L'addio a Paolo Villaggio

Sempre benedetto sia Fantozzi

Sempre benedetto sia Fantozzi
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Lo ha annunciato la figlia Elisabetta postando una tenerissima foto su Facebook. Si vede Paolo Villaggio giovane, atletico, a torso nudo sulla neve mentre tiene per mano i suoi due bambini. «Papà, ora sei libero di volare». Se ne è andato il ragionier Ugo Fantozzi, o meglio Fantozzi rag. Ugo, vale a dire un pezzo della nostra vita. L’uomo nelle cui verità e nei cui impacci tutti ci siamo riconosciuti. «Sfigato e felice, rende i poveri orgogliosi», aveva detto lui stesso per spiegare l’immensa simpatia che la sua creatura continuava a riscuotere a distanza di 40 anni nel cuore degli italiani. Simbolo dell’italiano medio, era frutto della sua fantasia letteraria, che Luciano Salice aveva poi trasposto in film. Fantozzi era infatti il cognome di un impiegato collega di lavoro di Villaggio in un'azienda in cui Villaggio aveva lavorato, la Italsider di Genova. Gli italiani lo avevano scoperto per la prima volta nel 1968 in occasione di uno sketch a Quelli della domenica. Tre anni dopo Fantozzi era diventato un libro, straordinario best seller. Nel 1975 l’esordio trionfale al cinema, primo di una lunga serie di appuntamenti.

 

Ciao papà ora sei di nuovo libero di volare ❤️

Pubblicato da Elisabetta Villaggio su Domenica 2 luglio 2017

 

Fantozzi è tutto vero. Questa è la sua forza. È l’antitesi del personaggio cinematografico che è creatura da set. Lui è invece l’emblema della normalità che per un caso bizzarro si conquista la scena, senza aver pianificato nulla. È normale in tutto. Sul lavoro, dove deve sottostare alle vessazioni dei capi, a partire dall’odioso ragionier Fillini. E deve fare i conti con il collega ruffiano, il geometra Calboni. Le umiliazioni scandiscono la sua giornata, ma lui guarda oltre con una capacità di incassare che diventa filosofia vincente di vita. Non gli va molto meglio a casa, che pure è il suo porto di tranquillità. Ha una moglie insignificante e bruttina che lo compatisce e prova per lui sentimenti di sufficienza, e da una figlia un po' ottusa e per di più dall'aspetto scimmiesco e orripilante. Come elemento tipico Fantozzi ha solo il suo copricapo, tipico "spagnolin" blu genovese. Lo porta diversamente a seconda dello stato d'animo: schiacciato sulla testa nei momenti peggiori o spostato di lato nei momenti in cui si sente fiero e senza paura. Lo porta anche in casa. Una volta lo scopriamo con lo “spagnolin” anche da bambino, quando in Fantozzi in paradiso si reincarna in un Ugo Fantozzi in tenere età.

 

 

È il ragioniere capace però di battute immortali. Quando la Megaditta convoca le maestranze per un visione della Corazzata Kotjomkim lui sbotta in quel «ma è una cagata pazzesca», facendo trasalire di gioia milioni di italiani con cultura da travet. Una cultura transnazionale, perché quando il film (era il secondo Fantozzi) venne proiettato a Mosca, il pubblico esplose in un boato «pazzesco». Tra l’altro avendo ottenuto i diritti per riprodurre parti dell'opera originale di Eisenstein, tutte le scene del capolavoro visibili nel film furono girate ex novo da Luciano Salce. Fantozzi aveva  anche creato un suo simile, quel Giandomenico Fracchia, l’uomo che sprofondava nel sacco. È il suo doppio. La versione “invigliacchita”. Un inetto senza rimedio.

Così Fantozzi, per contrappasso alla fine è stato studiato da tanti specialisti. E anche apprezzato da grandi personaggi come il poeta russo Evtuscenko. Lo raccontò Villaggio in una delle ultime interviste: «Eravamo in un seriosissimo consesso di intellettuali a Venezia. Facce truci, altere. Gli domandarono chi fosse lo scrittore italiano che apprezzava di più e lui rispose che le mie pagine gli ricordavano Cechov e Gogol». Ma poi Villaggio ha tranquillizzato subito tutti, con quel senso dell’autoironia che lo ha reso unico: «Vantarsi e gloriarsi sono attività tra le più stupide, tra l' altro il grande poeta russo mi storpiò il nome in Vigliacchi».

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