Louis e Azélie, i genitori di Teresina E come Dio ti fa diventar santo
Chi non ha dimestichezza con le faccende di Dio Padre ritiene che i santi diventino santi perché si sono comportati bene e, in certi casi, benissimo. Chi, al contrario e in tutta umiltà, pensa di capirci qualcosa in quei pensieri che non sono i nostri pensieri, e di conoscere almeno in parte quelle vie che non sono le nostre vie, sa invece che uno diventa santo perché il Signore lo ha preso di mira e spera soltanto che il mirato, prima o poi, lo capisca e ne sia felice. Tra poco Santa Romana Chiesa proclamerà santi i già beati signori Martin, Luigi e Azeglia (Louis et Azélie nata Guerin), papà e mamma di Teresa di Lisieux, ovvero santa Teresina.
Dunque quale migliore occasione per mostrare in atto la regola appena detta osservando la vita del signor Luigi, assolutamente esemplare. Esemplare rispetto alla regola della mira, s’intende. Cominciamo: nasce a Bordeaux il 22 agosto 1823 in caserma, perché il padre era capitano dell’esercito. Dai tre anni e mezzo ai sette - i suoi erano stati trasferiti a Strasburgo - fa parte dei “Bambini della Truppa”. In altre parole, fece l’asilo e la prima elementare in divisa.
Nel 1831 altro trasferimento, questa volta ad Alençon, dove Luigi prosegue gli studi presso i Fratelli delle Scuole Cristiane. A studi ultimati si scopre che era proprio negato per la vita militare e che voleva fare l’orologiaio, arte non proprio marziale. Così se ne va a Rennes, in Bretagna, per imparare il mestiere.
Qualche anno dopo però, nel 1845, comincia a pensare che la sua vita non potrà trascorrere tra rotelline e bilancieri e così si presenta alle porte del monastero del Gran San Bernardo, quello dei cani con la botticella (che adesso non ci sono più). Voleva darsi alla vita contemplativa e soccorrere i viandanti sorpresi dalla bufera. Niente da fare: per essere ammessi bisognava conoscere il latino, e Luigi non lo aveva mai studiato. E allora si mette a studiarlo. Ma evidentemente non ci aveva la testa e dopo un anno si arrende: niente San Bernardo. Parte allora per Parigi con l’intenzione di perfezionarsi in orologeria.
Non fu un periodo facile, quello all’ombra della Tour Eiffel che ancora non c’era: la capitale non era esattamente come Strasbourg e nemmeno come la Bretagna: tanto meno assomigliava a un eremo tra le nevi. Ma, per dirla con le parole della moglie in una lettera al fratello Isidoro, uscì vittorioso da tutti i combattimenti e nel 1850, a 27 anni, tornò ad Alençon per aprirvi la sua orologeria.
A Messa tutte le mattine (o quasi), la sera l’adorazione, le pratiche di carità con la San Vincenzo. Domenica riposo (questione che gli costerà parecchio), pellegrinaggi quanto basta e il Pavillon (una torre esagonale a tre livelli, che aveva comperato, dentro un giardino di altri) per leggere e meditare. Tutto negozio, chiesa e Pavillon, questo ragazzo.
Fortunatamente sua madre, la donna del capitano, non pensa che quella del figlio possa essere una vita apprezzabile. Così gli fa incontrare Azeglia, la ragazza che avrebbe sposato il 13 luglio 1858 (in casa Martin succederanno un sacco di cose in data 13 luglio). I due si vogliono un sacco di bene, hanno otto figlie di cui quattro morte in tenera età e altre quattro che sarebbero entrate in convento dopo la morte di Azélie, quando i superstiti si trasferirono a Lisieux in una villetta (les Buissonnets) trovata dallo zio Isidoro.
Nel 1888, a trent’anni dal matrimonio, dopo che anche Teresa è partita per il noviziato (la sua Teresa, la coccola di papà) il signor Luigi comincia a stare male. Viene ricoverato all’Ospizio del Buon Salvatore a Caen da dove, non più autosufficiente in seguito ad ictus, è rimandato a casa. Le suore permisero a Céline, una delle figlie, di assisterlo fino a che il 29 luglio 1894, all’età di 71 anni, poté ricongiungersi con la moglie e le figlie. Le altre quattro sarebbero arrivate in seguito.
Spiegazione della regola: uno che nasce in ambiente di adunate e squilli di trombe una qualche predisposizione alla vita militare dovrebbe acquisirla. Luigi no. Era proprio negato per certe cose. Altruista e meditativo di carattere pensa allora che potrebbe fare il monaco del Gran San Bernardo - perché orologiaio va bene, ma non proprio sempre e solo: ma anche qui niente da fare, perché non sa il latino. Ma che ci vorrà mai a imparare il latino? si dice. E a questo punto il disegno di Dio comincia a profilarsi nettamente: a imparare il latino non ci vuole niente, ma tu non lo devi imparare perché non devi andare in mezzo alla neve: tu devi mettere al mondo dei bambini. Non ti ho fatto fare il soldato perché saresti morto in battaglia, vuoi mica che ti permetta di finire sotto una valanga? Comincia a fare l’orologiaio che poi vediamo. Luigi fa l’orologiaio, si compera la torre come succursale dell’eremo. Non lo sappiamo, ma magari si compera anche un cane peloso. Ma non tiene conto della mamma che ha sposato un ufficiale col chepì, i bottoni d’argento e le spalline: questo suo figlio sarà anche tanto bravo, ma gli manca una donna: altro che storie.
Vedete come fa il Signore. Uno pensa che non è capace di fare l’eroe, pensa che non è capace di imparare il latino, pensa che non gli piace fare l’orologiaio. E invece non è così, perché non è questione di inclinazioni o di psicologia. È perché il Signore pensa - lo ha pensato da sempre - che ha bisogno proprio di un tipo così per mettere al mondo santa Teresina. Per aver obbedito senza saperlo (e proprio qui sta il merito più grande) a questo incarico e per aver esercitato eroicamente la virtù di genitori, anche i signori Martin Luigi e Guerin Azélie in Martin potranno dunque presentarsi alle feste del paradiso indossando il gran collare dell’ordine al merito della santità.