Raffaella tra le panzer tedesche La favola di vincere con il Bayern
All'inizio è stata dura. Passava le sere a casa, in silenzio o davanti alla tv nel suo appartamento di Monaco. Le veniva da piangere e allora accendeva il computer, chiamava mamma e papà su Skype e l'Italia le sembrava un po' più vicina. A vederla oggi sembra passata una vita. In tre anni Raffaella Manieri ne ha fatti di progressi. Ha imparato a capire se stessa, ha imparato un po' di tedesco e ha seguito quella sua passione per il calcio che domenica l'ha portata a vincere il secondo scudetto consecutivo con la maglia del Bayern Monaco. «Sono molto felice - racconta lei con l'aria di chi sa sognare -, vincere in Germania non è facile. Abbiamo dato tutto e alla fine siamo riuscite a conquistare questo titolo che non è mai scontato,». Il calcio femminile tedesco è «duro, tecnico, competitivo» e, aggiunge ancora, «per questo vincere è ancora più bello». Quando parla Raffaella ha un sorriso grande così, e figurati dopo aver battuto il Leverkusen. A due giornate dalla fine le panzer tedesche possono festeggiare un altro traguardo incredibile. Un traguardo che per Raffaella vale ancora di più.
Nata a Pesaro, 29 anni, Raffaella sentiva il calcio dentro. Il papà gestiva una piccola società sportiva (lo fa ancora) e siccome era lei l'unica femmina le toccava giocare in mezzo a tutti quei ragazzini. Bravissima, già da piccola. Ma in Italia il calcio è roba da maschi. Per andare avanti ci vuole la tigna. Nella Bergamasca, per esempio, ci sono più di 1.200 ragazze che corrono dietro a un pallone. C'è una cultura lenta, fragile, piena di pregiudizi. Ma in continua espansione. Tra serie A, B, C e D le prime squadre, quelle dei grandi, arrivano fino a sei. Mozzanica è la realtà più prestigiosa del panorama Figc. Poi c'è il Csi, con altre 40 squadre e quasi mille ragazze. Però il professionismo è un'altra cosa. Quando giocava in Italia Raffaella si arrangiava, si comprava la scarpe, faceva sacrifici. «Ma le cose stanno cambiando - racconta -, speriamo di poter arrivare ai livelli della Germania perché noi italiane il calcio l'abbiamo dentro». Per affrontare le cose con maggiore serenità le donne del pallone devono guardarsi attorno, tentare una strada diversa, cercare un posto migliore.
In Germania, infatti, le cose funzionano davvero. Le donne sono professioniste a tutti gli effetti (da noi ancora no), hanno un contratto, utilizzano le strutture del club (nel caso di Raffaella quelle bellissime del Bayern Monaco), addirittura hanno il loro blocchetto di fotografie per gli autografi. Multa, se lo dimentichi a casa. Perché sì, il calcio femminile ha un pubblico molto vasto. Ovviamente il primato è negli Usa. E non solo perché le ragazze a stelle e strisce sono campionesse del mondo. In Europa è la Germania al primo posto. «Qui è tutto organizzato e il tempo è sempre poco. Ci alleniamo tutti i giorni, pensiamo solo al calcio», dice ancora Raffaella. Non che non abbia vinto nulla in Italia, anzi. La Manieri vanta sette titoli in sette stagioni: Bardolino (2007/2008) e Torres (2009/2010, 2010/2011, 2011/2012, 2012/2013). «Ero arrivata al limite. L'Europeo mi ha permesso di essere vista e mi sono fatta una settimana di prova, diciamo così, per capire bene. E poi ho scelto». Voleva di più. Così si è trasferita a Monaco. L'impatto non è semplice. Il tedesco è duro da imparare, i ritmi di vita sono diversi, Raffaella si sente sola. Anche l'allenatore non la vede, la lascia in panchina. Ma gli ostacoli si superano sempre, se c'è la voglia. L'anno scorso è arrivato il primo titolo, quest'anno il bis. «È un sogno che si realizza», dice lei. Per questo vale sempre la pena lottare.