Impronte partigiane

«Mi stritolarono le mani nella morsa. Ma non parlai»: storie di partigiani albinesi

Oggi, sabato 22 aprile, si scoprono le targhe dedicate alla famiglia di Alessandro Signori e ai fratelli Franco, Giovanni e Camillo Begnigna

«Mi stritolarono le mani nella morsa. Ma non parlai»: storie di partigiani albinesi
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di Fabio Gualandris

Lasciare dei segni, delle impronte riconoscibili laddove sono nati o hanno vissuto i partigiani, i resistenti e gli antifascisti albinesi che hanno combattuto il fascismo e lottato per la libertà. Questo è il senso di “Impronte Partigiane”, progetto della sezione Anpi di Albino curato dal prof Angelo Calvi e dal presidente dell’Anpi provinciale di Bergamo, Mauro Magistrati. Anno dopo anno, su iniziativa del Comune di Albino e della locale sezione Anpi intitolata a “M.O. Vittorio Gasparini ed Ercole Piacentini”, si amplia il percorso a tappe che è pellegrinaggio laico della memoria.

In prossimità della festa della Liberazione, tre gli appuntamenti in programma oggi, sabato 22 aprile: alle 15 lo scoprimento della targa dedicata alla famiglia di Alessandro Signori in via San Benedetto 19 nella frazione di Fiobbio; alle 16, alla presenza del sindaco di Albino, Fabio Terzi, lo scoprimento della targa dedicata ai fratelli Begnigna in via monsignor Camillo Carrara 8 ad Albino; infine, alle 20.45, all’auditorium Benvenuto e Mario Cuminetti in viale Aldo Moro 2/4, Il volo delle farfalle, rappresentazione teatrale sulla Resistenza a cura della compagnia teatrale Honio Teatro, scritta e diretta da Piero Marcellini (ingresso libero fino a esaurimento posti).

«Nella giornata del 25 aprile invece - spiega Gabriella Bortolotti, presidente dell’Anpi di Albino -, i membri della nostra sezione parteciperanno autonomamente alla manifestazione a Bergamo. Ci ritroveremo per il pranzo all’oratorio di Albino, seguirà la posa di un fiore rosso alle “Impronte partigiane femminili”, sulle targhe che ricordano Serafina Consoli in piazzale Caduti e Mimma Quarti in viale stazione all’altezza del ponte Romanico».

Proponiamo di seguito le storie degli albinesi ricordati in questa tappa di “Impronte Partigiane”.

La famiglia di Alessandro Signori

Alessandro Signori

Alessandro Signori, classe 1904, sertùr (sarto), dopo aver perso una gamba nelle cave delle coti sul monte Misma, trasforma la casa di via San Benedetto 19, Fiobbio, in un punto di riferimento per i partigiani di tutte le formazioni. Qui trovano riparo, via di fuga sul monte, viveri e armi, dal settembre 1943 e specialmente nell’inverno 1944-1945. Le staffette delle varie formazioni fanno centro a casa sua e la moglie Teresina Testa fa da staffetta, portando, anche in Val del Riso, ordini del Cln, così come il figlio Aldo, pur giovanissimo, che accompagnò lungo i sentieri del Misma Plinio de Poli, Ruggero Roggeri e altri ribelli.

Con l’appoggio di buona parte del paese di Fiobbio, trovarono temporanea ospitalità anche militari in fuga dopo l’8 settembre 1943 e alcune donne ebree, confuse come parenti francesi del sertùr.

Queste informazioni sono tratte dalla scheda compilata nel dopoguerra dallo stesso Alessandro Signori per il Corpo Volontari della libertà e da testimonianze del figlio Aldo.

I tre fratelli Begnigna partigiani

Francesco “Franco” nacque il 16 gennaio 1909; Gio Battista “Giovanni” il 21 settembre 1913, morì a Nembro il 24 maggio 1984; Camillo il 4 maggio 1921, morì a Nuttwill (Svizzera) il 5 febbraio 1944. Figli di Antonio e Maria Teresa Dentella, lui salumiere in piazza Camparo ad Albino.

La loro memoria di partigiani si è persa ad Albino, anche per il trasferimento dei due sopravvissuti alla guerra di Liberazione dal nazi-fascismo, Franco e Giovanni, rispettivamente nel centro-sud d’Italia e a Nembro. Si è addirittura incerti sulla grafia del cognome, Benigna secondo l’anagrafe comunale, Begnigna secondo le schede Cvl (Corpo Volontari della Libertà) e lapidi cimiteriali di famiglia. Difficile anche il loro riconoscimento nelle poche fotografie di gruppo.

E sì che i due avevano lasciato un dettagliato rapporto, anche se incompleto, sulle loro vicende partigiane, nelle schede da loro compilate nel primo dopoguerra per il Cvl, rilevate, come per tutti gli altri partigiani albinesi, da Giampiero Tiraboschi nell’archivio dell’Isrec di Bergamo.

Il più anziano, Franco, prima dell’8 settembre 1943, aveva già svolto 18 anni di servizio come capo meccanico di marina sul torpediniere Sirio a Taranto; Giovanni 30 mesi come sergente di artiglieria a Bressanone. Entrambi erano sposati, Giovanni già padre.

Al momento dell’armistizio dell’8 settembre 1944, Franco è ad Albino in convalescenza di 40 giorni; i tre fratelli non si schierano con la R.S.I di Mussolini, alleato subordinato ai tedeschi nazisti, lasciano le rispettive famiglie, ed entrano in un distaccamento, a Ganda, della brigata partigiana capeggiata da Ettore Briolini; vi è presente anche Renzo Cugini. Questa, ai primi rastrellamenti nazi-fascisti, è dispersa. Camillo con altri ripara in Svizzera; malato di tubercolosi, qui muore il 5 febbraio 1944. Franco e Giovanni si tengono nascosti, il primo a Venezia. (...)

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