L'unica donna che lasciò Picasso
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Era il 1943 e Françoise Gilot stava pranzando insieme a un’amica. Pablo Picasso la vide e rimase folgorato dalla sua bellezza. Le offrì un cestello pieno di ciliegie rosse. La giovane Françoise aveva quarant’anni meno di Picasso (lei ne aveva 21, lui 61), ma s’innamorò di lui e divenne la sua amante e musa. Rimase accanto al pittore per dieci anni, ne ebbe due figli, Claude e Paloma, ma alla fine decise di averne abbastanza del suo ego smisurato e lo lasciò. Fu l’unica delle donne di Picasso ad avere il coraggio di troncare la relazione. Nel 1953 Gilot se ne andò, ma prima il pittore le rivolse una minaccia: «Se pensi che la gente avrà interesse per te, ti sbagli di grosso: nessuno si curerà di te in quanto tale, saranno solo curiosi della persona che ha condiviso la mia vita». In realtà Picasso si sbagliava: Gilot è, tutt’ora, una pittrice nota negli ambiente artistici. E ha pure raccontato gli anni trascorsi insieme a Picasso in un libro, La mia vita con Picasso, libro di cui il pittore cercò in tutti i modi di bloccare l’uscita.
Una giovinezza tra grandi artisti. Intervistata da Vanity Fair nella sua casa di New York vicino a Central Park, Gilot ricorda che Picasso cominciò a ritrarla solo dopo averla presentata a Matisse e solo dopo che questi dichiarò di volerle fare un ritratto: «Erano molto amici, ma anche rivali: Pablo cercava di incantare Matisse ma alla fine era Matisse che conquistava Pablo. Dopo quella visita lui era molto irritato, ma io gli dissi che in quella proposta non ci vedevo niente di male. Anche perché ho sempre amato i quadri di Matisse più dei suoi». Circondata da tanti geniali artisti, Françoise non si è però mai sentita a disagio: «Mi sono sempre sentita al loro livello, e ho sempre pensato che nella vita è meglio accompagnarsi ai grandi che ai mediocri, che spesso hanno gli stessi problemi ma sono meno interessanti».
«Una catastrofe che non voglio evitare». Gilot rimase soprattutto colpita dal coraggio di Picasso, visto che il pittore continuava a dipingere arte moderna a Parigi, benché la città fosse stata occupata dai nazisti. Del resto anche Françoise era un’artista e studentessa di Giurisprudenza. Amava e ammirava chi faceva resistenza, chi si opponeva. Lei stessa era stata arrestata per avere messo dei fiori sulla tomba di un soldato francese. Sapeva, comunque, che non avrebbe potuto mai fidarsi di Picasso, noto donnaiolo. L’amica con cui si trovava nel momento del primo incontro con il pittore la redarguì, dicendole che sarebbe andata incontro a una sventura sicura. Lei, però, rispose: «Lo so, ma è una catastrofe che non voglio evitare».
La vita con Picasso. All’inizio Gilot andava a trovare il pittore nel suo studio, al numero 7 di Rue des Grands-Augustins. Insieme analizzavano le opere di Manet e Cézanne. Poi scoppiò la passione. La giovane donna ebbe così la ventura di conoscere intellettuali e artisti che transitavano attraverso lo studio di Pablo. Il pittore aveva bisogno di vedere persone, per avere l’ispirazione creativa. «Lui sperimentava con le persone come uno scienziato con le molecole, e passava il tempo a fare domande: analitico la mattina, creativo la sera, quando dipingeva», ricorda Françoise. «Ogni tanto dico che ero come la settima moglie di Enrico VIII: sapevo che cosa era successo alle altre e quindi dovevo stare attenta. Sbagliano le donne che contano solo sulla propria bellezza: bisogna evolversi, sempre, in modo silenzioso se necessario. Quindi continuai a crescere, ma senza imporre il mio mondo e il mio peso. D’altra parte, il peso è un problema costante delle donne: se sono magre devono lottare per rimanerlo, se non lo sono devono perdere chili», afferma Gilot. La convivenza con Picasso non fu affatto facile, e non solo dal punto di vista sentimentale. Per non ostacolare l’artista più grande del tempo, Gilot si ritagliò spazi piccoli e poco visibili. Cominciò a lavorare con carta e matita, facendo disegni. Abbandonò del tutto le tele.
L’inizio della fine. La loro rottura iniziò dopo quattro anni di sodalizio artistico e privato. Un gallerista notò il lavoro di Gilot e così lei riprese a lavorare sulla tela. Nel 1952 fece la sua prima mostra. Picasso nascose l’irritazione, ma ne fu sconvolto. La musa era riuscita a uscire dal cono d’ombra che il pittore aveva proiettato su di lei. La carriera della giovane pittrice, del resto, non era l’unico problema sorto all’interno della coppia: «Non puoi avere tutto nella vita: se vuoi qualcosa devi ignorare il resto, e se vivi con un leone non puoi essere un topino. Le sue donne erano ancora presenti, di tanto in tanto. Ed era anche molto superstizioso, ma solo quando gli faceva comodo. Il problema fondamentale però erano i figli, perché lui non voleva che avessero un’educazione normale: da piccolo a scuola era stato un disastro, e le cose gli erano andate bene, quindi applicava il suo modello agli altri. Tutto ruotava attorno a lui e, alla fine, tra lui e i figli ho scelto loro», afferma Françoise.
Dopo avere lasciato Picasso, Gilot non ebbe mai nostalgia di lui. Cercava di ricordare ai figli gli aspetti migliori del padre, ma era felice di essere di nuovo libera. Anche perché il grande artista col tempo era diventato sempre più egocentrico e insopportabile: «Non lo reggevano neppure più i suoi cari amici. Non era più un artista ma una celebrity di Hollywood: il suo ego si era gonfiato al punto che non considerava gli altri. Era sempre intelligentissimo ma pieno d’odio, e usava le sue qualità per fare del male agli altri. Matisse non era così: lui usava l’arte per mostrare il lato più piacevole della vita, non era solo un grande artista ma anche un grande essere umano».
«È più complicato di quanto sembri». Dopo la relazione con Picasso, Françoise si sposò con un pittore suo coetaneo. Dall’unione nacque una figlia, ma la vita di coppia non andava bene. Poi arrivò Jonas Stalk, l’inventore del vaccino contro la poliomelite: «Quando Jonas Salk mi disse che voleva sposarmi, gli risposi che per me era un’assurdità. Ma poi mi diede un pezzo di carta e mi chiese di scrivere perché era così impossibile sposarsi. Quando scrissi che per metà dell’anno volevo stare per i fatti miei a fare quello che mi interessava, lui a sorpresa mi disse che avevo ragione, che è insopportabile passare tutto il tempo assieme. Quindi, stando lontani per lunghi periodi, siamo stati assieme 25 anni, fino alla sua morte. E ci siamo sentiti liberi». Françoise aveva trovato la formula giusta per la sua felicità. Oggi, a 94 anni, continua a essere scettica sulla possibilità che uomini e donna riescano a vivere insieme per lungo tempo. L’età non c’entra, dice: «È che gli uomini e le donne sono molto diversi, e anche se fanno uno sforzo per stare assieme non si capiscono mai veramente. E poi c’è il tempo che ti cambia, ma meno di quello che pensi. Insomma, a queste donne direi che è più complicato di quanto sembri». La vita seconda Françoise Gilot.