A San Pietro

Nadia Beonio, la prof bergamasca maestra dei chierichetti in quel del Vaticano

Per quarant'anni, durante le vacanze, ha aiutato i ragazzi del preseminario. Ha conosciuto tutti i papi da Paolo VI a Francesco

Nadia Beonio, la prof bergamasca maestra dei chierichetti in quel del Vaticano
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di Paolo Aresi

«Quando arrivavano le vacanze, estive, di Natale e di Pasqua, io lasciavo Bergamo, andavo in Vaticano perché dovevo tenere la scuola del pre-seminario di San Pietro: gli insegnanti titolari andavano via e tanti ragazzi pure tornavano nelle loro case, ma non tutti, perché comunque nella basilica del Papa le funzioni e le messe non si fermavano... c’era bisogno di qualcuno che stesse con i ragazzini, organizzasse, li aiutasse... e questo era il mio compito in Vaticano».

Nadia Beonio vive a Bergamo, in via del Guerino, da tanti anni, ha sempre vissuto in questa zona, da prima che nascesse il quartiere di Monterosso. La chiamano la signora dei Papi perché per il suo lavoro in Vaticano ne ha conosciuti diversi a cominciare da Papa Paolo VI e da Papa Giovanni Paolo II.

Ma è vero che Papa Wojtyla era di destra e che Papa Bergoglio è di sinistra?

«Io penso che queste etichette nella Chiesa non valgano molto. Io dico questo: Papa Wojtyla e Papa Bergoglio si somigliano molto: sono uomini veri, persone forti, schiette, sincere, che hanno conosciuto il mondo, la vita. Tutti e due umani, simpatici, tutti e due profondamente interessati alle persone. Sensibili, preoccupati di collegare sempre umanità e religiosità. Li ho amati molto tutti e due».

Nadia con Papa Giovanni Paolo II

E gli altri Papi?

«Di Ratzinger dico che era una persona riservatissima, difficile entrare in contatto con lui. Lo conoscevo molto prima che diventasse Papa perché ero amica della sua governante, Ingrid. Lui era proprio un intellettuale, stava molto per i fatti suoi, in casa. Papa Luciani l’ho conosciuto, ma poco perché purtroppo è morto presto; ho incontrato il fratello, lo vidi un giorno in piazza San Pietro, era appoggiato a una balaustra, non sapevo bene chi fosse, ma pensai che potesse essere il fratello perché l’avevo visto sui giornali, allora mi avvicinai, gli ho chiesi come stesse. Lui mi disse che stava pensando. Mi disse che voleva andare sulla tomba del fratello. Allora gli risposi di seguirmi. Diventammo amici, una persona semplice, splendida anche lui».

Ma lei come ci è arrivata in Vaticano?

«Ero già sposata e avevo tre figli, Efrem, Sem, Lucia. Mi ero diplomata maestra dalle Canossiane di via Pignolo e insegnavo nelle scuole medie quando ancora non avevo la laurea perché era appena stata istituita la media unica, erano gli anni 1964 e 1965 e non c’erano professori sufficienti. Mi sono laureata alla Cattolica di Milano che già ero sposata».

Sì, ma come è arrivata in Vaticano?

«Una mia sorella più giovane si fece suora, emise i voti a Roma nella congregazione della Madonna del Divino Amore e io andai con mio marito e i miei figli alla cerimonia. Alloggiammo in una casa delle suore di Maria Bambina, appena fuori dal Vaticano. Il mio figlio più grande, Sem, quando entrò in San Pietro rimase estasiato e mi disse: “Mamma, tu volevi farmi fare il chierichetto in San Colombano, ma io qui il chierichetto lo farei davvero...”. Venimmo a sapere che in Vaticano c’era il pre-Seminario, che era in pratica la scuola dei chierichetti, ci dissero che nel primo mese i ragazzi venivano condotti alla scoperta della Basilica e che poi facevano un esame: se passavano venivano presi nel collegio, facevano i chierichetti e andavano regolarmente a scuola; una vita da collegio con in più il servizio agli altari, che sono ben ventitré, dalla mattina alle sette. I ragazzi in collegio erano sessanta. Sem disse che si sarebbe fermato lì e io risposi che andava bene, ma in realtà mi dispiaceva terribilmente, ma non potevo fermarlo. Era entusiasta. Allora non c’erano i telefonini, ci sentivamo soltanto in certi giorni a orari stabiliti dalle suore. Ecco, in Vaticano ci sono arrivata così».

Ci racconti dei papi. Come ha conosciuto Paolo VI?

«Paolo VI l’ho incontrato grazie a monsignor John Magee, che era uno dei suoi due segretari, l’altro era monsignor Macchi. Magee era irlandese, una persona bravissima. Anche mio figlio Sem adesso vive in Irlanda, lui è un genio dei computer. Papa Luciani l’ho incontrato poco, ma voleva molto bene ai chierichetti. Con Papa Wojtyla ho avuto un rapporto di grande simpatia. Aveva conosciuto mio figlio che faceva il chierichetto, gli chiese come stava. Mio figlio rispose che stava bene, ma che soffriva perché poteva chiamare la mamma di rado. Allora il Papa gli mise a disposizione il telefono e gli disse di chiamarmi. Mi ricordo quella telefonata, mi preoccupai perché era fuori dagli orari soliti... Sem mi disse: “Mamma sono qui con il Papa...” e io restai di sasso. Poi incontrai il pontefice nei giardini vaticani, lui fu simpatico e disponibile e mi disse di andare a lavorare in Vaticano durante le vacanze. Mi fece conoscere il capo dei gendarmi, le due suore polacche, il segretario».

Quindi cominciò a lavorare con Papa Wojtyla?

«Sì, eravamo a fine Anni Settanta e (...)

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