È NATO IL NUOVO TONI

Pellè, la rivincita dell'esiliato

Pellè, la rivincita dell'esiliato
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Non è più un paese per giocatori italiani, e ormai lo sappiamo. Lo abbiamo capito con la parabola del figliol prodigo Graziano Pellé, che avevamo perso e poi ritrovato e infine rinnegato per un pugno di affascinanti bomber stranieri senza futuro. Solo adesso che Antonio Conte ha deciso di dargli (e finalmente) una possibilità in nazionale, ci accorgiamo di quanto talento che abbiamo lasciato fuggire via, lontano da qui, da un campionato che una volta chiamavano il più bello del mondo e che adesso il mondo intero snobba. Così anche i calciatori emigrano in cerca fortuna. Puntano il dito sulla cartina, fanno la valigia, e se ne vanno socchiudendo la porta: «Mi rimpiangerete»

Oggi ci stupiamo di come Pellé possa essere diventato una celebrità lontano dai campi della Serie A. Era il 2012 quando Graziano decise, e per la seconda volta, di abbandonare l'Italia. Le aveva provate tutte. A Parma gli diedero dieci gettoni di presenza, alla Sampdoria (in B) una dozzina. Pochi, troppo pochi per dimostrare che l'attitudine al gol ce l'ha nel sangue. Decise allora di tornare in Olanda, dove già era stato cinque anni (dal 2007 al 2011) e con la maglia dell'Az Alkmaar si era guadagnato la fama di buon attaccante. La seconda volta lo prese il Feyenoord e nel giro di qualche anno Pellé realizzò più di cinquanta gol tra campionato e coppe, abbastanza per diventare l'idolo del popolo biancorosso. Una volta, contro il Groningen, si esibì in uno dei suoi numeri preferiti: il cucchiaio dagli undici metri.

Paragonato a Toni per stazza e sentimento, di Pellé è sempre stato impossibile non accorgersi. Infatti in estate lo nota Ronald Koeman, olandese non a caso, che per 8 milioni di sterline decide di portarselo al Southampton. Qualche giorno fa il Telegraph ha chiesto ai sui lettori di indicare l'uomo della stagione. Tra Balotelli e Falcao è spuntato Pellé. Nelle prime sei giornate Graziano era andato a segno quattro volte, e certe cose agli inglesi spezzano il cuore e li fa sciogliere in brodo di giuggiole. Ma amore è diventato dopo, contro il Queens Park Rangers, quando Pellé si è visto arrivare un pallone tagliato. Allora ha fatto un balzo, girato il corpo e colpito il pallone in aria. Una mezza rovesciata a cui sono seguiti minuti di applausi, tutti per lui. Quel giorno c'erano cinquemila spettatori. Certi (quelli del Guardian) lo paragonano a Pelé, ma con una elle di troppo, e tanto basta a comprendere la misura della Pellémania che sta dilaniando in Inghilterra.

Fino a ieri è stato l'ombra di un bidone, oggi che Conte lo ha chiamato a Coverciano è il nuovo oracolo. Di Graziano Pellé esiste già una vasta letteratura romantica. Per molti è "l'incompreso", per altri "l'italiano dimenticato", altri invece lo definiscono "uno buono solo per l'Olanda" e ovviamente sono stati già smentiti. Esordì in Serie A a diciannove anni esatti con la maglia del Lecce. Poi lo mandarono in Serie B a crescere un po'. Crotone, Cesena, l'Europeo con l'Under21. Il ragazzo si farà, dicevano. Non per Van Gaal, che lo fece comprare all'Az Alkmaar. Pensando di aver dimostrato abbastanza, Pellé chiamò la prima agenzia di viaggi e fece un biglietto per l'Italia sola andata. Scese a Parma. «Adesso sono pronto per la Serie A», disse. Durò un anno. Tornato all'estero ha ripreso a segnare, e a sognare.

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