Successo e sogni futuri

Monica, la bergamasca che sfida il mondo a braccio di ferro

Monica, la bergamasca che sfida il mondo a braccio di ferro
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Sesso debole a chi, scusate? Provate a dirlo a Monica Carenini, se ne avete il coraggio. Ché dietro a quella faccia dolce si nasconde una leonessa, ma soprattutto la campionessa internazionale di braccio di ferro. Il titolo è arrivato lo scorso 29 ottobre al Park Hotel Ca Noa di Brescia, dove Monica ha battuto in finale la ben più esperta svizzera Leila Laubergher. È nata una stella insomma, perché Monica, in realtà, pratica questo sport (sì, sport) soltanto da agosto e questo titolo è frutto meramente della sua «predisposizione genetica», dice. Da Monte Marenzo, dove vive e lavora, è pronta a prendersi il mondo a colpi di bicipiti. Al suo fianco c’è Nicola Fiananese, presidente dell’Associazione sportiva dilettantistica team braccio di ferro Bergamo e allenatore riconosciuto dalla Federazione scuole braccio di ferro Italia. La sua palestra è in via Gasparini ed è aperta a chiunque volesse provare.

 

 

La palestra e gli allenamenti. Un po’ come ha fatto Monica l’estate scorsa: «Mi ha sempre affascinato il braccio di ferro - racconta la trentenne di Monte Marenzo -, per gioco sfidavo spesso amici o amiche. Una volta ho sfidato Emanuele, un allievo di Nicola. Mi ha detto che ero forte e che avrei dovuto provare a fare agonismo. L’ho ascoltato e... Ora eccomi qui». Ci si allena una volta a settimana, sempre su un tavolino regolamentare. Niente palestra, quella viene dopo, quando si inizia «un lavoro di potenziamento e resistenza», spiega Fiananese, che ha due bicipiti che solo a vederli mettono paura. Anche per lui il braccio di ferro è una passione che viene da lontano: pugliese di origine, si è trasferito a Bergamo con la famiglia quand’era soltanto un ragazzino, ma proprio qui ha scoperto l’amore per uno sport che «esiste sin da quando esiste l’uomo».

Il talento di Monica. Attualmente i suoi atleti sono sette, ma ammette che Monica ha un talento speciale. Da buon allenatore, però, non le concede troppe pause: «È forte, ma se vuole migliorare e arrivare a confrontarsi con le più forti dovrà sicuramente iniziare a fare palestra». Il talento di Monica, infatti, è tutto frutto della genetica. Ma anche della fatica: «Mio padre ha un’azienda agricola e sin da piccola sono stata abituata ad aiutarlo. Tra fieno e legna, i muscoli ti vengono». Roba di famiglia, visto che la sorellina minore gioca a football americano. Maschiacci, verrebbe da dire. Lei sorride: «Siamo quattro sorelle, ma abbiamo sempre aiutato papà tra animali e altri lavori. Diciamo che non gli abbiamo fatto sentire la mancanza di un figlio maschio».

 

 

Di professione, però, Monica fa la commessa in un alimentari sin da quando ha 15 anni: «Non mi piaceva studiare, volevo aiutare mio padre e mia madre. E così, appena ho potuto, mi sono data da fare. Ma ora sto realizzando il mio sogno». Il braccio di ferro? «No. Cioè, sì, quello è bellissimo, ma sto per finire il corso di formazione per diventare macellaia. Non vedo l’ora. Mi piace proprio: lavoro dalla mattina alla sera, ma arrivo a casa contenta».

Casa in cui l’aspetta suo figlio Roberto, due anni, un peperino tutti riccioli: «Spero abbia preso da me», scherza Monica. Il piccolo Roberto è anche il suo primo tifoso: «Ho preferito non venisse a Brescia. Temevo che in quella confusione, tra le grida e la gente, si spaventasse. Invece quando gli ho mostrato il video della mia vittoria si è esaltato». Una vittoria che ha portato in dono a Monica... «Una medaglia. E basta». Ma come? «In Italia non si possono vincere premi in denaro perché, secondo la legge italiana, da sport diventerebbe gioco d’azzardo - spiega Fiananese -. La speranza è che ora, diventando sport olimpico, le cose cambino un po’...».

 

 

La vittoria. Pare infatti che presto il braccio di ferro venga riconosciuto come una disciplina olimpica. Un cambiamento che farebbe un gran bene a un movimento che, di anno in anno, sta raccogliendo sempre più consensi e iscritti in Italia. Intanto ci si accontenta (si fa per dire) di un titolo internazionale, no? «Io sono felicissima - continua Monica -. Non mi sarei mai aspettata di vincere, tanto che ho detto sia alla famiglia che agli amici di non venire. Pensavo avrei perso tutte le sfide». Invece, una via l’altra, ha battuto tutte le rivali. Anche se la finale contro la svizzera Laubergher ha avuto il suo momento thrilling: «Ero riuscita a piegarla subito, ma il mio gomito era uscito dal cuscinetto regolamentare: fallo. Se avessi commesso un secondo fallo avrei perso. E così, nel secondo “round”, ho preferito fosse lei ad attaccare. Sono rimasta sulla difensiva, ero concentrata soprattutto nel mantenere la posizione. Poi, quando ho percepito che la sua forza stava calando leggermente, ho contrattaccato. E ho vinto».

Il futuro. Le prossime tappe sono la Coppa Italia e poi i campionati italiani, tornei utili per accrescere il bagaglio d’esperienza di Monica. Ma quali sono i suoi obiettivi? «Per ora, diventare macellaia e iniziare ad allenarmi anche in palestra e non più solo in stalla» dice. Ma il suo allenatore guarda più in là: «Se metterà dedizione nel lavoro di potenziamento, sono certo che possa fare tanta strada. Non so se riuscirà ad arrivare a sfidare i più grandi campioni in America, dove girano pure tanti soldi, però ha potenziale». Davanti ai complimenti, Monica abbassa lo sguardo e fissa le mani sorridendo: «Sono una ragazza semplice, mi diverto e non guardo troppo in là. Voglio migliorarmi, certo, ma solo perché mi piace il braccio di ferro. Mi piace sfidare l’avversario, ma soprattutto la mia stessa forza. Durante l’incontro non penso a niente e non sento niente. Sono concentrata soltanto su di me. Forse è questa la mia forza». O forse il fatto che Monica sa davvero cos’è la fatica. Il braccio di ferro, in fondo, è solo uno sport.

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