Anniversari della Grande Guerra

Il ricordo dei fucilati di Leguzzano e il fante di Gandino che non sparò

Il ricordo dei fucilati di Leguzzano e il fante di Gandino che non sparò
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I fili della storia che si riannodano e offrono spunti di indagine a un secolo di distanza. È in programma domenica 6 agosto a San Vito di Leguzzano (Vicenza) la commemorazione dei 7 fanti dell’8° reggimento di marcia, fucilati in paese esattamente cento anni fa, il 6 agosto 1917. Un evento tragico e mai del tutto chiarito, sul quale è emersa negli ultimi anni un’incredibile testimonianza in terra bergamasca. A San Vito di Leguzzano in quei giorni era in servizio anche Angelo Savoldelli, fante di Gandino nato nel 1880, che annotò la propria testimonianza in un diario e che oggi è di fatto l’unica fonte diretta di quel triste episodio, altrimenti ricostruito attraverso documenti e racconti riferiti.

 

San Vito di Leguzzano negli Anni Trenta.

 

Il libro di Savoldelli. A riannodare i fili del tempo è stata innanzitutto nel 2001 la pubblicazione del libro Pellegrino a Lourdes e a Roma – 1908-1909 da parte di Angelo Savoldelli (nipote omonimo del fante) per le Edizioni Villadiseriane. Un libro dedicato in massima parte al racconto dei pellegrinaggi diocesani in Francia e in Vaticano, attraverso le pagine che Angelo Savoldelli scrisse di suo pugno con incredibile dovizia di particolari e uno stile certamente inaspettato per un umile contadino. In quel volume c’era una piccola appendice legata al racconto che Savoldelli fece della sua chiamata alle armi e degli anni della Grande Guerra. Angelo e il fratello Giovanni, alcuni anni fa ne portarono una copia a Leguzzano, incontrando alcuni storici locali.

«È una testimonianza lucida e molto dettagliata - racconta il nipote omonimo - nella quale il nonno segnala, con fede e umanità profonde, non tanto la piccola rivolta fra i soldati che portò alla fucilazione di sette fanti ritenuti responsabili, quanto il proprio travaglio interiore nel vedersi designato ad eseguire con altri commilitoni quella sentenza di morte. Un limpido racconto che denuncia, più di mille parole, l’assurdità della guerra».

 

San Vito di Leguzzano in una cartolina del Fante Pietro Calamandrei, che qui fu soldato nella Grande Guerra.

 

Un senso di sgomento. Sui fatti del 5 e 6 agosto a San Vito di Leguzzano (a pochi chilometri da Schio) gli storici hanno raccolto negli anni fonti documentali e testimonianze indirette, come narra un intero capitolo del libro San Vito e sanvitesi nella Grande Guerra, pubblicato da Giovanni Dalle Fusine e Paolo Snichelotto nel 2008. Erano gli anni in cui l’immane tragedia della guerra di trincea contro il nemico austriaco pesava non poco sulla popolazione e sulle truppe. Riassunse quel clima e quei giorni a San Vito don Tarcisio Raumer: «Noto un senso di sgomento, un certo malessere generale nei borghesi e nei soldati, tanto più inspiegabile quanto più felici furono gli ultimi successi militari, che ci portarono alla conquista dell’Altopiano della Baisizza, strategicamente importantissimo sulla fronte giulia. Ebbi l’impressione disastrosa dall’udire sul labbro d’un soldato (...) una frase che è divenuta come una parola d’ordine: "Un altro inverno non lo passeremo in trincea! Se non ci manderanno a casa, ci verremo noi"». A San Vito di Leguzzano in quei tristi anni fu in servizio anche Piero Calamandrei, fra i padri costituenti negli Anni Quaranta.

 

Angelo Savoldelli, seduto con i bambini, in una foto di famiglia.

 

L'"onore" di uccidere. Angelo Savoldelli  appartenente al 4° Battaglione del 91° Reggimento Fanteria Terza Compagnia, ricorda il ritiro delle cartucce da parte dei superiori per il malumore che serpeggiava. Nella notte fra il 5 ed il 6 agosto un gruppo di soldati promosse una sorta di rivolta, sparando in aria con fucili moschetti e rivoltelle. Il richiamo all’ordine fu perentorio e dopo un processo sommario al mattino fu decisa la fucilazione di sette soldati. Il Battaglione di Savoldelli, i cui soldati non avevano partecipato ai fatti della notte, fu “premiato” con l’onore di comporre il plotone d’esecuzione. Savoldelli si trovò ad essere il primo della fila di soldati che dovevano salire in un campo oltre la parrocchiale individuato come luogo della fucilazione. L’idea di uccidere qualcuno per Savoldelli era un peso insopportabile.

Un aiuto dall'alto. «Persuaso ormai che dagli uomini non mi potevo attendere nessun aiuto – scrisse nel diario – così risolvetti di cercarlo in alto, poiché solo lassù non si chiede ormai invano, solo da lassù si può sempre venir esauditi. Allora mi rivolgerò alla Madonna (…). Lei vede e sa come io non me la sento di sparare ad un uomo che forse è anche innocente; ad ogni modo io non voglio lordarmi le mani di sangue». Poco più tardi un segno provvidenziale che Savoldelli lesse come un auto dal cielo: il gruppo di soldati era salito troppo avanti sulla collina e il Tenente ordinò il retro front: da primo della prima squadra il fante di Gandino divenne l’ultimo dell’ultima squadra e in occasione dell’esecuzione ebbe soltanto compiti di guardia. Angelo Savoldelli, così come la sua famiglia, era profondamente legato alla Madonna d’Erbia, venerata nell’omonimo Santuario di Casnigo dove si ricordano le apparizioni del 1550 e del 1839, avvenute proprio il 5 e 6 agosto, le date dei fatti di S.Vito di Leguzzano.

Ca' Parecia, dove a gandino viveva Angelo Savoldelli

 

La commemorazione. Nel racconto di Savoldelli si citano altri fanti bergamaschi: Francesco Scandella di Clusone, Visini di Villa d’Ogna e Matteo Spampatti di Gandino, cui toccò il triste compito della sepoltura dei condannati. La commemorazione del 6 agosto 2017 a S.Vito di Leguzzano prevede alle 8.30 un percorso a tappe lungo il sentiero che dal paese porta al luogo della fucilazione, con lettura di brani del diario di Angelo Savoldelli a cura dell’attore Davide Dal Pra. In località Coste verrà inaugurata una stele commemorativa. Alle celebrazioni parteciperà una nutrita delegazione di Gandino, guidata dai nipoti di Angelo Savoldelli, con familiari e rappresentanti delle Associazioni Fanti di Gandino e Clusone.

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