Il primo soldato americano con tanto di barba e turbante

Quando si è arruolato nell’esercito americano, Simratpal Singh, un sikh, sapeva che avrebbe dovuto radersi barba e capelli, e sapeva che non avrebbe potuto portare il turbante, anche se i sikh non si tagliano mai barba e capelli, e anche se il turbante è uno dei simboli della loro fede. Per entrare nell’Accademia militare di West Point, tuttavia, Sinhg non avrebbe potuto fare altrimenti. Fino ad oggi, quindi, Singh ha vissuto una specie di doppia vita, quella del soldato ligio al dovere e alla disciplina, e quella dell’uomo religioso.
Una richiesta all’esercito. Il capitano Singh ha continuato a seguire i dettami della sua fede: andava al tempio ogni domenica e si è mantenuto vegetariano, persino durante le missioni all’estero. Il soldato, infatti, ha servito gli Stati Uniti in Afghanistan, dove è stato posto a capo di una squadra di ingegneri militari che avevano il compito di rintracciare e fare brillare le bombe nascoste sui cigli delle strade. Al suo ritorno, è stato decorato con la Stella di Bronzo, che è assegnata a chi si è distinto per atti di eroismo, per merito o per servizio meritevole in zone di combattimento. «Un vero Sikh deve emergere, per potere difendere quelli che non possono difendere se stessi. Per questo sono entrato nell’esercito», ha affermato il capitano. Eppure Singh sentiva la necessità di professare appieno la sua fede. Così, questo autunno, durante una licenza precedente l’assegnamento a una nuova missione, ha smesso di radersi e ha inviato una richiesta all’esercito, avvalendosi dell’aiuto della Sikh Coalition, un gruppo legale. L’uomo chiedeva il permesso di lasciarsi crescere barba e capelli e di esibire il turbante, come prescritto dalla sua religione.
Permesso accordato (per ora). Singh, che oggi ha 27 anni, ha ricevuto il consenso richiesto. Ha accolto con grande sollievo la comunicazione; finora, infatti, si è sempre rasato senza neppure guardarsi nello specchio, perché gli sembrava di perdere, ogni volta, parte della sua identità. La concessione fatta a Singh è però temporanea e, tra un mese, l’esercito deciderà se revocarla, oppure renderla permanente. Nel caso gli venisse ordinato di radersi di nuovo, il capitano Sikh deciderà se obbedire agli ordini, oppure lasciare l’esercito, anche se ha già dichiarato che, se il permesso non diventerà permanente, è intenzionato a intentare una causa giudiziaria.
Un caso che potrebbe fare storia. Il caso che ha coinvolto Simratpal riveste un interesse che va oltre la sua vicenda individuale. Sebbene sia vero che, negli ultimi anni, l’esercito americano ha assunto un atteggiamento più “liberale”, aprendosi agli omosessuali e permettendo alle donne di combattere, è altrettanto vero che si tratta della prima volta che i ranghi militari hanno fatto una concessione simile a un soldato. Solo a due musulmani, tre sikh e un ebreo, è stata data la possibilità di portare la barba lunga, ma erano cappellani o medici militari. Nessuno di loro aveva incarichi sul campo. C’è già chi dice che l’accaduto potrebbe aprire una porta e permettere ai musulmani e agli osservanti di altre fedi di esibire liberamente i segni delle loro religioni. Eric Baxter, un membro del Becket Fund, un gruppo legale no-profit specializzato in materia di libertà religiosa, non ha dubbi: «Questo è un caso che pone un precedente. Una barba è una barba. Se permetti a una persona di lasciarla crescere, dovrai fare lo stesso per tutte le religioni». L’esercito, da parte sua, ribatte affermando che eventuali richieste di permessi religiosi saranno studiate come casi a sé stanti e si valuteranno le possibili conseguenze sull’efficacia del soldato e dell’unità a cui appartiene.
I sikh, soldati per tradizione. La comunità sikh, che ha seguito con particolare interesse questa vicenda, ha dichiarato che sarebbe molto importante, se l’esercito togliesse l’obbligo di radersi, soprattutto perché i sikh hanno una lunga tradizione nel servizio militare. Il loro movimento, infatti, è nato nell’India nord-occidentale, come una religione finalizzata a proteggere gli innocenti e a resistere ai tiranni, durante i periodi di oppressione e di conflitto causati dalle invasioni dei mongoli e degli afgani. I sikh, inoltre, hanno combattuto, con la barba lunga, nella seconda guerra mondiale e in Vietnam, al fianco degli americani. Militare nell’esercito e, nel contempo, avere la barba lunga e il turbante sulla testa, è un modo per distinguersi come combattenti sikh.
Qualcosa potrebbe cambiare. Negli ultimi anni, tuttavia, quasi tutte le domande avanzate per farsi crescere la barba sono state respinte. Nel 2014, ad esempio, uno studente sikh che ha cercato di entrare nelle riserve dell’esercito agli ordini del generale James C. McConville, si è sentito rispondere che le barbe sotto le maschere anti-gas sono un rischio per il sicurezza. Il generale ha poi aggiunto che qualsiasi eccezione alla regola potrebbe erodere lo spirito dei corpi militari e danneggiare la stima e la credibilità di cui gode l’intero esercito. Nonostante ciò, durante le guerre in Iraq e in Afghanistan, i soldati delle Operazioni Speciali non hanno badato molto a tagliare capelli e barba. Anzi, portare la barba lunga era persino diventato un segno di pregio. Inoltre, la scorsa estate, un giudice distrettuale ha rifiutato l’argomento della sicurezza personale, ricordando che più di 100 mila truppe hanno potuto farsi crescere la barba per ragioni mediche, come l’acne e la pelle sensibile, e ha perciò dichiarato illegale la decisione dell’esercito. La sentenza del giudice, però, si applica soltanto alle reclute che vogliono entrare tra le riserve, non ai soldati in pieno servizio. La questione, dunque, è ancora aperta e, probabilmente, ci vorrà molto tempo prima che venga risolta.