I CAPITANI DELL'ATALANTA

Mimmo Gentile, che guidò la Dea nella cavalcata in Coppa Coppe

Mimmo Gentile, che guidò la Dea nella cavalcata in Coppa Coppe
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La sera che l’Atalanta affronta il Malines, Bergamo scintilla nell’emozione. Ha già superato lo Sporting Lisbona e una semifinale così nessuno l’aveva mai vista. In giro non si parla d’altro, e quelli che non dicono è perché la scaramanzia ha preso il sopravvento una volta per tutte. Certo l’andata non era finita come nei sogni. Ma c’è il ritorno, e se gira come deve girare vai a giocarti la finale di Coppa delle Coppe contro l’Ajax. Pensi a Garlini, a Bonetti, ovviamente a Stromberg. Gente buona a fare gol, insomma: a ribaltare la sorte. Ma il capitano di quella squadra è un uomo di passione e sentimento, che parla quanto basta. La sera che l’Atalanta affronta il Malines Mimmo Gentile ha 34 anni. Gli chiedono: «Questa è la partita più importante della carriera?». Risposta: «Per anni ho visto il calcio europeo in tv, dovevo arrivare a fine carriera per togliermi lo sfizio di essere tra i protagonisti».

Atalanta_1987-1988
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Per molti è sempre stato soltanto l’altro Gentile, quello che non aveva vinto il Mondiale in Spagna nell’ ’82 e che non aveva giocato nella Juventus delle coppe e degli scudetti. Ma Mimmo è, come tutti i capitani, gratificato dalla riconoscenza per quello che il calcio gli ha donato. Cresciuto nella Salernitana, il salto in Serie A Gentile lo fa con il Foggia. Una volta, alla sua seconda stagione, entra in campo e segna il gol che serve a battere il Bologna. A Foggia se lo ricordano ancora. Poi  si trasferisce al Verona, al Genoa ci va dopo. All’Atalanta ci arriva invece in un pomeriggio d’estate. È il 1983, e in poco tempo Gentile diventa un punto di riferimento per la squadra e per la gente. Duro, ruvido, ma con l’aria di un attore all’apice della carriera. L’incredibile si verifica nella stagione 1987/88, e ovviamente c’è anche Gentile con la fascia al braccio. L’Atalanta era retrocessa in B, ma gli incroci del destino sono strani e in ragione della finale di Coppa Italia conquistata l’anno prima dal Napoli campione d'Italia l'anno prima, i bergamaschi possono andare a giocarsi la Coppa delle Coppe. Non durerà, dicono gli scettici.

 

 

Invece dura. E Gentile è il capitano di quella cavalcata di sogni. I nerazzurri battono i greci dell’Ofi, poi lo Sporting Lisbona, in semifinale ci sono i belgi del Malines. Bergamo impazzisce. «Ho incontrato dei tifosi - raccontò Gentile - e gli ho chiesto se venivano su in Belgio. No, hanno detto, preferiamo venire a Strasburgo per la finale. Io non vorrei che attorno all' Atalanta ci fosse troppo entusiasmo. Prima eravamo dei materassi, e adesso cosa siamo diventati?». Lui, e anche quell’Atalanta, sono diventati il simbolo di come si scavalca l’impossibile. La notte contro il Malines non finisce bene. L’Atalanta perde, in finale ci vanno i belgi. Però quella cavalcata è rimasta nella leggenda. Come qualcosa da tramandare. Di padre in figlio, di figlio in figlio. La fascia ce l’aveva Mimmo Gentile.

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