Leonard Cohen dimentica l'età e scrive poesia in musica
«Nella mia famiglia non si è mai offeso nessuno se dimentichiamo un compleanno», e la famiglia in questione è quella di Leonard Cohen. Nessuna offesa allora, Leonard, se domenica non abbiamo ricordato il tuo ottantesimo compleanno. Preferiamo invece dare la notizia che oggi esce il tredicesimo album della tua carriera, che galoppa da sessant’anni. Si intitola Popular Problems e contiene nove canzoni, tutte inedite. Vi si parla, soprattutto, di problemi: quello della paura e del senso di minaccia innescato della guerra, delle stragi, da calamità naturali, come l’uragano Katrina. Riportiamo Almost like the Blues, una delle tracce messa in streaming prima dell'uscita dell'album:
Membro della Music Hall of Fame, companion dell’Ordine del Canada, nel 2011 Leonard Cohen ha vinto il Premio Principe delle Asturie per la letteratura. In molti ormai considerano le sue canzoni come parte del patrimonio della letteratura e non solo della musica - come accade (o dovrebbe accadere) con altri cantautori di talento, ad esempio De André, per citarne uno. Il musicista è in tournée ininterrotta dal 2005, da quando ha scoperto che la sua manager, Kelly Lynch, gli aveva svuotato i conti in banca, fondi pensione compresi. Costretto da necessità economiche, ha dovuto lasciare il monastero Zen californiano in cui avrebbe voluto trascorrere il resto della sua vita, ed è tornato sul palco. Certo, deve averci ripresto gusto, visto che non sembra avere intenzione di smettere.
Leonard Cohen è nato il 21 settembre nel 1934 a Montréal, in Canada in una famiglia di immigrati di fede ebraica: il padre era polacco, la madre invece lituana. Da giovane si dedica soprattutto alla poesia e nel 1954 pubblica una raccolta, Let us compare mythologies. Alla musica si avvicina per gradi, dapprima come forma artistica di supporto per la recitazione dei suoi testi poetici. Nel 1957 esce così un album di poesie lette, Six Montreal Poets. Il primo disco di canzoni viene registrato esattamente dieci anni più tardi, ma non riscuote un grande successo, né di pubblico, né di critica. Songs of Leonard Cohen affronta temi come la morte e il suicidio, non particolarmente graditi da parte del pubblico di allora, che preferiva invece ritmi (e mentalità) hippy. Il giovane cantautore non demorde e la sua perseveranza gli darà ragione. Dei suoi album, ricordiamo Songs from a Room (1969); Songs of Love and Hate (1974); New Skin for the Old Ceremony, Death of a Ladies’ Men (1977); I’m your man (1988) e nel 2001 l’ultimo di inediti, Ten New Songs. Lo stile di Cohen unisce al pessimismo politico-culturale una buona dose di umorismo – indispensabile, diremmo -, che negli ultimi anni si arricchito di un certo grado di accettazione. Sono gli effetti dell’età, si potrebbe pensare. Oppure del Buddishimo, di cui Cohen è seguace.
La discografia di Leonard Cohen ha attratto l’attenzione anche dei musicisti italiani. Claudio Daiano, ad esempio, ha inciso nel 1974 l’album Io come chiunque (sulla pista di Cohen) e altri cantautori ne hanno tradotto alcuni testi. De André, ad esempio, ha reso in italiano Suzanne e Joan of Arc (Giovanna d’Arco), Francesco de Gregori ha cantato A presto Marianne (So long, Marianne) e Un letto come un altro (Tonight will be fine).
I testi di Cohen non sono mai testi felici, nel senso comune del termine. L'amore è sempre cantato con una vena di sofferenza, talvolta di rassegnazione. Quando è sereno, è amore in senso mistico - quasi mai nell'accezione con cui viene per lo più inteso. Ma come ha detto lo stesso musicista, «c'è una crepa in ogni cosa e questo è il modo in cui la luce può entrare».
http://www.youtube.com/watch?v=WJTiXoMCppw