e riuscii a organizzare il racconto. Nei primi anni era dura trovare negli stadi la possibilità di collegare il telefono e quindi ci si arrangiava. Noi radiocronisti ci organizzavamo, ci scambiavamo favori. Noi a Bergamo potevamo contare sull’Atalanta, mentre a Roma gli amici della capitale sfruttavano quelli con la società giallorossa per avere postazioni che ci rendessero possibile fare il nostro lavoro». Negli ultimi anni, Corbani, in una rubrica, ha ricordato su L’Eco una partita del passato. «Per rinfrescare i ricordi mi faccio dare le copie di quanto scrissi allora e ogni volta mi colpisce constatare quanto fossero lunghi gli articoli: con ogni pezzo, oggi, si riempirebbero almeno tre pagine di giornale. La cronaca della partita era un racconto dettagliato di quanto era avvenuto in campo perché non c’erano le televisioni».
Corbani, qual è stata la partita più bella che ha visto?
«La finale di Coppa Italia giocata a San Siro contro il Torino, decisa dalla tripletta di Domenghini. Era il 2 giugno 1963, ma in quei giorni Bergamo e il mondo intero vivevano il dramma dell'agonia di Giovanni XXIII che si sarebbe spento il giorno dopo. Non c’era ancora radio, scrissi della bellissima vittoria ma mantenendo toni misurati perché ciò che stava accadendo era molto più importante».
Chi è il giocatore atalantino più forte che ha visto giocare e quello che l'ha fatta più arrabbiare?
«Il migliore è stato Humberto Maschio, senza dubbio. Tecnica sopraffina, tatticamente molto bravo era dotato di una buona dose di cattiveria calcistica. Nel 2007 è stato uno dei pochi o forse l’unico straniero di quegli anni (parliamo di metà anni ’50) ad arrivare in Italia per i festeggiamenti del Centenario dell'Atalanta. Che invece mi hanno fatto arrabbiare ce ne sono tanti: non ho mandato proprio giù la vicenda di Cristiano Doni, perché oltre ai suoi numeri ci sono risvolti che proprio non mi sono piaciuti».
Che rapporto ha avuto con i calciatori?
«Mi sono sempre limitato al livello professionale sia con i giocatori che con gli allenatori. Io e Titta Rota, ad esempio, eravamo compagni di scuola, ma ho sempre cercato di rapportarmi a lui da giornalista ad allenatore. Era una persona squisita, un vero spasso e mi dispiace che oggi non stia bene».
Atalanta–Malines del 20 aprile 1988. Cosa ne pensa, Corbani, di quella partita?
«Parliamo di una serata unica, veramente incredibile. E quello che la rende ancora più incredibile è che abbiamo perso la partita e pure l’accesso alla finale per “colpa” della sportività di Glenn Stromberg. Già, proprio per quello. Durante la gara il giocatore svedese subì un fallo che era nettamente da rigore, lui non accentuò e nemmeno fece alcun gesto per indurre l’arbitro ad assegnare il tiro dagli undici metri. Stromberg era fatto così, la sua sportività e la sua indole di uomo corretto le ho viste solo una volta in tutta la carriera portarlo a una reazione fuori misura».
La ricordiamo tutti...
«Era il 24 gennaio 1990, l’Atalanta era in vantaggio per 1-0 sul Milan. Stromberg mise fuori un pallone per permettere i soccorsi a Borgonovo. Rijkard passò la rimessa a Massaro che lanciò a casaccio a centro area: Borgonovo si scontrò con un difensore, rigore per il Milan. Baresi insaccò il rigore. Stromberg, da signore qual era, si imbufalì perché il torto era troppo grande da sopportare. Tutti ce l’avevano con Sacchi, nel sottopassaggio successe di tutto e addirittura tra Franco Previtali e l’allenatore rossonero si arrivò alle mani. Qualcosa di incredibile».
Uno dei momenti indimenticabili che collegano Corbani a un gol della Dea risale al 19 novembre 2006, stadio Bentegodi di Verona. Simone Loria, con la Dea sotto per 2-1, si inventa un gol da antologia e il commento del grande giornalista è rimasto nella storia.
Cosa ricorda di quel giorno, Corbani?
«Fu un gol assurdo, incredibile, folle. Oggi si vedono rovesciate di questo tipo da gente come Pinilla e Denis, quel giorno Loria fece una rete pazzesca e il commento che avete sentito è quanto di più vero io potessi trasmettere in quel momento. Oggi, non sarei più capace di fare un urlo simile: sono cose che ti nascono dentro al momento, e che restano qualcosa di unico. Ricordo che Stromberg, con me in tribuna a vedere la partita, restò colpito dal mio modo di esultare: presto però capì che era tutto spontaneo e veramente genuino».
L'ultima puntata. Lunedì 15 giugno, durante la trasmissione TuttoAtalanta, a cui aveva dato vita, Corbani ha annunciato il suo ritiro dagli schermi di BergamoTv. È stato un momento storico, eppure il giornalista 83enne non ha tradito la minima emozione. Come ha fatto? «Beh - risponde - la verità è che mi ero preparato prima. Dovevo già fare l’annuncio la settimana precedente, poi è stata annunciata la presenza in studio del presidente Percassi e non potevo mancare. Sono contento di quello che ho fatto e di aver deciso io di smettere».