Il circolo numero uno della bergamasca

Il trionfo di Tagliuno nelle bocce e la corsa per Roma a torso nudo

Il trionfo di Tagliuno nelle bocce e la corsa per Roma a torso nudo
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«In panchina continuavo a gridare "calma calma", ero al massimo della tensione. Sul sette pari Leoni fa il punto e l'avversario sbaglia. Ho visto i ragazzi mettersi a piangere. Abbiamo festeggiato, boh, trenta secondi proprio lì in mezzo al campo. Mi hanno preso in braccio e mi hanno fatto saltare in aria, oooh, oooh, è stato bellissimo. Poi mi sono tolto la maglietta e sono corso fuori, avrò fatto a petto nudo, boh, due chilometri per Roma con la gente che mi chiedeva cosa avevo, se avevo bisogno di aiuto, se stavo bene. Certo che stavo bene: non riuscivo a smettere di piangere. Io un sogno del genere nemmeno l'avevo mai fatto. Giuro. È una cosa indescrivibile, non si può spiegare». E gli si taglia la voce come se qualcuno gli girasse una manopolina dietro la schiena, di quelle che una volta trovavi su certe vecchie radioline, si spegnevano e la musica finiva. Come le parole.

Non ne ha più Angelo Rovaris, presidente della Familiare Tagliuno, la bocciofila che qualche giorno fa (domenica 3 luglio) ha vinto il titolo nazionale nella categoria raffa. Le più importanti bocciofile di Bergamo e provincia tentavano l'impresa da una vita. Ce l'ha fatta Tagliuno, e le parole a questo punto nemmeno servirebbero più: «Era il nostro anno - racconta Rovaris, 52 anni, numero uno della Familiare -, nel prossimo giocheremo con lo scudetto sul petto. Quella è una cosa indelebile. Saremo la squadra da battere».

 

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Le parole sono poche, ma l'emozione è dappertutto. Anche nelle tanto vituperate, sbeffeggiate, criticate, snobbate, derise bocce. Altro che esercizio da dopolavoro ferroviario. Le bocce sono una realtà. Lo dimostra la grande volontà di Rovaris, un ragazzone con l'aria gentile e il sorriso nascosto nelle pieghe della serietà. La Familiare Tagliuno ha vinto il titolo di prima categoria, in pratica la Serie A delle bocce, dopo una lunga fase a eliminazione diretta in cui hanno partecipato 920 squadre da tutta Italia, arrivando a Roma per la fase finale, dove da pochi anni hanno messo su il nuovo centro federale, e battendo Macerata nell'ultimo match. «Siamo ripartiti domenica alle 8 di sera e siamo arrivati a casa alle 5 del mattino. A mezzogiorno, quando mi sono svegliato, sul telefono avevo 70 chiamate e 295 messaggi. Ma non solo da gente di Bergamo, da tutta l'Italia. Lì ho capito davvero che abbiamo fatto qualcosa di straordinario».

Ma l'impresa della società di bocce bergamasca parte da molto più lontano. Forse addirittura da quando Rovaris era alto così, papà aveva una bocciofila a Castelli Calepio, «e io giocavo con lo zio tutti i santi giorni». O più avanti, molti anni dopo, quando a Tagliuno alcuni amici gli hanno detto: «Dai Angelo, vieni a fare il presidente. Io ho detto ok: ci vengo». Le grandi storie nascono sempre da un sì. Oppure quando Rovaris e il suo socio, Marino Belotti, si sono messi in testa di creare il circolo numero uno della provincia di Bergamo. Come? Con il bocce-mercato, ovvio. A Tagliuno hanno messo insieme le coppie più forti dell'intera Bergamasca.

 

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La società Tagliuno vanta la bellezza di 70 iscritti. Tra loro ci sono anche alcuni «big», come li definisce Rovaris, cioè quelli che a Roma hanno sbaragliato prima Reggio Emilia («la squadra favorita»), poi Perugia in semifinale e infine Macerata. Ovviamente i big sono tutti bergamaschi, dove la tradizione di questo sport è radicata al punto da essere diventata cultura: da Massimo Bergamelli, 50 anni di Zogno, a Tiziano Leoni, 46 anni di Verdellino, e poi Paolo Rossoni, 48 anni di Boltiere, Silvano Lorenzi (46) anni di Sorisole, Rosario Ravelli (54) di Grumello del Monte, fino a Natale Bonetti (61) di Telgate. Sono loro ad aver vinto il titolo nella raffa.

«Quando abbiamo capito di avere una squadra molto forte tra la mani ci siamo iscritti al campionato - va avanti Rovaris -, abbiamo iniziato piano piano e poi, una vittoria dopo l'altra, abbiamo creduto di farcela, è andata così». In Italia, secondo il rapporto annuale del Coni, la federazione bocce conta 97.279 tesserati (Bergamo sfiora i 5mila) e 2.150 società. Dopo il calcio, la pallavolo e l'atletica leggere, la federazione bocce è la più numerosa. «Quanto ci si allena? Tutti i giorni, e in media vengono giocate due gare serali alla settimana. Una partita di bocce può durare anche un'ora, un'ora e mezza, e la domenica mattina c'è la gara nazionale o quella regionale, dipende».

 

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Non è vero che è uno sport per anziani. Nella società di Tagliuno l'età è compresa in una forbice che va dai ragazzi di 16 anni e tocca i giovanotti di 70. «Eppure - spiega Rovaris - dipende come uno pratica questo sport. Lo possono fare tutti, è vero. Ma a certi livelli bisogna essere allenati. Per essere un grande giocatore di bocce ci vogliono almeno tre cose: il sangue freddo, il braccio, e il cervello, che ti aiuta nei momenti topici quando c'è da colpire una boccia a 27 metri di distanza. Non è che si colpiscono così a caso, eh. Vanno prese in un certo modo». Perché anche i giocatori di bocce hanno un ruolo. Tre: puntisti, mediani e raffatori. I puntisti vanno solo a punto, i mediani sono i jolly (diciamo così) e i raffatori colpiscono la boccia. «Ma bisogna essere portati anche fisicamente, bisogna essere allenati e devi avere le gambe per stare in piedi e prendere la spinta giusta. Quando fai una batteria nella prima partita è tutto facile, nella seconda sei stanco, nella terza il rischio è il calo e poi perdi. Infatti i nostri atleti si allenano. L'età migliore va comunque dai 30 ai 40 anni, ma anche a 50 puoi trovare giocatori forti». E poi ci sono gli strumenti del mestiere, le bocce. A Tagliuno usano quelle personalizzate che produce l'azienda "Perfetta". Bergamelli, per esempio, gioca con una boccia che misura 10,8 centimetri di diametro e pesa 9 etti e 20 grammi precisi. Rossoni gioca con una da 10,7 di diametro e 9 etti e 10 di peso. «Perché? Facile: dipende dalla mano», spiega Rovaris.

Altro mito da sfatare: non è vero che le bocce sono un passatempo e basta. In Italia quelli che arrivano a guadagnare anche 20-30 mila euro all'anno sono una trentina, tutto spesato, dai viaggi in giro per giocare i tornei alla divisa ufficiale, alle scarpe, le bocce personalizzate (con tanto di iniziali incise sopra). Poi ci sono gli altri, quelli a ingaggi poveri, che comunque sfiorano i 10mila euro all'anno più le spese. Senza contare i premi. A Tagliuno, però, non è nemmeno l'aspetto semi-professionistico ad aver fatto la differenza. «Per vincere un campionato ci vogliano tante cose, molti incastri e un po' di fortuna. Quando abbiamo vinto la semifinale ci siamo guardati negli occhi e abbiamo capito che stava succedendo qualcosa di grosso». Ma il momento decisivo è stato durante l'ultimo incontro. A un certo punto Rovaris, il ct della squadra, ha preso da parte i giocatori. Li ha guardati. Gli ha parlato chiaro e tondo. «La tensione era altissima. E allora ho deciso, di comune accordo con loro, di invertire le coppie». Nelle bocce è importante avere un compagno, uno con cui si gioca sempre. Una specie di fratellone. «Abbiamo deciso di cambiare e di spezzare le coppie, è stato un momento decisivo e abbiamo vinto» dice Rovaris. «Cosa è cambiato non lo so. È stato bello. Le bocce uno le deve provare per capire davvero che cosa sono». Il resto sono soltanto chiacchiere da dopolavoro.

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