Campionessa bergamasca

Roberta Marzani, la regina di spade

Roberta Marzani, la regina di spade
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«Alle elementari i miei compagni mi chiedevano: “Fai scherma? E che cos’è la scherma?”. A me, che andavo a prendere mio fratello agli allenamenti, la scherma era sempre parsa una cosa così normale. Mi sembrava strano che nessuno ne sapesse mai niente». Perché dipende sempre da che punto di vista guardi il mondo. Dal suo, Roberta Marzani scruta quello che ha fatto con una semplicità che noi invece non riusciamo a cogliere bene o fino in fondo. Ma come, hai battuto due tra le più forti spadaccine del mondo, Rossella Fiamingo e Alberta Santucci, a vent’anni hai conquistato il titolo assoluto ai campionati italiani di Gorizia e poi ci rispondi così: «È solo un buon punto di partenza. Sono giovane, posso migliorare ancora. Anzi, devo migliorare ancora. Questa vittoria l’ho presa con molta serenità». È uno dei grandi misteri dello sport: l’incoscienza del talento. E metteteci anche un briciolo di timidezza, quella non guasta mai e certi giorni è benedetta.

 

Roberta Marzani e le sue compagne campionesse del mondo nella spada

 

Però statene certi: Bergamo ha trovato la sua regina di spade. Semplice, gentile, educata. Ragazze come la Manzani affrontano la vita con una rara educazione ai sentimenti. «Ho cominciato che avevo sei anni. Mi ricordo quando accompagnavo mia madre a prendere Raffaello. Lei mi aspettava fuori, io scendevo nella pancia del palazzetto. E chiedevo: “Raffaello ha finito?”. Un po’ mi vergognavo. Lo imitavo in tutto. La nostra è una famiglia di farmacisti. Mamma Antonella e papà Sandro. Ma anche nonno Giancarlo e nonna Pupa. Ah, e poi c’è zio Raffaello, farmacista anche lui. Studio farmacia anche io. A Milano. Mi piace. La facoltà l’ho scelta per questo. Me la sto cavando, anche se non posso dedicarci tutto il tempo».

Gran parte del tempo se ne va nella scherma. Già nel 2014, ai Mondiali di Mödling, in Austria, Roberta vinse l’oro. Ma è quest’ultimo, autorevole successo ai Campionati Italiani che proietta la Marzani, atleta del Centro Sportivo Esercito, dritta nel giro delle future campionesse. La vedremo presto alle Olimpiadi, c’è da scommetterci. Pensare che il 2017 era iniziato maluccio. «Problema alla schiena, poi distorsione alla caviglia. A gennaio ho cambiato maestro. Zibi Demianiuk per me è stato molto più di un maestro di scherma, mi ha insegnato tanto anche umanamente: il valore del gruppo, la competizione sana, tutto. E mi ha insegnato a non perdere la testa. “Stai calma, non perdere la testa”, mi diceva. Perché quello è stato sempre un mio problema. Da cadetta impazzivo in pedana, tiravo male, sbagliavo, molti assalti li ho persi così. Certo, la scherma è una questione di testa. Senza quella dove vai? Adesso mi allena Enrico Nicolini alla Mangiarotti di Milano. Con lui mi trovo bene. A gennaio non sapevo bene dove sbattere la testa, troppo legata al mio vecchio maestro. Nicolini mi segue con calma e serenità. Sto bene».

 

 

Bene al punto che quest’anno è arrivato prima il titolo U23 e poi quello negli assoluti. Probabilmente andrà a giocarsi il titolo alle Universiadi, non c’è ancora nulla di certo. C’è tempo. Ma lei niente, non cambia prospettiva: «Sono ancora giovane, si vedrà se è un buon punto di partenza, se si evolverà. Certo, questi di Gorizia li avevo preparati bene, sapevo di poter dare molto. Pochi atleti, tutti fortissimi. Il punteggio alto però inganna. Non è stato così semplice. Con la Fiamingo ho preso il largo subito, ma continuavo a ripetermi: “Calma, testa sull’assalto, testa sull’assalto”. Perché lei, Rossella, è una che spesso parte male e rimonta. Contro la Santuccio invece sapevo di potermi trovare meglio: questioni tecniche. Dopo la gara ho festeggiato poco, ero distrutta. L’azzurro mi emoziona sul podio. Ma a essere sincera ci sono anche un po’ abituata. Ormai è qualche anno. Le Olimpiadi le guardo tutte, dal primo all’ultimo sport. Ma di sport non sono appassionata. Anzi, mi annoia anche. Sono una ragazza che divora le serie tv. Certo andare ai Giochi sarebbe bello, ma non ci penso, preferisco fare un passo alla volta, piano piano, senza fretta. Prima di una gara niente riti. Non mi piace ascoltare musica e isolarmi da tutto. Preferisco sentire il rumore del palazzetto, mi piace parlare con le persone, avere un contatto con quello che sto facendo. A volte non è tanto facile, la tensione diventa insopportabile. Ma poi penso che sono lì e che sto facendo quello che mi piace. E, dal mio punto di vista, è tutto bellissimo».

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