Uno che ce l'ha fatta

L'ingegnere che trasforma le idee e i progetti in realtà

L'ingegnere che trasforma le idee e i progetti in realtà
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Dicono che sia una persona solare, una di quelle che anche nelle situazioni più complesse riesce comunque ad aprire le labbra in un sorriso. Dicono che ami il mondo Lego, e che faccia dei mattoncini un mezzo per insegnare con nuove metodologie. Sarà. Certo è che Daniele Radici, 34 anni, è un giovane brillante e determinato, capace di indirizzare la propria vita seguendo una passione. Il suo percorso accademico inizia nel 2001, quando si iscrive al Corso di Ingegneria Gestionale della Facoltà di Ingegneria a Dalmine.

La formazione sul campo. Laureatosi, timbra il suo primo e unico cartellino nientemeno che nella prestigiosa sede di Maranello della Scuderia Ferrari F1. «È stato il mio primo stage – racconta Daniele – su un progetto di controllo dei costi e tracciatura dei processi del reparto di produzione compositi del reparto di Gestione Sportiva. Un’esperienza durata sette mesi, a stretto contatto con il mondo della Formula 1, con i suoi stress su tempi e qualità. Poi toccò alla BMW, ma durò poco perché il docente universitario del Politecnico di Milano con cui collaboravo a Maranello mi richiamò per propormi una nuova esperienza, grazie alla quale ho coniugato l’attività di ricercatore universitario con la libera professione e le consulenze nell’ambito della strategia aziendale». Due anni intensi, durante i quali Daniele lavora per aziende del calibro di Eni, HP, Iveco e poi, di nuovo, Ferrari.

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La prima svolta. Ma il ragazzo vuole di più. Ha fame di nuovi progetti, desidera varcare le frontiere e vivere esperienze oltre confine. Nel 2010 capisce che è ora di dare una svolta e così inizia a collaborare con EnergyQuote JHA, una società inglese che ha aperto in Italia la sua start-up. «L’azienda proponeva una gestione innovativa del sourcing energetico – spiega Daniele – che si traduceva nell’ottimizzazione economica dei consumi energetici di un’impresa». In parole povere accadeva questo: l’azienda, anziché spendere mensilmente centinaia di migliaia di euro per l’energia consumata, variava il costo dell’energia a seconda di formule di prezzo flessibili che permettevano loro di abbattere il costo di circa il 6-8 percento. Questo perché l’energia non veniva più acquistata in modo classico, ma il prezzo veniva di volta in volta riformulato a seconda dell’andamento di titoli azionari in borsa. Il progetto, seppur ottimo, deve però fare i conti con la realtà italiana e Daniele capisce presto che le aziende del Bel Paese non sono pronte per il salto di qualità.

Il Business Model Canvas, come i sogni diventano realtà. Per il giovane bergamasco è l’ora di cambiare di nuovo direzione, di seguire una nuova rotta. Chiusa una porta, se ne apre un’altra che conduce Daniele in un nuovo mondo: quello del Digital. Parte dunque una nuova collaborazione con l’azienda OpenKnowledge, e nel contempo inizia a lavorare nel mondo delle Startup con Crispy. È un’esperienza unica, perché insegna a Daniele un concetto fondamentale. «Ho capito – racconta ancora il libero professionista – quanto sia spesso difficile misurare la validità di un progetto ascoltando semplicemente la voce innamorata dell’imprenditore che lo ha ideato. La vera sfida è che quel progetto porti valore a qualcuno e per capire se può decollare oppure no, è necessario portarlo a terra, misurarlo con intelligenza». L’opposto del “segui il cuore”, per intenderci. «Un ottimo strumento per far questo è il Business Model Canvas, che con Crispy ho iniziato ad usare nelle startup. La validità di questo strumento sta nel fatto che rende visiva un’idea e la pone sotto stress. L’imprenditore deve così farsi delle domande, considerare delle ipotesi e poi validarle “uscendo dall’ufficio” (get out of the building, come si dice in gergo) e confrontandosi con ciò che fino ad un minuto prima aveva su carta». A questo punto due sono le reazioni possibili: o si cerca di adeguare il modello di business ascoltando la reazione del mercato, oppure si rimane fermi nella propria posizione, mantenendo una visione personale che però è molto rischiosa.

Ma che cos’è il Business Model Canvas? Questo strumento è costruito sulla logica del visual thinking e consente di condividere concetti complessi in maniera semplice, creando un linguaggio universale, comprensibile a tutti: su un foglio di carta, diviso in nove spazi, vengono elencate le voci principali del business. Chi sono i partner chiave? Qual è il valore offerto? Vanno stabiliti le relazioni con i clienti, i canali, la struttura dei costi ed i flussi dei ricavi. Voci necessarie per chiarire le idee e dare concretezza al progetto. «Il Business Model Canvas – sottolinea Daniele – ha una rivoluzione al suo interno: la velocità con cui io concretizzo la mia idea di business. In meno di tre giorni lo mappi, lo disegni e sarà la guida con cui poi andrai a scrivere (eventualmente) i capitoli fondamentali del Business Plan per la stesura del progetto».

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La formazione per i ragazzi…con i Lego. È il 2013 quando Daniele aggiunge alle attività professionali una nuova esperienza: quella didattica. Il giovane inizia a collaborare per portare nuove metodologie di formazione all’interno dei corsi di laurea e master dell’Università degli Studi di Bergamo. È un grande successo. «Essenzialmente faccio lavorare gli studenti utilizzando workshop ed altri format di formazione attiva, grazie ai quali la lezione si trasforma in un laboratorio dinamico progettuale, fatto di post-it, pennarelli e fogli colorati. Questo porta gli studenti ad interagire con me e soprattutto ad interagire tra di loro. Fanno brainstorming e co-design, progettano cioè e trovano soluzioni in modo collaborativo».

Tra le nuove metodologie c’è anche Lego Serious Play, dove i mattoncini della famosa casa danese entrano in gioco. «È una metodologia che si basa sul concetto del gioco finalizzato allo stimolo della creatività dei partecipanti – conclude Daniele -. Questo perché a loro è richiesto di usare i mattoncini e attraverso metafore costruire, per esempio, l’identikit del loro cliente aziendale. Metafore più mattoncini ti portano a materializzare tutta una serie di fattori, che tu vedi concretamente davanti a te, sul tavolo. Togliendo un mattoncino e dunque una caratteristica, tutto torna in gioco e nasce l’esigenza di rivedere la propria strategia, a seconda di variabili nate dalla nuova condizione. Sembra banale, in realtà, testato in prima persona, risulta incredibile quanto il potere di pensare con le proprie mani possa portare a risultati decisamente inaspettati!».

Dove lavora ora, una sfida continua. Ora Daniele svolge il ruolo di general manager e referente per l’innovazione (open innovation, nello specifico) per l’agenzia LIFE Interaction, una giovane società che lavora nel mondo dell’open-innovation, digital transformation ed experience design. «Sono da poco tempo in LIFE, ma già stiamo portando avanti progetti davvero challenging. Uno dei più interessanti su cui sono stato coinvolto direttemente è stato il progetto ExMachina, realizzato in collaborazione con Porsche Italia, Porsche Consulting e H-Farm. Un’iniziativa dedicata all’innovazione ed allo sviluppo di progetti imprenditoriali in cui giovani talenti hanno proposto idee, rispondendo a brief specifici di aziende sponsor del progetto. LIFE Interaction per 3 mesi ha supportato questi team su diverse tematiche (business model, presentation design, grafica, interfacce, etc.) e i giovani partecipanti, a fine progetto, hanno presentato i loro progetti che sono poi stati battuti all’asta; tre di questi oggi sono stati acquistati con successo dalle aziende partecipanti all’iniziativa e sono tutt’ora in fase di sviluppo». La sua ricerca è continua ed è per questo che impara ed insegna nuove metodologie, che mutano negli anni. Una metodologia sulla quale il giovane si è focalizzato ultimamente? Si chiama Open Innovation e genera innovazione sfruttando dinamiche collaborative.  È evidente che finita l’epoca dell’individualismo, l’unione, oggi più che mai, fa la forza!

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