Terzani, un ricordo

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Vengono al mondo uomini che hanno per destino un percorso luminoso, stellato. È inspiegabile, eppure la loro esistenza fiorisce come un monito per tutti gli altri e ogni opera svolta nell’arco della loro vita sembra la trama di un romanzo. Uno di questi è Tiziano Terzani. Mi dicevo sempre: un giorno o l’altro vado a uno dei suoi incontri, dei suoi tanti dibattiti perché quest’uomo è davvero interessante. Ma "la ladra" è arrivata prima di me quel 28 luglio di dieci anni fa e ha deciso per tutti.

Terzani era fiorentino, nato nel ’38 il 14 settembre, un "vergine" da manuale. Metodico eppure curioso, organizzato e nel contempo svagato, un po’ come lo sono i temperamenti geniali.  La sua famiglia era di origini modeste e il liceo classico era costato davvero grossi sacrifici ai suoi che gli avevano comprato un paio di pantaloni lunghi per l’occasione, pagato a rate. Ma Tiziano è un ragazzo caparbio e anche ambizioso, così quando all’università conosce l’amore della sua vita Angela Staude, di origini tedesche, sa anche di poter entrare a far parte di una famiglia, sì informale, ma di alto ceto borghese e dalle amicizie assai influenti e autorevoli. Per guadagnare qualche soldo inizia una collaborazione con il quotidiano Il Giornale del Mattino diretto da un allora giovanissimo Ettore Bernabei, ma verso la metà degli anni ’60 dopo la laurea e il matrimonio con Angela approda alla Olivetti dove ci rimarrà per ben cinque anni.

Sarà solo dopo questa esperienza che inizia il praticantato a Il Giorno di Milano: qui conosce personaggi come Gianpaolo Pansa, Giorgio Bocca, Natalia Aspesi e l’amico del cuore Bernardo Valli. Collabora in seguito con L'Espresso, La Repubblica e Il Messaggero per arrivare a un sodalizio duraturo e improntato a  scelte determinanti con Der Spiegel. Decide così il definitivo trasferimento a Pechino in qualità di corrispondente del prestigioso periodico occidentale: il primo giornalista in assoluto a tentare questa esperienza in anticipo rispetto ai concorrenti di Time e Newsweek. Famosi i suoi reportage e assai letti i suoi libri sempre intensi, ironici e non privi di significati profondi legati al senso della vita. A cominciare da "Un indovino mi disse" per finire con "Un altro Giro di Giostra". Apprezzata anche la mole di lavoro raccolta dalla moglie Angela e dal figlio Folco e offerta ai tanti estimatori di Terzani in pubblicazioni postume.

Gurdjieff, il famoso filosofo armeno, parlava sovente della bellezza e dell’importanza degli incontri con "uomini straordinari": ebbene Terzani lo era certamente e avverto ancora tutto il rammarico di non avere avuto la fortuna di stringergli la mano, di guardarlo anche solo per un attimo negli occhi. Ho però avvertito mentre scorrevano le pagine dei suoi meravigliosi racconti quella rara "fusione di anime" che rende perfino superfluo, a ben riflettere, il fatto di aver conosciuto fisicamente e secondo le leggi della materia una persona. L’ho avvertito con l’anima (non a caso i latini usavano un verbo straordinario che non è passato nella nostra lingua "animadverto", appunto...) e questo basta.

E l’emozione si è trasformata nell’ esigenza di dedicargli un omaggio tutto mio, qualche giorno dopo la sua scomparsa. L’urgenza di rivolgersi a una persona speciale, a chi in quella dimensione tutto sa e vede. L’estrema lettera di un amico a un amico. Proprio quelle parole  voglio dedicarle ancora una volta a Tiziano, alla sua famiglia e a voi cari lettori. Eccole:

«Caro Terzani, come hai fatto viaggiare la mente e con quanta calma e pace hai nutrito lo spirito del pellegrino che spesso non sa dove andare perché ogni rifugio gli è precluso.

Ho letto le tue parole di carta forse in ritardo colpevole (ma sai che niente avviene "per caso" quando le cause necessitanti si inanellano in quel gorgo chiamato destino) e mi rammarico solo di non averti riconosciuto prima.

Forse, chissà, il timore di una ennesima "invenzione mediatica"...

Ma poco importa: abbiamo fatto amicizia.

Il prima e il dopo sono soltanto "mariginalia" fatti per i burocrati del vivere, non per gli innamorati dell’esistere che di quel limite se ne fregano.

L’incontro tra anime somiglia a quello di lune, di corpi stellari remoti che si vedono da lontano, si salutano e si avvicinano: il filosofo Democrito ci ha insegnato cose simili. Quando questo piccolo miracolo accade, si percepisce uno stato di leggerezza vicino alla felicità.

Si inizia a paragonare il proprio mondo con quello concluso dall’esperienza estrema ed è possibile notare "segni di segni", annotare sensazioni, sorpresi da una girandola unificante di pensieri, di riflessioni ed emozioni. Una impressione gioiosa di "mondo rotondo" simile a quello che si celebra nelle incantate sfere di vetro, dove tutto avviene senza sbavature, come diretto da una mano sapiente e misteriosa che ci fa tornare bambini e a bocca aperta meravigliati di tutto.

L’indovino ti ha portato per le strade del mondo, a solcarle come quei mari che simile a vie hai attraversato per un anno intero. Niente sorvoli, solo appuntamenti cercati con il tuo destino, ovunque ti portasse. La paura della morte aveva fatto il prodigio di darti nuova vita. Poi la constatazione amara dei mille cambiamenti del tuo amato Estremo Oriente, del vuoto della modernizzazione e del consumismo, ancora  più forte quando pretende di spazzar via la tradizione perché "vecchia".

Dopo i condizionamenti politici e sociali, ora si innalzano templi a nuovi dei, in nome di nuove superstizioni: uno stato "laico"  e "moderno" crede nel dio denaro, nell’onnipotenza presunta della scienza che diventa scientismo, e non esita a bollare come  panzane le dottrine del sapere antico. Esiste ciò che il sistema prescrive debba esistere, nient’altro: soprattutto, bando ai sogni. Quanta arroganza...

Caro Tiziano, in tanto vuoto che si apre anche sotto i nostri stessi piedi, la tua voce conforta e da’ ancora speranza. Un faro di luce intensa per tutti i naviganti di questa nostra stralunata trottola cosmica».

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