La geniale idea di Mr. Moog che cambiò la voce della musica
Oggi è qualcosa di familiare alle nostre orecchie, ma esattamente cinquant’anni fa si trattò di una vera e propria rivoluzione: correva il 1964, quando Robert Moog, all’epoca sconosciuto ingegnere elettronico, ideò quello che sarebbe diventato uno dei principali protagonisti della musica moderna, il sintetizzatore. Non fu facile, intendiamoci: Moog dovette lottare parecchio, prima di riuscire a convincere il mondo della genialità ed utilità del suo prodotto, ma tale era la sua convinzione che non desistette di fronte alle prime delusioni. E il tempo gli ha dato ragione.
Gli inizi. Mr. Moog si laureò in ingegneria elettronica alla Columbia University e fin da subito decise di applicare le sue conoscenze scientifiche al campo della musica. In particolare, fu l’incontro con Raymond Scott, brillante pianista jazz e primo vero teorico dell’applicazione dell’elettronica al suono melodico, a convincere Moog a cimentarsi in questo nuovo e rivoluzionario campo. Fu così che, ad un convegno dell’Audio Engineering Society del 1964, presentò al gotha newyorkese delle avanguardie musicali il suo nuovo strumento: un enorme apparecchio tutto cavi e manopole, il quale desta curiosità nel pubblico, ma nulla più. Moog non demorde, e nei successivi quattro anni affina ulteriormente il suo prototipo, ripresentandosi nel 1968 di fronte alla medesima platea e con un brano realizzato insieme al compositore Walter Carlos (oggi Wendy Carlos, in seguito ad una operazione chirurgica): si trattava dell’ultimo movimento del terzo concerto brandeburghese di Bach, interamente realizzato con il suo apparecchio.
Fu un interminabile scroscio di applausi, che decretò l’inizio dell’ascesa del “Moog”, come venne ribattezzato l’impianto, in onore del suo inventore. Il brano Switched-on Bach trova asilo presso la produttrice discografica Columbia (oggi Cbs) ed in poco tempo scala senza posa tutte le classifiche musicali, vendendo 500 mila copie ed aggiudicandosi ben tre Grammy Awards, uno dei premi statunitensi più importanti nel settore della musica.
Il successo. Un’ulteriore pennellata che donò al Moog tinte ancora più leggendarie arrivò dalla musica classica: venuti a conoscenza del progetto di Stanley Kubrick relativo al film Arancia meccanica, l’ormai inscindibile duo Moog-Carlos realizzò una versione sintetizzata della nona sinfonia di Beethoven, presentandola al regista, che la scelse come colonna sonora. Fu un successo. Ma c’era un problema: il Moog era perfetto per la realizzazione di musiche in studio, ma decisamente poco pratico per le performance dal vivo. In un periodo che vedeva l’esplosione del rock e di performance live come mai se ne sono più viste, ecco che questa grande innovazione rischiava di rimanere fuori dal mercato e dalla musica che conta. La risposta non si fece attendere: insieme ai suoi tecnici, Moog ideò il “miniMoog”, un’apparecchiatura che garantiva le medesime prestazioni del suo fratello maggiore, ma decisamente più piccolo e agevole da portare in giro. I grandi della musica si accorsero ben presto delle potenzialità rivestite dal miniMoog per i concerti, e ne approfittarono immediatamente: dai Doors ai Rolling Stones fino ai Beatles e ai Pink Floyd, che realizzarono The dark side of the moon, uno degli album più venduti di tutti i tempi.
Il Moog oggi. Con l’avvento delle discoteche e con la progressiva elettronicizzazione della musica, il Moog e i suoi discendenti sono diventati imprescindibili strumenti per chiunque voglia fare musica moderna. Robert Moog, dunque, che nel 2005 è morto a causa di un fulminante tumore al cervello, può legittimamente essere considerato un padre della musica.