Il giorno della Repubblica

Scusate, che festa è oggi?

Scusate, che festa è oggi?
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Sabato scorso, dal fruttivendolo: «Lunedì, siete aperti?» «Sì, signora, e anche il giorno dopo che ci sono quelle stupide feste».

Le stupide feste, anche se in realtà sono una sola, tali rimangono. Questa volta non saranno solo i cinesi a rimanere con le saracinesche tirate su. Nel frattempo sono comparse le bandiere italiane. Non essendo in previsione una partita della nazionale, più di uno si domanda: cosa commemorano? Il primo e ultimo referendum italiano non abrogativo, tenutosi nei giorni 2 e 3 giugno 1946. Fu un referendum istituzionale, indetto a suffragio universale, nel quale venne chiesto agli italiani di pronunciarsi sulla forma di governo da dare all’Italia dopo la caduta del fascismo - avvenuta tre anni prima - e la sconfitta in guerra, dell’anno precedente.

 

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Sospetti di brogli a parte, 12.718.641 italiani scelsero per la Repubblica, 10.718.502 si dichiararono inspiegabilmente a favore del mantenimento dello Stato sabaudo. I Savoia dovettero prendere la via dell’esilio e l’ultimo re - Umberto II, detto il Re di Maggio perché quello era il solo mese in cui aveva regnato, dopo l’abdicazione in suo favore del padre Vittorio Emanuele III, detto “sciaboletta” - l’ultimo re, dicevamo, lo fece con molto garbo. Coi suoi modi gentili parve volesse significare “Tolgo il disturbo”; ripensandoci a distanza di anni è più probabile che il disturbo volesse toglierselo lui, considerando il peso che l’eredità paterna comportava. Giulio Andreotti riferì una volta quel che aveva detto De Gasperi a proposito del re che - al termine del colloquio in cui lo stesso De Gasperi gli aveva fatto presente la necessità di arrestare immediatamente Mussolini - si era sentito rispondere qualcosa come: «Adesso vediamo, ne devo prima parlare col capo del governo». Il capo del governo era Mussolini, l’arrestando. Il generale De Gaulle ebbe - in altre circostanze e con una qualche ironia - da lamentarsi di dover governare un Paese in cui si producevano oltre centocinquanta tipi diversi di formaggio. Molti italiani, quel lontano giugno del ‘46, si chiesero forse come avessero potuto sopportare per 85 anni personaggi di quella portata.

 

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E così il referendum ottenne il risultato che si è detto, forse perché la certezza del passato l’ebbe vinta sulle incertezze del futuro prossimo venturo. A scuola, in quei lontani tempi, si conosceva la storia dell’antica vedova che, mentre la città di Siracusa festeggiava la condanna a morte di un terribile tiranno, pregava per la salvezza di lui. Richiesta di esporre il motivo, rispose che anche per la morte dei due tiranni precedenti si era fatto festa, ma che il successivo si era sempre rivelato peggiore del precedente. Temeva dunque che al termine dei festeggiamenti si sarebbe presentato una specie di mostro. Invece, secondo De Gasperi, uno peggio di Vittorio Emanuele III non sarebbe stato possibile. E venne creduto. Così il 2 giugno è diventato “La Festa della Repubblica”. A Roma, lungo la via dei Fori Imperiali (soluzione urbanistica voluta dal Duce) si tiene la famosa Rivista Militare, detta anche Parata, sospesa varie volte. Nel 1963 per rispetto al papa Giovanni XXIII in agonia. Nel 1976, l’anno del terremoto del Friuli, a seguito di una nota dell’allora ministro della difesa Aldo Forlani che preferì che «i militari e i mezzi di stanza al nord fossero utilizzati per aiutare i terremotati anziché per sfilare a via dei Fori imperiali». Anni dopo - 2012 - si adottò la soluzione inversa: la sfilata si tenne, e fu dedicata ai terremotati dell'Emilia, anche se molti ricordarono il precedente friulano. Due anni fa la crisi suggerì invece di sospendere il tradizionale ricevimento al Quirinale, in segno di austerità e di solidarietà verso i poveri e i meno abbienti. Anche la parata del mattino si svolse in forma ridotta.

 

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Quel che non è chiaro è il peso conferito per l’occasione alle Forze Armate, nei confronti delle quali pure nutriamo il più profondo rispetto e una imperitura gratitudine. Solo nel 2012 e nel 2013 il tema di questa parata non ha alluso a vicende guerresche. Perché dev’essere così? La festa forse sarebbe meno stupida, per gli ortolani e per altri, se anche loro fossero chiamati a sfilare davanti al presidente o a partecipare in qualche modo. Magari una categoria per anno: fabbri, carpentieri, avvocati, operai edili, insegnanti elementari, piccoli e medi imprenditori. La stiamo facendo tutti la Repubblica, o no?

 

 

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