Era un bersagliere

Mozzo piange Aldo Semperboni, che sapeva cogliere tutta la bellezza di un fiore

Dopo le escursioni, annotava tutto sul suo taccuino. «Spesso le organizzava per immortalare delle varietà floreali, coglieva l’attimo»

Mozzo piange Aldo Semperboni, che sapeva cogliere tutta la bellezza di un fiore
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di Dino Ubiali

Aldo Semperboni era un bersagliere nato in montagna, che amava e della quale ha fatto una ragione di vita. Ma le sue camminate per i sentieri verso le vette ora lo hanno portato più in alto, sopra le nuvole. Semperboni è mancato lo scorso sabato (29 luglio) mentre stava cenando, se ne è andato in silenzio come quando ammirava i panorami in cima ai monti.

Classe 1931, nato a Lizzola, era terzo di sette fratelli. Il papà Luigi era responsabile della centrale idroelettrica ai Dossi di Valbondione. L’infanzia e l’adolescenza di Aldo sono trascorse in mezzo ai boschi, fino al trasferimento del papà all’Enel di Ponte San Pietro. Prima di partire per militare con suo fratello Romolo, i due compiono l’impresa: in bicicletta fino a Roma per l’anno santo nel 1950. Viene arruolato nel 1952 e destinato al 8° reggimento Bersaglieri Ariete di Pordenone, dove ottiene la specializzazione di bersagliere motociclista.

Al rientro, ottiene il posto alla Legler come chimico tintore e ci rimane per 14 anni. È qui che conosce la giovanissima Lucia, con la quale convola a nozze. Dopo alcuni anni nasce Lauretta e nel 1981 la famiglia si trasferisce a poche centinaia di metri, dal Villaggio Santa Maria al Pascoletto di Mozzo. La sua carriera lavorativa lo porta prima in un’azienda tessile a Seveso e poi alla Rivolta e Crivelli di Agrate Brianza come tintore.

«Ogni giorno passava la corriera dell’azienda a prendere i suoi dipendenti e Aldo saliva alla fermata di Ponte San Pietro» racconta la moglie. Da sempre appassionato di montagna, solo con la pensione, oltre trent’anni fa, riesce a frequentare le vette con più assiduità. Prima con il Cai di Ponte San Pietro e il Gem di Mozzo, poi con il gruppo da lui fondato insieme all’amico Pino: i “Se ghe nè ”.

«Nel gruppo degli appassionati c’era uno che cantava sempre la canzone “Se ghe nè de bambi an sa det a noter, però ghe ne di oter pie bamb, i amo de noter” - ricorda la figlia Lauretta - e così  quando il gruppo di appassionati decide di darsi un nome, “Se ghe nè” risulta la naturale soluzione» (...)

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