Le sue misurate parole

La madre di Giulio Regeni

La madre di Giulio Regeni
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È la donna che ha conquistato l’Italia con la dignità del suo dolore. Paola Deffendi Regeni, 57 anni, madre di Giulio, il ricercatore ucciso in circostanze misteriose, ma comunque crudeli, in Egitto, a fine gennaio. Lei ha 57 anni ed è un'insegnante in pensione. È sposata con Claudio, 63 anni, rappresentante di commercio. È mamma, oltre che di Giulio, anche di Irene, di qualche anno più piccola. Paola è donna di poche parole, e sempre molto calibrate. Prima della conferenza stampa che l’ha fatta conoscere agli italiani, aveva rilasciato una sola intervista. Misuratissima e senza cedimenti alla commozione.

In quell’occasione aveva raccontato di suo figlio: «Giulio era un giovane uomo, un viaggiatore. Era un cittadino del mondo. Come dicevano i suoi amici, era piacevole, affascinante, sofisticato e di grande talento. Era serio, concentrato sul suo lavoro. Ma sapeva essere allegro, caloroso, aperto. In quello che faceva era spinto da una forte passione. Credeva di poter migliorare la vita delle persone». E poi aveva ricordato gli inizi di quella vita pubblica, sempre all’insegna di ideali di giustizia e di verità: «Fin da piccolo aveva mostrato una passione per la storia e le scienze sociali. A Fiumicello, era stato prima assessore allo sport e tempo libero e poi sindaco del Governo dei Giovani. A 28 anni voleva completare il suo dottorato di ricerca, trovare un lavoro che gli desse soddisfazione umana e intellettuale, vivere una vita la più completa possibile. Anche dal punto di vista affettivo».

Regeni: Egitto crea pool procure, 'vogliamo la verità'
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Regeni mother 'saw world's evil on Giulio's face'
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Regeni mother 'saw world's evil on Giulio's face'
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++ Regeni: madre, su viso Giulio ho visto il male del mondo ++
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Paola ha sempre mantenuto un dignitoso riserbo, confidando che una verità sulla fine di suo figlio sarebbe emersa. Ma due giorni fa ha deciso di rompere gli indugi e si è presentata davanti alle telecamere, con a fianco il senatore che l’ha sostenuta in questo passaggio per lei certamente faticoso, Luigi Manconi. Lo ha fatto per raccontare ancora di quel suo figlio della sua bellezza, dei suoi ideali, del suo slancio di conoscere il mondo, di capirlo, di cambiarlo. E lo ha fatto per ribadire che  suo figlio non era morto accidentalmente. Era stato ucciso scientificamente. E per farsi capire ha raccontato quello che è stato certamente il momento più duro della sua vita: quando insieme al marito ha visto quel che restava di suo figlio. «L’ho riconosciuto dalla punta del suo naso», ha detto con un’immagine che ha colpito tutti. Perché anziché evidenziare le tumefazioni e i segni di violenza, ha voluto rimarcare quell’unico, piccolo punto del corpo rimasto illeso.

 

 

In questo sguardo si coglie tutto l’istinto, l’amore e l’intelligenza di una madre. Aveva tra le mani le foto del cadavere del figlio. Avrebbe potuto mostrarle e con quelle foto sfondare su tutti i media del mondo. L’istinto di madre l’ha indotta a tenere quelle foto girate. Come in un estremo gesto d’amore verso quel figlio. E invece di farle vedere ha trovato parole che sono più forti e profonde di qualsiasi fotografia: «Non avete idea del male che c’era su quel viso, che gli avevano fatto, ho visto il male del mondo».

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