Bruni, Battagion, Marcarini

Storie di tre campioni bergamaschi deportati (mai piegati) dai nazisti

Storie di tre campioni bergamaschi deportati (mai piegati) dai nazisti
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Un velocista, un rugbista, un calciatore. Tre sportivi bergamaschi, tre deportati nei campi di concentramento nazisti. Le loro storie sono svelate dalla bellissima mostra Campioni nella memoria, organizzata da Uisp e Isrec in occasione del 70esimo della Resistenza. La rassegna ricorda una cinquantina di atleti italiani e stranieri passati dai lager di Hitler. Per visitarla bisogna affrettarsi, perché resterà aperta solo fino al 12 aprile nell'ex Ateneo di Città Alta (piazza Reginaldo Giuliani). Ma ne vale la pena. Perché sulle pareti scorrono gli incredibili ritratti di uomini e donne strappati allo sport e risucchiati dal buco nero della guerra. Tra questi anche tre figli della nostra terra.

 

Eugenio Bruni, il velocista

Bruni

[Eugenio Bruni è il primo a sinistra]

Il più illustre è Eugenio Bruni, figura storica dell'antifascismo orobico e padre dell'ex sindaco Roberto Bruni. Nato a Bergamo l'11 luglio 1918, inizia a sfrecciare nelle gare studentesche con i colori del Liceo Sarpi. Nel 1936, a Firenze, corre i 200 metri in 23''1, l'anno dopo con la staffetta bergamasca batte gli avversari svedesi nei campionati di società all'Arena di Milano. Lo convocano nel Gruppo universitario fascista, ma poi chiedono al suo allenatore di buttarlo fuori perché nel frattempo è emerso il suo impegno contro il regime portato avanti nelle aule del Sarpi. Il tecnico lo difende finché può, mostrando i suoi tempi record, ma nel 1941 Bruni è condannato a tre anni di carcere per offese al duce. Rinchiuso a Castelfranco Emilia, viene liberato nel 1943. Entra nella Resistenza, ma finisce nelle grinfie dei tedeschi e viene deportato a Dachau con il fratello Roberto, che vi morirà. Rientrato a Bergamo, diventa avvocato e poi presidente della Camera penale. Continua a giocare la sua battaglia per la libertà in campo politico e sociale fino alla sua scomparsa avvenuta il 14 luglio 2010.

 

Aldo Battagion, il rugbista

Foto Battaggion_3

Aldo Battagion, classe '22, mostra carattere da rugbista fin da ragazzino. Piuttosto che passare il sabato con i balilla, preferisce il carcere. Cede al regime solo per continuare a giocare: inizia da mediano di mischia a Bergamo, nella Gioventù del Littorio, poi passa a Milano. L'8 settembre lo coglie in servizio militare all'aeroporto di Reggio Emilia. Molla la divisa e sale in montagna con i partigiani. Preso dai nazifascisti, resiste a pesanti interrogatori. Finisce anche lui a Dachau e dopo l'arrivo degli americani torna in Italia: riprende a giocare, arriva fino in Nazionale e poi fonda la Rugby Bergamo. Morirà il 15 marzo 2007.

 

Giuseppe Marcarini, il calciatore

Foto Giuseppe Marcarini

Giuseppe Marcarini, coetaneo di Battagion, sogna di fare il calciatore. Gioca da ragazzo e anche sotto le armi, a Trieste. L'armistizio lo sorprende con la divisa addosso, smarrito come tanti altri soldati, senza ordini né comandanti. I nazisti lo fanno prigioniero e lo spediscono nel campo di Thorn, con altri 35mila italiani. Rifiuta di entrare nella Rsi e quindi resta internato. Nel lager muore  la sua speranza di giocare a pallone: «Ho provato a correre, ma le mie forze non rispondono più». Si ammala di tubercolosi: fa in tempo a tornare a Bergamo dopo la fine del conflitto, ma si spegne in ospedale il 24 giugno 1946. Sconfitto dalla crudeltà umana, ma fino all'ultimo vincente nello spirito.

[La mostra è aperta dal lunedì al venerdì dalle 15 alle 18.30, il sabato e la domenica dalle 10 alle 12.30 e dalle 15 alle 18.30.]

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