La storia della lingerie, dall'inizio

Al prosaico biancheria o al più sportivo underwear, quando si tratta di intimo femminile si preferisce parlare di lingerie, perché il francese è lingua capace di evocare tutto l’erotismo e il potere seduttivo di questo capo d’abbigliamento dalla storia non solo antica, ma anche travagliata.
Nell’antichità. Cacciati dal giardino dell’Eden, Adamo ed Eva si tolsero dall’impaccio di coprire le proprie nudità con ampie e poco pratiche foglie di fico, ma dovette trascorrere molto tempo prima che gli antenati delle mutande facessero capolino nel vestiario femminile. Mentre prima valeva la consuetudine del “sotto il vestito niente”, fu tra le donne dell’aristocrazia dell’antico Egitto che si diffuse la pratica di indossare prima della tunica una sorta di sottoveste.
A Roma, invece, se i senatori non amavano ancora costringersi ad alcun vincolo sotto le tonache ariose, le matrone erano tenute a comprimere seni troppo prosperosi dentro fasce di cuoio (il mamillare) o corsetti di pelle che andavano dall’inguine fino alla base del petto. Le origini di questo accessorio risalirebbero addirittura al mito, secondo cui il cestus sarebbe stato prodotto dalla mente divina di Venere, la dea dell’amore, che l’avrebbe poi suggerito all’orecchio dell’amica Giunone, ancora oggi nota per la sua florida corporatura. A quei tempi, come dimostrano alcune testimonianze artistiche rinvenute sulle pareti di terme e ginnasi, oltre che il petto, l’uso di fasciarsi le parti basse prese piede nell’ambito delle palestre, dal momento che l’attività sportiva richiedeva di limitare fastidiosi sobbalzi: il supparum e il subligaculum erano pezzi di lino passati tra le cosce e fasciati intorno alla vita anche dalle donne.




Il Medioevo e la giarrettiera di Edoardo III. Non essendone rimasta traccia, quelli del Medioevo potrebbero essere stati secoli bui anche per le mutande. Eppure, resta curioso il caso di un altro capo di intimo: la giarrettiera. Nel 1374, infatti, Edoardo III d’Inghilterra fondò stranamente un nobilissimo ordine intitolato proprio al laccetto che stringeva le calze sulle cosce tanto degli uomini che delle donne. Secondo fonti non accreditate, il più antico ed eccezionalmente esclusivo ordine cavalleresco del Regno Unito prenderebbe il nome da un episodio che vede protagonista lo stesso sovrano: al solo fine di aiutare a indossarla di nuovo, Edoardo raccolse la giarrettiera della contessa Giovanna di Kent, per accidente scivolatale dalla gamba nel corso di un ballo. «Vituperato sia chi ne pensa male», gridò poi per mettere a tacere bisbigli e gridolini che si erano sollevati nella sala. Comunque sia andata, la giarrettiera sormonta il famoso stemma dell’ordine e queste parole costituiscono il motto inciso sul blasone.
La nascita delle mutande. Ci dovette pensare Caterina de’ Medici a inventare il primo esemplare di mutandone che, stretto e attillato, serviva a coprire le pudenda durante le passeggiate a cavallo. Dal termine mutande, mutuato dal latino (cioè “che si deve cambiare”), si passò a quello di brachesse. Tuttavia, da sobrio indumento sportivo, queste presero a essere confezionate con tessuti brillanti, provocanti laccetti e pietre preziose, sicché la Chiesa e il pubblico decoro le misero entrambi al bando, fino a farle scomparire. Ad inizio Settecento, infatti, pare che tra le fila delle nobildonne solo tre su cento si azzardassero a farne uso.
Dal seicento all’ottocento, tra busti e crinoline. Il Seicento, invece, fu il secolo che diede alla luce il corsetto: indossato sopra le camicie, stringeva i corpi delle signore da sotto il seno fino al ventre. Con gancetti e stecche di balena, questo busto affusolava la sagoma femminile al punto tale che, due secoli dopo, un uomo avrebbe potuto brandirne il giro di vita con un solo pugno e, addirittura, non mancarono tristi casi di decesso per soffocamento.




Tornando ai mutandoni, questi ripresero ad essere indossati con l’avvento della crinolina. Anch’esso capo di intimo, si tratta di quella struttura circolare e rigida (appunto perché in origine fatte di crine) che nell’ottocento gonfiava le gonne a dismisura, accentuando così la sottigliezza della vita di chi le indossava. Mamma della crinolina era stato il guardinfante, così chiamato perché pensato nei due secoli precedenti per difendere dagli urti l’addome delle donne incinte. Figlia della crinolina, invece, la tournure che, come la crinolina, siamo abituati a vedere in dipinti d’epoca o in pellicole in costume: questa la sottogonna rotondeggiante, capace di far gonfiare il fondoschiena delle signore al pari di un pallone.
Le novità del primo Novecento. È così che si arriva finalmente al secolo scorso, quando l’affermazione sociale e politica della donna corse parallelamente anche alla sua emancipazione, tanto dai mutandoni che da busti e stecche di balena. Il rinnovamento della lingerie in senso moderno parte con l’introduzione del reggiseno, che venne brevettato nel 1914 da una signora newyorchese: in situazione di emergenza, Caresse Crosby creò un prototipo di reggiseno, assemblando alla meno peggio fazzoletti e pezzi di nastro con una cordicella. Ma non mancarono altre novità, perché negli anni trenta fu, prima, la volta dell’ampia diffusione della sottoveste che, in tessuti leggeri e sem-trasparenti, si allontanava di gran lunga per comodità sia dalle gabbie della crinolina che dai fatali corsetti.




Poi, fu il turno degli slip, dal momento che i mutandoni si fecero sempre e sempre più corti ed essenziali. Con la nascita del nylon, infine, le calze divennero un capo irrinunciabile per tutte le donne, da cui la ripresa anche dell’uso delle giarrettiere che servivano per fissarle alle cosce. Le calze, in particolare, si diffusero al punto che, con lo scoppio della seconda guerra mondiale e l’impoverimento che ne conseguì, quando queste iniziarono a scarseggiare, pur di dare l’impressione di starle indossando, alcune donne si disegnarono sul retro delle gambe la linea scura che allora le caratterizzava.
Dopo lo stop decretato dall’avvento della guerra, l’intimo femminile non solo tornò in auge, ma, grazie all’abbassamento dei prezzi, fu oggetto di una vera e propria mercificazione massificata. Bustini e guepierre tornarono alla ribalta per mettere in mostra vite sottili e seni prosperosi secondo la moda delle pin up. Ma è negli anni Sessanta che la lingerie conosce il suo decennio d’oro grazie all’endorsment delle dive del cinema, come Marylin Monroe e Sophia Loren, che lo resero vero e proprio fenomeno di costume.


Brand: Gossard Year: Decade: 1990s Origin: UK Featuring: Eva Herzigova Keywords: wonderbra womens underwear bras models supermodels


Dal sessantotto al wonderbra. Col Sessantotto una nuova svolta. La rivoluzione culturale investì il mondo, la figura della donna e, con essa, quella del suo intimo. Si gridò al rifiuto del femminile come oggetto erotico e, in nome della libertà e del comfort, di nuovo guepierre e busti scomparirono dagli armadi, per essere soppiantati, nella migliore delle ipotesi, da pratici reggiseni elasticizzati e collant.
Secondo la circolarità tipica della moda, fu nel decennio seguente che la lingerie conobbe un nuovo periodo di gloria che, ancora oggi, non ha registrato battute d’arresto. Senza dilungarsi troppo sugli anni Ottanta e sul ritorno ad un intimo ostentato e provocatorio con ormai poco di scandalizzante (come dimenticarsi di Madonna e delle sue celebri esibizioni sul palcoscenico con corpetti dagli esasperati seni appuntiti?), basti dire che questa fu l’anticamera del periodo che celebrò forse l’ormai intramontabile reggiseno, in specie il worderbra. Il push up, capace di rendere formose le più androgine delle donne. Nella pubblicità del 1994, eletta cinque anni dopo come quella “più efficace di sempre” (forse anche perché capace di causare veri e proprio incidenti stradali), fu Eva Herzigova l’indossatrice che promosse del reggiseno dalla lunga fortuna. Oggi conosce varianti in gel, olio, aria, capaci addirittura di perdere il proprio volume una volta allontanati dal calore del corpo, così da confondere solo i più ingenui seduttori.