Capitale europea della cultura 2019

Con Matera si può anche perdere

Venerdì 17 ottobre, con sette voti su 13, Matera è stata designata capitale europea della cultura 2019. Superate in finale Ravenna, Cagliari, Lecce, Perugia e Siena. La città della Basilicata condividerà l'onore con Plovdiv (Bulgaria). Anche Bergamo si era candidata, ma non è stata inserita fra le finaliste.

Con Matera si può anche perdere
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Praga è bella. Bergamo è bellissima. Matera è. Non ha fatto nulla per essere: le è accaduto. Se qualcosa ha fatto, anzi, in anni recenti, è stato tentare di scomparire. Lo ha scritto in maniera definitiva Pietro Laureano, l’urbanista architetto cui va il merito della sua resurrezione:

I Sassi di Matera furono completamente spopolati dagli abitanti, costretti a spostarsi in nuovi quartieri negli Anni Cinquanta e Sessanta, e le case grotta e il sistema di habitat trogloditico furono dichiarati una vergogna per la nazione italiana. L’intera comunità, con la sua identità e il suo passato, fu decretata inadeguata e posta ai margini della storia. Era estranea ai modi, ai tempi e alle necessità dello sviluppo – maschera del volto truce dell’emigrazione e della speculazione edilizia. Matera costituiva un modello scandaloso perché, basata sul risparmio delle risorse, sul continuo riciclo e sull’autoproduzione, era una minaccia per la società dei consumi. (Matera, La sfida della memoria. Architettura della fusione, Pietro Laureano in «Lettera Internazionale», n. 118: Corpo umano, corpo urbano)

MATERA I SASSI
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MAGGIO 2006 MATERA I SASSI

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Matera si è salvata perché è stata per anni una vergogna, perché è stata abbandonata, preservata dall’insulto del turismo. Come Roma, fino a che i suoi monumenti sono rimasti sotto terra. O come la flora e la fauna selvatica tornate splendenti come non mai attorno all’atollo di Bikini che, per essere stata teatro di un test nucleare americano, fu promossa per anni ad area interdetta alla navigazione.

Si legge nella Descrizione - su ibs libri - di Giardini di pietra. I Sassi di Matera e la civiltà mediterranea (P. Laurisano, Bollati-Boringhieri 2012, 2 ed.):
Da vergogna nazionale a patrimonio dell'umanità. Questo il percorso, unico al mondo, dei Sassi di Matera. La città di pietra, che ancora in cronache cinquecentesche era descritta come "dotata di aria salubre e abitata da uomini ingegnosi", nell'impatto distruttivo con la modernità si è poi trasformata nel simbolo del degrado meridionale. Il fragile ecosistema delle case grotta non sembrava poter sopravvivere a miseria, fatiscenza e spopolamento, e lo attendeva un destino di rovina.

Di cosa si stesse parlando lo si capisce dai film di cui è stata la location. Prima di ogni altro - e di gran lunga sopra ogni altro - Il Vangelo Secondo Matteo di P.P. Pasolini.
Architetture (abitazioni, chiese) scavate nella roccia come in Cappadocia;  cisterne che devono aver accolto l’acqua del diluvio; terrazzamenti pensili come a Babilonia; scale a spigolo vivo come nelle antiche insulae romane; residui di strumenti in materiali poveri per lavori altrettanto poveri e faticosi: tutto si trova in questo luogo lavorato nella gravina fin da tempi immemorabili, come la necropoli di Pantalica, in Sicilia, ma più grande perché luogo dei vivi e non dei morti. Tutto ma nessun monumento, verrebbe da dire, perché niente appare fatto per sfidare i secoli. Nessuna ostentazione: ogni cosa, invece, a testimoniare malgré soi un quotidiano ripetuto identico e senza gloria giorno dopo giorno nei secoli e nei millenni.

Bisogna andarci, a Matera, ed entrare nelle stanze scavate nella montagna in cui uomini e animali hanno trascorso la vita in simbiosi, coi secondi costretti a superare scale e antri per lasciare ai primi il privilegio della luce appena fuori dell’imboccatura. Bisognava - sarebbe stato davvero bello - andarci al tempo in cui (primi anni Sessanta) la ritrasse Mario Cresci. O appena prima, magari, quando non era ancora stata costruita la città nuova.

Adesso, fortunatamente, l’abbiamo così com’è. I “Sassi” - le voragini del tempo immemorabile - ci sono ancora coi loro labirinti cretesi. Per qualche anno dovremo subire le frasi altisonanti che sempre si accompagnano alle celebrazioni. Sentir parlare di popolo e di riscatto. Aspettare che terminino le orde di turisti recapitati in loco dalle agenzie per cui Matera e Maldive differiscono solo per tipologia di target. Poi, quando tornerà il silenzio, la quotidianità tenace e oscura, potremmo ancora sederci da qualche parte, di notte, ad ascoltare lo scorrere dell’unica cosa che noi uomini non possiamo fare, che nessuno può portarci a vedere, su cui nessuno può mettere la propria firma e che qui risulta invece palpabile come nessun’altra: il tempo della storia. Dovesse - la capitale della cultura 2019 - aiutarci a recuperare questa nozione, sarebbe il suo silenzioso, dimesso come sempre, trionfo.

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