Ancora su Signorini. Contro
Alfonso Signorini fa autodafé nella trasmissione del guru Fazio supportato dal sommo ierofante Gramellini e riceve l’assoluzione piena. In realtà il direttore di Chi, uomo di bon ton e petroniano arbitro di eleganza, si è macchiato di una caduta di stile non degna del suo proverbiale acume.
Non c’è dubbio che la "battuta da barbiere" sul gelato consumato dal ministro Madia possa indurre a una qualche morbosa attenzione soltanto poche categorie di "minus habens" di bocca così buona da gustare certe pecorecce allusioni care all’obsoleto teatrino comico di un remoto Alvaro Vitali.
Di questa storia, tutto sommato insussistente se considerata nel suo insieme, si sta parlando fin troppo: però chi scrive è mosso da una urgenza inderogabile. Può un paese in gravi condizioni, con gente che arriva al suicidio perché non ce la fa ad arrivare alla fine del mese, con livelli occupazionali da allarme rosso essere preso da una faccenda talmente risibile? Può un giornalista del valore di Signorini credere che simili presunte facezie funzionino ancora in un clima di totale disincanto, di disaffezione diffusa perché l’indifferenza si proietta ormai sulla maggior parte delle cose del quotidiano?
Anestesia mentale dovuta a preoccupazioni di ogni tipo, a poca o nessuna speranza nel futuro, a fiducia pari a zero nei riguardi della politica. Bene, in questa situazione di assoluto smarrimento, Signorini tenta di offrirci la frivola certezza di un ectoplasma di altre epoche: dalle commedie cinematografiche in salsa piccante anni ’70 e ‘80, dalla televisione di Colpo Grosso, dai tempi in cui il PIL si misurava in maniera inversamente proporzionale ai centimetri della gonne: più alto era lo stato di benessere, più quelle si accorciavano. Una operazione commerciale, pensa Signorini, perché "certe cose fanno vendere". In linea di principio è vero: basti pensare che lo strumento di internet è utilizzato in percentuale colossale per visitare siti porno. Ma i fatti qui sono altri: non c’è proprio niente in quelle foto mostrate da evocare "cose proibite". I giornali scandalistici servono proprio a sollevare "scandali" a creare un qualche tumulto nell’opinione pubblica, a farla inviperire, stupire, sragionare perfino eccitandola, per indurre poi ciascuno a una qualche riflessione.
Il dietro la notizia niente è la connotazione precipua di questa trovata che invece di essere uno scoop si è rivelato grande flop. Naturalmente la faccenda ha prestato il fianco a critiche feroci, ha sobillato tutti i censori possibili e immaginabili, ha fatto rinascere l’anima sforbiciatrice di fondo mai sopita dei moralisti italici: gli stessi che pretendevano a quei tempi di castigare l’abbigliamento succinto (?) delle gemelle Kessler o a censurare testi come ‘Vecchio Frak ‘ di Modugno, perché alludevano a una scelta suicida. Così Signorini deve piegare il capo proprio nel salotto di Fazio, grande tempio laico dove in una atmosfera "easy" si ammette solo chi, da uomo probo contemporaneo, si inchina alla scuola di pensiero del sociale di moda, spesso intriso di moralismo con qualche spruzzatina qua e là di perbenismo radical .
E dire che proprio la sinistra di quegli anni era stata foriera dello spregiudicato ad oltranza, della libertà declinata fino all’arbitrario, dell’affrancamento da ogni forma di soffocamento dei costumi. Ma le cose mutano nel tempo, si sa bene. Ci si è imborghesiti, sono stati abbracciati modelli di oltreoceano con grande compiacimento, si è lasciato che la morale cattolica si mescolasse a quella puritana creando quel minestrone così vecchio in America e così nuovo ma ormai consolidato da noi. Pruderie antiche e pruderie acquisite. No, Signorini, hai fatto male: rimetti a posto le lancette dell’orologio.