Fino a Singapore zaino in spalla Avventura di un cuoco viaggiatore

Inseguire i propri sogni - di più, viverli - è possibile. Purché si abbia un progetto chiaro in testa. Perché quando ami profondamente quello che fa, ci credi e lo persegui fino in fondo, poi l’universo - come già disse qualcuno - cospira per aiutarti a realizzarlo. Lo sa bene Guglielmo Sartor, 27 anni tra pochi giorni, di professione traveling chef, ovvero cuoco girovago, che nel settembre del 2015 è partito da Merate con un sogno in tasca e un progetto nella testa: andare via terra a Singapore, alla scoperta di quell’immensa e immaginifica «terra di mezzo» finanziando il viaggio con un sito ideato ad hoc, G-haus. Una mappa interattiva per viaggiatori, pensata per mettere in rete, condividere e sostenere attraverso l’aiuto reciproco tutte le persone che come lui hanno un progetto che desiderano realizzare.
Partito con un ragazzo americano conosciuto all’ombra di Notre Dame a Parigi, James Cameron Star, filmmaker di 25 anni, cineasta giramondo come lui, Guglielmo ha così percorso 25mila chilometri via terra, percorrendo con lo zaino in spalla lunghi tratti e facendo il resto in autostop, treno o barca. Un viaggio epico e strabiliante, fatto di avventure, storie e ricette, incontri, esperienze e sensazioni ancora tutti da metabolizzare, ma che presto diventeranno materia di un docufilm o forse anche di una serie televisiva in 10 episodi.








Difficile, pressoché impossibile, riassumere in poche parole un viaggio tanto lungo e straordinario. «Cosa mi ha insegnato? Spero molto - ci ha raccontato Guglielmo, che abbiamo intercettato giovedì scorso sulla strada del ritorno a casa alle porte di Roma - in questo momento ho bisogno di fermarmi e di metabolizzare tutto quanto. Credo ancora di essere il ragazzino arrogante di due anni fa ma confido che nei cassetti del mio cervello si sia accumulata la pazienza necessaria ad analizzare il senso delle esperienze che ho vissuto. In fondo questo viaggio aveva come obiettivo principale quello di farmi diventare una persona migliore».
Quanto avete impiegato ad andare a Singapore?
«Nove mesi, durante i quali abbiamo documentato il nostro viaggio attraverso il cibo e le storie della gente».
Sarebbe a dire?
«Nella varie tappe del viaggio ho cucinato per le persone che che abbiamo incontrato lungo la strada. In cambio, chi si era unito a noi per una parte del viaggio, ci ha raccontato la sua storia di vita, unica e irripetibile. Abbiamo incontrato la gente più diversa, artisti, velisti, scalatori, professori, e con tutti abbiamo banchettato improvvisando tavole nei luoghi più disparati: grotte, aule di licei, treni... ».
Cosa avete fatto una volta arrivati a Singapore?
«Quando siamo arrivati avevamo in tasca solo 50 euro, quindi ci siamo dati da fare per racimolare i soldi necessari a proseguire il viaggio».
Cosa avete fatto?
«Grazie a un coworking abbiamo lanciato una campagna di raccolta fondi e aperto per un mese un ristorante pop up che ci ha permesso di comprare un Tuc Tuc nuovo del costo di 3mila euro».
Per farci cosa?
«Per proseguire il viaggio, ma prima di partire lo abbiamo modificato trasformandolo in una casa mobile con tanto di letti, cucinino e batteria necessaria a garantirci l’autonomia».
E dove siate andati?
«In India, che abbiamo percorso da Nord a Sud documentando al meglio che potevano i luoghi e le storie incontrati durante il viaggio».
Come siete rientrati in Italia?
«Il viaggio in barca, da Bombay a Istanbul, ce lo hanno finanziato dei rappresentanti di Visa che si sono a tal punto entusiasmati al nostro progetto da venire in India con noi. Dalla Turchia siamo poi rientrati con la nostra ape car».
Come è stato trascorrere tanto tempo gomito a gomito con Cameron?
«Cameron è il fratello che non ho mai avuto (Guglielmo ha due sorelle di 16 e 24 anni, ndr), l’ho conosciuto in Francia, ma non certo per caso perché l’intesa tra noi è stata immediata. Nel tempo siamo diventati amici, poi fratelli ora anche colleghi di lavoro perché insieme abbiamo fondato a Singapore una casa di produzione, la Sol Food Cinema, per la quale vogliamo sviluppare dei progetti. Le frizioni non sono comunque mancate, com’era del resto naturale».
I momenti di difficoltà in un viaggio tanto lungo non saranno di certo mancati. Hai mai pensato: “Chi me l’ha fatto fare”?
«Mah, abbiamo avuto sì alti e bassi, ma non mi sono mai trovato nella condizione di dire “basta”. Anzi, abbiamo sempre detto “ancora”. E la volta che è capitato che fossimo preoccupati, abbiamo comprato una bottiglia di whisky e l’abbiamo fatta fuori in spiaggia».
Rientrare da un viaggio tanto coinvolgente, in terre così esotiche, sarà stato come ritornare da Marte...
«Un po’ sì. Ho viaggiato molto anche prima di partire per Singapore e devo dire che tornare in Italia è sempre bello. Da cuoco mi mancavano molto i profumi e i sapori della mia terra. E poi qui c’è una gentilezza, un’educazione e un rispetto che mancano nei Paesi da cui vengo...».
Però...
«Non so, mi sembra di percepire in Italia e in generale in Europa un senso diffuso di stanchezza e di rassegnazione. E’ una sensazione che percepisco in maniera molto chiara: è come se l’Occidente avesse perso il senso dell’evoluzione, che è un concetto fondamentale in Oriente, come se da noi non ci fosse più voglia di rimettersi in gioco, di osare, di andare avanti ed è un peccato perché l’Europa ha una grande storia, una forte personalità e tutte le risorse che servono per rimettersi in gioco di nuovo».
Cosa farai una volta rientrato a Merate?
«Ho in mente di fermarmi in Italia un paio di mesi, il tempo di lavorare al nuovo business plan».
Quale?
«Voglio aprire un ristorante a Berlino dal concept particolare, un luogo di cucina collettiva che rappresenti un punto di incontro e di riferimento per gli artisti interessati a collaborare con noi».
Cameron cosa farà?
«Lui avrà il compito di scrivere la sceneggiatura del docufilm o della serie sul nostro viaggio. Nel frattempo raggiungerà i suoi genitori che dopo la pensione hanno deciso di girare il mondo e che al momento si trovano in Scozia».
E dopo?
«Il viaggio continua. Naturalmente».