L'intervista

Maurizio Carrara: «Racconto il mio Cesvi, quarant'anni di bene fatto bene»

Il racconto del manager. In un libro la straordinaria storia di aiuto ai Paesi poveri iniziata da 15 ragazzi bergamaschi

Maurizio Carrara: «Racconto il mio Cesvi, quarant'anni di bene fatto bene»
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di Bruno Silini

Il Cesvi è un “gioco” cominciato da un gruppo di giovani per aiutare alcuni italiani che facevano i volontari nei Paesi più poveri. Il papà, Maurizio Carrara, è un bergamasco dall’anima inquieta.

Come nasce questa avventura?

«Abbiamo cominciato a raccogliere fondi e a finanziare le iniziative dei nostri amici, persone che hanno un nome e un cognome e sono animate dalla volontà di fare del bene. E pian piano il tutto è diventato molto significativo, tanto da aver meritato riconoscimenti importanti, in particolar modo dall’Unione Europea. Riconoscimenti che ci hanno permesso di diventare un’organizzazione più grande. A quel punto ci siamo detti, da bergamaschi crapù, che potevamo diventare una delle più importanti organizzazioni italiane. Avevamo i numeri, la stoffa e anche le idee per farlo».

C’è anche un nuovo libro sui 40 anni del Cesvi, praticamente un consuntivo dei vostri progetti sparsi per il mondo. Ci dà una chiave di lettura?

«Il libro è la fissazione di uno come me, che s’accorge di diventare vecchio ma pensa che avere dei giovani di trent’anni che si danno da fare (come abbiamo fatto noi a suo tempo per inventare una cannoniera della solidarietà) sia un valore per la società. Il libro racconta questa impresa iniziata il 18 gennaio 1985 davanti a un notaio. Eravamo in quindici. Fossimo stati una fabbrica di tondini sarebbe stato straordinario lo stesso».

Qual è il vostro modo di fare solidarietà?

«La cosa più facile oggi è andare in Africa e aprire un ospedale; poi, con i soldi che raccogliamo a Bergamo, potremmo finanziare la sua operatività. Ecco, noi del Cesvi non facciamo così, perché sarebbe mero assistenzialismo. Per usare una metafora, noi tentiamo di dare la canna da pesca e insegnare a pescare a qualcuno, così che il suo mantenimento proceda poi in autonomia».

Il Cesvi è presente in 27 Paesi, ma il quartier generale resta a Bergamo. Quali valori della nostra città incarnate?

«Il valore della solidarietà va da sé, la capacità di fare squadra (copiata dagli Alpini) e poi una certa testardaggine nel voler realizzare degli obiettivi».

Lei è testardo?

«Mi chiamo Carrara: il richiamo alla durezza del marmo c’è tutto (...)

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