Sanremo a Conti fatti (siamo sicuri che fa bene?)

Sanremo 2015 è archiviata. Ha vinto il trio dei ragazzi di Antonella Clerici. Secondo Nek, che però si è preso due altri premi. Terza Malika Ayane, premio della critica. Gli altri a discesa.
Nel corso della serata sono intervenuti: due vecchietti di Scicli sposati da oltre sessant’anni. Abitano in via Sanremo.
Gianna Nannini che prima ha cantato L’Immensità - antica canzone sanremese di Don Backy, sempre bellissima - e poi la sua Sei nell’anima - bella anche lei (molto bella), di qualche anno fa. Ma è andata fuori tempo e allora si è fatta aiutare dal pubblico. Gli anni passano anche per la sua voce.
Giorgio Panariello, sosia di Renato Zero nella prima parte e di Benigni nella seconda. Aridatece gli origginali.
Will Smith, in promozione del prossimo film. Di una simpatia contagiosa: allegro, disponibile a far spettacolo, semplice. Divertito perché il traduttore simultaneo non aveva capito che doveva far sentire la voce di uno dei suoi doppiatori italiani, Pino Insegno, che era in sala. Una forza della natura. Ha raccontato che sua nonna cantava Volare e ci ha voluto far sentire dal vivo come se la ricorda. Anche la sua collega nel film, Margot Robbie, più ancora che bella (che già sarebbe bastato) sembrava contenta di essere lì, come fosse la reginetta del college la sera dei diplomi. Bravi, davvero. Si vorrebbe averli amici, come il giovane Holden diceva degli autori di certi libri.
Poi Ed Sheeran, il ragazzo inglese che sembra appena salito su dal garage dove si esercita alla chitarra con la band degli amici e che al momento è una star mondiale anche grazie all’uso strategico del web. Voce di quelle che si ricordano, ingegneria del suono molto curata. Tutto - voce e strumenti - di una limpidezza che nessuno dei concorrenti in gara ha fatto registrare. Questioni tecniche, forse.
Infine il clou della serata: il computer che elabora la classifica finale si incanta e spunta un improbabile Nek al nono posto. La sala rumoreggia, lo schermo si spegne, il presentatore entra in risonanza.
Panico per una ventina di secondi, poi va verso le quinte chiedendo a voce alta che gli diano almeno un foglio di carta e una matita. Niente da fare. Bisogna ancora aspettare.
Un colore come quello della faccia di Carlo Conti l’ho visto solo su un volo dal Canada, anni fa: c’era un anziano giapponese terrorizzato e in preda al mal d’aria che era diventato grigio con riflessi ciano.
Però si è ripreso bene. Molto bene. (Conti, non il giapponese). 54 percento di share: mai nessuno così in questo inizio secolo. Quando Nek era uscito, dopo la sua esibizione, gli aveva detto rapidamente che il suo Sassuolo aveva perso dalla Fiorentina: voglia di casa.
«La Rai è pronta a fargli una statua: "Al posto del cavallo di Viale Mazzini qualcuno vuol mettere me, Frizzi e Antonella Clerici", scherza Conti. Ma a Sanremo penserà poi. Ora è ansioso di tornare 'a casa': "L'unica cosa che ho chiesto quando ho accettato di fare il festival è stata di riprendere subito L'Eredità: per me è fondamentale che gli italiani mi vedano come quello che torna ogni sera a cenare con loro”.» [ANSA]
Appunto. È intervenuto anche Enrico Ruggeri, sul finale. Ha cantato una canzone che ha voluto essere un omaggio a Jannacci, Gaber, Faletti. Le foto dei defunti sul vetro della credenza.
Domanda: complessivamente, una cosa di questo tipo, una strategia così low profile, da minestrina in cucina, siamo davvero sicuri che giovi realmente al Paese, oltre che alla Rai?