Vive e lavora a Bergamo

L'arte di Maria Francesca Tassi Carta bianca alla delicatezza

L'arte di Maria Francesca Tassi Carta bianca alla delicatezza
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Maria Francesca Tassi è un’artista che vive e lavora a Bergamo, immaginando mondi e raccontando ciò che non si vede con una delicatezza quasi onirica. Le sue opere ricostruiscono mondi in carta o ceramica, quasi anime di un passato non più tangibile. Sognante, carico di trasporto, bianco ed essenziale sono alcuni degli aggettivi che potrebbero definire il suo lavoro.

La serie Prehistorica e le sculture in carta. Per descrivere il modus operandi di quest’artista di 36 anni è utile partire da qui. Cioè dalla serie di sculture in carta attraverso le quali Maria Francesca Tassi dà vita ad un giardino ideale. Si tratta di riproduzioni di piante preistoriche, in particolare appartenute all’epoca carbonifera e pertanto base strutturale di tutto quell’impianto energetico terrestre di cui oggi siamo ancora dipendenti. In queste installazioni si coglie un aspetto personale dell’artista, per la quale arte è rappresentare ciò che non si vede, ciò che non si può più cogliere o sapere con certezza. E di cui lasciare testimonianza. In questo senso, la serie Prehistorica rappresenta proprio un mondo irrecuperabile, reinterpretato e mostrato di nuovo, in un modo concreto ma allo stesso tempo etereo, bianco, non più contestualizzabile.

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Il bianco in ogni sua forma. Un’altra costante del lavoro di Maria Francesca Tassi è il bianco, puro e luminoso. È un percorso, questq verso l’essenzialità, che l’ha portata negli anni a cercare la carta perfetta per i suoi lavori e a spaziare con l’uso di materiali diversi (carta, ceramica, cartapesta), comunque sempre declinati in questa tinta. Anche quando nella sua opera si affaccia il colore, non si può mai parlare di una tinta totalizzante: nei lavori di “spolvero” realizzati a Nizza e a Como, per esempio, le cromie restano allo stato di polvere e, pertanto, destinate a trasformarsi, a muoversi, a scomparire.

Tante arti imparate e un forte senso del limite. Il 2006 è l’anno della sua prima personale a Milano, all’interno della Galleria Artropia. Ma Maria Francesca Tassi arriva all’arte contemporanea dopo aver attraversato tanti mondi diversi e lavori differenti. Dalla scuola per geometri a Zogno all’Accademia (prima a Bergamo poi a Milano); poi la Spagna, un’esperienza a New York, Palermo, dodici anni vissuti a Milano lavorando nel mondo dell’arte. È stata assistente di galleria e ha frequentato lo studio di Marco Cingolani, con il quale ha collaborato alla realizzazione di una rivista. Infine il ritorno a Bergamo, con una casa studio attraverso cui porta avanti una carriera nell’arte che sta raggiungendo una definizione propria. Nel frattempo ha imparato a fare di tutto, dalla grafica alla sarta, dalla lavorazione della ceramica a quella del legno. Le conoscenze tecniche acquisite negli anni della scuola per geometri le sono state utili, per esempio, per progettare realizzare e montare il lungo pontile dell’opera Arrivo in fondo e mi rilasso un po’, realizzata nelle sale del Palazzo della Promotrice delle Belle Arti a Torino.

C’è inoltre, nel suo modo di rapportarsi all’atto creativo, un consapevole senso del limite, inteso come limite di spazio, capacità, possibilità, che ha però imparato a trasformare in motivazione. In questo senso, ogni idea inattuabile diventa una sfida, un’opera di creazione completa che prende vita all’interno dei confini dati.

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Obiettivi e prospettive. La sua carriera sta muovendo buonissimi passi, anche sul territorio nazionale. Nel suo studio si trovano attualmente alcune sculture che sono “rientrate a casa” dopo quattro anni in cui sono state rese disponibili per mostre e collettive. Lei, intanto, è reduce da poco di un intervento pubblico al Mart di Rovereto, in occasione della giornata del contemporaneo. Attualmente, si sta concentrando su una nuova serie che rilegge le forme preistoriche delle sue, ormai note, piante in ceramica, dando vita a delle sculture nuove rispetto a quelle in carta. Gli obiettivi la vedono orientata verso l’estero, pur consapevole che il mercato italiano ha visto crescere l’interesse verso il suo lavoro, che attualmente si attesta su quotazioni che variano dai mille ai 10mila euro.

Una nota curiosa. Non è un caso parlare di un senso magico quando ci si riferisce alle sue opere, non solo per le evocazioni che riescono a suggerire, ma anche per una certa pratica nel realizzarle. Sono pezzi meticolosi, che richiedono ore di lavoro e costanza e, in questo senso, meditativi. C’è un’opera in particolare la cui creazione si rifà a un fatto curioso. La colonna scolpita nel Palazzo della Misericordia per la mostra Ogni cosa a suo tempo è stata incisa dall’artista dopo aver passato una notte all’interno della sala. Sogno o immaginazione, qualcosa è stato sentito quella notte. Da quella suggestione è nata l’opera, una colonna con simboli che rappresentano desideri e il passaggio di gente reale e concreta in quello che era l’ex refettorio del palazzo.

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