Morta a 60 anni

La vita stellare di Carrie Fisher Da Star Wars fino al lato oscuro

La vita stellare di Carrie Fisher Da Star Wars fino al lato oscuro
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Quegli chignon sontuosi sulle orecchie. Ma anche la lunga treccia che cade sulla spalla, o finisce arrotolata a mo' di aureola attorno alla testa. Lo sguardo dolce ma deciso, stellare. I lineamenti perfetti eppure non banali, lei che era figlia d’arte: sua madre è Debbie Reynolds, stella - tra le altre numerose pellicole - di Singin’ in the Rain; suo padre era invece il cantante Eddie Fisher, che aveva lasciato Reynolds per Elizabeth Taylor quando la figlia aveva due anni. E poi quel maglioncino demodè, da brava ragazza, perdutamente innamorata del ragazzaccio Jake, cioè John Belushi, il più folle dei Blues Brothers. Che finirà per minacciare con un mitra.

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Carrie Fisher, morta ieri d'infarto a 60 anni, era questo ma anche molto altro. Icona della fantascienza pop per eccellenza, con tanto di lato osè grazie al celebratissimo bikini metallico (oro), ha una filmografia infinita, incursioni ripetute nella letteratura (anzi, una vera carriera parallela e molto apprezzata), amori celebri (Harrison Ford, suo compagno anche nella serie Guerre Stellari, e il cantante Paul Simon, giusto per citare i più noti) e cadute in basso. Tanto che era anche l'icona della donna tosta, talvolta fin troppo dura. Certo che da sguardi come questo non si direbbe.

 

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I primi passi della carriera. Nata nel 1956, il debutto al cinema di Carrie Fisher è avvenuto in Shampoo, con Warren Beatty. L’attrice - scrive Wired - non aveva neanche vent’anni e soli due anni dopo le è toccato il suo ruolo più iconico, quello della sorella di Luke Skywalker in Star Wars: Una nuova speranza, parte ripresa nel 1980 e nel 1983 con i capitoli successivi della saga L’impero colpisce ancora e Il ritorno dello Jedi. Sempre nel 1980 ha recitato nel film I Blues Brothers. Nel 1989 l’abbiamo vista in Harry ti presento Sally.

Il lato oscuro. Attivismo e intelligenza, drammi e abissi. Questa è stata la sua vita. L’attrice non ha mai fatto mistero del suo abuso di sostanze e, anzi, ne ha fatto l’oggetto di vari romanzi e autobiografie. Il suo primo libro, Cartoline dall’inferno – una storia semi-autobiografica che racconta in parte proprio del suo alcolismo – è divenuto un film nominato a numerosi premi (tra cui Oscar per miglior film) di Mike Nichols con Meryl Streep. Il suo saggio del 2008 Wishful Drinking ha continuato a raccontare il rapporto con il bere. È nato da una pièce teatrale e poi trasformato in un documentario Hbo. Harvard l’ha premiata per il coraggio con cui aveva raccontato le dipendenze e anche la malattia mentale. Era infatti affetta da disturbo bipolare.

Le apparizioni in tv. Carrie Fisher non ha mai sentito il peso della popolarità datale da Leila, scrive Tvblog. «La gente vuole che dica che sono stufa di interpretare Leia, e che mi ha rovinato la vita», ha detto proprio l'anno scorso. «Se la mia vita fosse stata così difficile da rovinare, allora meritava di essere rovinata». Non è mai stata protagonista di serie tv, ma ha preferito comparire come guest-star in tanti show, tra gli anni Ottanta e Novanta: tra questi, Laverne & Shirley, Nel regno delle fiabe e Frasier. Nel 2000 compare anche nella terza stagione di Sex & The City. L'attrice si è data anche ad un altra saga fantascientifica, interpretando Pauline Khan, la direttrice del Daily Planet nell'episodio della quinta stagione di Smallville. Di due anni fa, invece, il cameo nel quattordicesimo episodio della settima stagione di The Big Bang Theory.

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