I numeri di un successo pazzesco

La Vespa compie 70 anni

La Vespa compie 70 anni
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La Vespa compie 70 anni. Basterebbe finirla qui, per dire tutta la grandezza di un’icona che ha attraversato intatta – anzi, sempre più fulgida – quasi un secolo di storia d’Italia. Nacque, appunto, nel primissimo Dopoguerra, brevettata il 23 aprile 1946, e destinata, con gli anni del boom economico, a diventare un simbolo intramontabile, celebrata da film e canzoni, e un prodotto dall’inconfutabile successo, conosciuto da tutte le classi sociali e da ogni essere umano al mondo.

Il creatore e il nome. A disegnarla fu Corradino D’Ascanio, progettista di un sacco di altre cose (dagli elicotteri ai forni elettrici), per il quale, tra le sue, la Vespa era forse la creatura meno amata. Ma fu quella che gli consegnò l’eternità. Sull’idea di una «moto per tutti», facile da portare e che non sporchi il guidatore, il concept firmato da D’Ascanio era uno scooter con la trasmissione senza catene, il cambio al manubrio e la carrozzeria proteggeva il guidatore. Agile e confortevole, consentiva a tutti – anche «ai preti e alle signore», specificò il progettista - di accomodarsi facilmente sul sellino senza sporcarsi, dato che il motore rimaneva «lontano e coperto».

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Ci siamo dimenticati di dire che D’Ascanio lavorò, a quel progetto, per la Piaggio, fabbrica di arredi per navi fondata da Rinaldo Piaggio nel 1884, in piena rivoluzione industriale, a Sestri Ponente. Poi la produzione, ampliata a Sestri Levante, Pontedera, Biella, si era allargata anche alla costruzione di carrozze ferroviarie e locomotori. Finché un giorno, tra le macerie degli stabilimenti rimaste dopo la guerra, uno dei due figli del fondatore, Enrico “Riri” Piaggio ebbe l’intuizione e chiese all’ingegner D’Ascanio di inventarsi questo veicolo a due ruote.

Sul perché la chiamarono Vespa si sprecano le ipotesi. C’è chi diceva – ipotesi da scartare - che fosse l’acronimo di Veicoli Economici Società Per Azioni (dato che la Piaggio fu una delle prime società per azioni in Italia). Altri sostengono che Riri Piaggio, vedendola, avesse esclamato: «Sembra una Vespa!», sia per la forma sia per il rumore che faceva quand’era in funzione. Qualcuno corregge l’osservazione del patron di Piaggio in un più delicato: «Come farà a reggere due persone con quel vitino da vespa?». Sta di fatto che la battezzarono così, con un nome che oggi anche i migliori analisti di marketing approverebbero: breve, incisivo, inconfondibile, facile da pronunciare sempre uguale in tutte le lingue del mondo. Perché nel mondo ci andò.

 

L'indimenticabile suono delle prime Vespa.

 

 

I numeri di un successo esagerato. Cilindrata di 98 cm cubi, motore a due tempi, tre marce, il gioiellino di D’Ascanio poteva essere acquistato per una cifra attorno alle 68mila lire. Costo non proprio irrisorio, per i tempi, cioè più o meno uno stipendio e mezzo, ma avvicinato alla portata di tutti con la sagace vendita a rate. I primi 48 esemplari su 50 andarono a ruba in pochi giorni. Piaggio avviò allora subito un secondo stock da 2500 pezzi e, in pochi mesi, il successo. Nel 1953 la vendita toccò i 500mila esemplari, nel 1956 si arrivò al milione. Numeri esorbitanti, per un’epoca in cui non esisteva il globalizzato e fluido mercato dei prodotti di oggi. Per rispondere alla crescente richiesta, furono aperti addirittura stabilimenti in 13 differenti Paesi.

Da quell’aprile di settant’anni fa ad oggi, nel mondo, sulle strade, di Vespa ne sono sfrecciate 80 milioni. 140 sono stati i modelli avvicendatisi nelle creazioni di casa Piaggio, tutti in mostra a Pontendera in questi giorni, fino al 25 aprile, e a cui si aggiunge la special edition per i 70 anni. E 223, solo in Italia, i Vespa Club attivi.

 

 

Un'icona, tra vip e cinema. Amatissima dal grande pubblico, tutti i vip di allora – e di tutto il mondo – fecero a gara per salirci sopra. Si ricordino, tra gli altri, Simone Signoret, Anthony Quinn, Kirk Douglas, Domenico Modugno, Sordi e Fabrizi. In ogni film degli anni Cinquanta, i registi Usa pretendono di avere una Vespa da immortalare. Pensiamo ovviamente a Vacanze romane  del ’53, nell’indimenticabile scena con Gregory Peck e Audrey Hepburn. Mentre qualche anno più tardi, dopo l’arrivo del cinquantino che tutti possono guidare senza patente e tarda, Gianni Morandi urla «Shake» negli spot tv e i ragazzi lo seguono.

Un’icona che, in effetti, si adatta ai tempi restando sempre se stessa. Scrive Il Fatto: «Ancora un’altra ondata di cambiamento dei costumi col ’68 e arriva il lancio che trasforma lo scooter di D’Ascanio e Piaggio in prodotto cool del momento: “Chi ‘Vespa’ mangia le mele”. Un sostantivo che si fa verbo malandrino, allusione sessuale al peccato originale, ma anche inno garbato all’anticonformismo e all’indipendenza. La Vespa è così. Qualche accorgimento nella linea esteriore, due tre tocchi di vernice e dove la metti sta».

 

 

La usa pure James Bond, compare in American Graffiti di George Lucas, in Quadrophenia di Frank Roddam. C’è in Ragazzo di campagna con Pozzetto, in Caro diario di Nanni Moretti. E, in tempi più recenti, ne Il talento di Mr. Ripley con Matt Damon. E Steven Spielberg ha addirittura dichiarato: «Sul letto avevo il poster di Wyler che, in Vespa, andava a girare Ben Hur. Per questo la amo». La amano tutti. Da settant’anni.

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