Quelli che si son ritirati da vincitori Le leggende prima della Pennetta
Vincere, e poi ritirarsi. Sogno di molti e privilegio di pochi, quello che Flavia Pennetta ha realizzato dopo la vittoria degli US Open, uno dei quattro tornei del Grande Slam. All’apice della propria carriera sportiva la tennista italiana ha ufficialmente annunciato il ritiro; un gesto eclatante ma non esclusivo, perché nella storia dello sport ci sono già stati molti casi simili. Ecco a voi i dieci abbandoni (Pennetta inclusa) che hanno lasciato tifosi e appassionati a bocca aperta per lo stupore.
Mark Spitz
Sette medaglie d’oro olimpiche, accompagnate da sette record mondiali. Per anni il primato di Mark Spitz è sembrato leggenda, fino all’arrivo di un tale Michael Phelps che a Pechino di medaglie d’oro ne ha vinte otto. A Spitz però è sembrato che il primato ottenuto a Monaco di Baviera nel ’72, a soli 22 anni, potesse bastare, ed ha deciso di rinunciare al nuoto per godere della popolarità e del successo appena guadagnati. Ha abbandonato gli studi e ha vissuto principalmente dei suoi diritti d’immagine. Chissà che, se avesse saputo che gli avrebbero soffiato il record, non si sarebbe impegnato per fare ancora meglio…
Rocky Marciano
49 incontri vinti, di cui 43 per KO, zero sconfitte. Rocco Marchegiano, il nome americanizzato perché suonava meglio nella sua nuova patria, è un talento tutto italiano. Figlio di emigranti, a 16 anni comincia a lavorare in cantiere, dove sviluppa un fisico notevole. Nonostante questo non ha il corpo del pugile, troppo basso, solo 170 centimetri. Dopo una rissa in un pub, ovviamente finita male per il suo avversario, l’idea di iscriversi a un torneo di boxe. L’età non è delle migliori per cominciare una carriera, 24 anni. Il risultato andò oltre le migliori aspettative. I primi 17 incontri vinti per KO, una breve pausa per un problema alla schiena, e via con un’altra serie ininterrotta di vittorie. Si ritira imbattuto, è considerato tutt’ora uno dei più grandi pugili di tutti i tempi.
Nadia Comaneci
10. La ginnasta romena è stata la prima ad ottenere il punteggio massimo nella sua specialità, le parallele asimmetriche. Erano le olimpiadi di Montreal del ’76, Nadia aveva solo 14 anni. Raggiunse la perfezione per ben sei volte, vincendo tre ori, un argento e un bronzo. Confermò il suo talento ai successivi giochi a cinque cerchi, a Mosca nel 1980. Nel 1984 però, all’età di 23 anni, decise di ritirarsi, e si dedicò all’allenamento dei giovani ginnasti romeni. In patria è divenuta una celebrità, insignita di numerose onoreficenze.
Björn Borg
Borg è la leggenda vivente del tennis. Si affeziona alla racchetta vincendo un torneo da tennistavolo, e da quel momento non la molla più. Il ’77 è l’anno della sua consacrazione, vince 11 tornei, tra i quali Wimbledon. Nel ’78 è il primo a vincere nello stesso anno Wimbledon e Roland Garros (lo eguaglieranno solo Federer e Nadal). Dopo due anni di sfide memorabili con John McEnroe, perde drasticamente la sua quarta finale degli US Open (torneo che non è mai riuscito a conquistare). È il 1981 e Borg capisce che non sarà mai più il numero 1 del tennis. Di fatto la sua carriera termina con quel match, a soli 26 anni, quando lascia il campo ancora prima della premiazione.
Michael Jordan
Non solo vittorie e titoli, se Jordan è entrato nella storia del basket è soprattutto grazie al gioco spettacolare che lo ha sempre reso uno dei giocatori più acclamati in tutto il mondo. Inizia la carriera nei campionati universitari, ma i primi successi NBA arrivano coi Chicago Bulls, con cui vince per tre volte il titolo dal ’91 al ’93. Tra i primati personali vanta 5 MVP Award, e detiene il record di punti per partita sia in regular season che nei play-off. Nel 1993 il padre di Michael viene assassinato durante una rapina e il 6 ottobre, in una conferenza stampa affollatissima, il campione comunica il suo ritiro dalla scena. Un anno dopo i Bulls in una cerimonia ufficiale ritirano anche la sua maglia, col celebre numero 23.
Michel Platini
Ora lo vediamo seduto nelle comode poltrone della dirigenza UEFA, e la sua superbia tipicamente francese ci fa storcere un po’ il naso. Ma gli juventini di vecchia data di certo non si sono scordati le imprese di “roi Michel”. L’avvocato Agnelli lo vuole personalmente nelle file dei bianconeri, e lui ripaga la stima trascinando la squadra alla vittoria di Scudetto, Coppa delle Coppe, Supercoppa Europea, e Champions League. È l’unico centrocampista a vincere tre volte di fila il titolo di capocannoniere della Serie A. Nel 1985 riceve il terzo pallone d’oro consecutivo, e solo due anni dopo decide di ritirarsi, all’età di 32 anni.
“Bobby” Fischer
Ok, forse gli scacchi non sono ufficialmente riconosciuti come sport olimpico, ma la parabola di Robert James Fischer merita senz’altro di essere menzionata. Personaggio eclettico e imprevedibile, alcuni ritengono fosse affetto dalla sindrome di Asperger (che presenta sintomi vicini all’autismo). Da sempre in lotta con le autorità, spesso non riesce neanche a partecipare ai campionati mondiali di scacchi. La partita più significativa della sua carriera la gioca nel ’72 a Reykjavik, nella finale mondiale contro il russo Spasskij. In tempi di guerra fredda, il mondo puntava i riflettori su un evento sportivo di secondo livello, e lo stesso presidente Kissinger intervenne per far disputare il match. Fischer ebbe la meglio, e diventò il giocatore di scacchi col punteggio più alto di sempre. Da quel momento si rifiutò sempre di difendere il titolo.
Florence Griffith– Joyner
“Flo-Jo” come veniva soprannominata, nasce in California da famiglia di umili origini. Le sue capacità atletiche vengono notate da un allenatore, che la fa iscrivere al College, dove si allena e conquista i primi successi. Nelle olimpiadi di casa, a Los Angeles, vince la medaglia d’argento nei 200 metri piani, ma è nell’88 a Seul che raggiunge il vertice della carriera: tre ori e un argento, nella staffetta ricordata come la gara più veloce di sempre. L’anno successivo decide di ritirarsi dallo sport, per entrare nel mondo della moda e della pubblicità.
Floyd Mayweather
L’hanno soprannominato “pretty boy Floyd” perché da giovane quando saliva sul ring usciva senza nemmeno un graffio. È cresciuto a pane e boxe, allenato per anni dal padre e poi dallo zio, da cui ha preso le tecniche migliori senza lasciarsi contagiare dai loro difetti (entrambi sono stati in prigione). Floyd Mayweather non ha lasciato il ring da giovane, ma di certo l’ha fatto nel momento più alto della sua carriera: nell’incontro del 12 settembre 2015 contro l’americano Berto raggiunge il record di Rocky Marciano di 49 vittorie e zero sconfitte e saluta così il mondo che l’ha reso lo sportivo più pagato del 2014.