Storia di spie tra Cuba e Usa Il ritorno a L'Avana dei Los Cincos

Gerardo Hernandez, Ramon Labanino, Antonio Guerrero, René Gonzalez, Fernando Gonzalez: questi nomi appartengono a cinque cittadini cubani, le cui foto insieme al lìder maximo Fidel Castro in queste ore stanno facendo il giro del mondo. La notizia non riguarda tanto il fatto che, se c'erano ancora dubbi, Castro sia effettivamente ancora in vita. Piuttosto, questa è la prima apparizione pubblica dei Los Cincos, i cinque dipendenti del Governo cubano che nel 1998 vennero incarcerati (ingiustamente, possiamo dire oggi) dagli Stati Uniti con l’accusa di terrorismo, per poi essere finalmente liberati solo molti anni dopo. Gli ultimi tre del gruppo hanno potuto finalmente riassaporare la libertà solo il 17 dicembre scorso. Oggi, a giudicare dalle foto pubblicate sul giornale cubano Granma, i cinque stanno bene, e si legge apertamente sul loro volto il sorriso di chi finalmente è di nuovo a casa, nonché l’amarezza di chi ha passato una grossa fetta della propria vita dietro le sbarre, ingiustamente.
La storia dei Los Cincos. Per conoscere e capire la storia di questi cinque signori, che ormai a Cuba (e non solo) sono considerati dei veri e propri eroi, occorre riavvolgere il nastro della memoria storica al 1998, un periodo in cui i segnali di disgelo fra Usa e L’Avana, che stanno balenando da qualche mese a questa parte, altro non erano che materiale per i sogni dei più sfrenati ottimisti. Gerardo, Antonio, Fernando, Ramon e René erano cinque agenti appartenenti allo Stato cubano e infiltrati negli Stati Uniti, a Miami per la precisione, con il compito di prevenire eventuali azioni terroristiche che potessero muovere dalla Florida verso l’isola castrista. Gli attentati terroristici contro Cuba hanno provocato, negli anni, quasi 3.500 morti. Tra questi si ricordano l’italiano Fabio Di Celmo, ucciso da una bomba esplosa nel bar dell’albergo nel quale si trovava, e la squadra femminile cubana di scherma, che restò vittima di un attentato aereo nel 1976 sulla linea cubana De Aviaccion. A fronte di questi tragici avvenimenti, il Governo de L’Avana, per evitare ulteriori stragi, decise di spargere per i territori limitrofi alcuni propri uomini, rigorosamente privi di armi. E fra questi, a Miami, Los Cincos, come sarebbero stati chiamati negli anni successivi.

(AP Photo/Ramon Espinosa)

(AP Photo/Ramon Espinosa)

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Cuba's President Raul Castro pins a medal on Gerardo Hernandez , as fellow agent Ramon Labanino, background, applauds during a medal ceremony, in Havana, Cuba, Tuesday, Feb. 24, 2015. Castro honored the agents known as the "Cuban Five," who spent years in U.S. prisons, becoming heroes in their homeland and causing friction between the two countries that are now in the process of restoring full diplomatic relations. (AP Photo/Ramon Espinosa)
La mediazione di Marquez e l'arresto. Nel 1998, dunque, grazie all’intermediazione nientemeno che dello scrittore colombiano Gabriel Garcia Marquez, l’allora Presidente americano Bill Clinton acconsente allo svolgimento di una riunione a L’Avana con i vertici della gerarchia castrista, al fine, da parte di quest’ultima, di dimostrare la presenza di cellule terroristiche a Miami e di giustificare, di conseguenza, la presenza dei cinque in suolo statunitense. L’incontro sembra avere un discreto successo, tanto che, il 12 settembre di quell’anno, i cinque si rivolgono direttamente al Fbi per portare ulteriori prove circa possibili attentati verso Cuba. In tutta risposta, il bureau li arresta con l’accusa di spionaggio e attività terroristica.
Solo 2001 ci fu il processo. Rimasti dunque coinvolti in un’inspiegabile trafila giudiziaria, nel 2001 ebbe finalmente luogo il processo, nel quale i cinque non ebbero modo alcuno di esercitare i propri diritti di difesa, dovendo quindi subire, senza possibilità di replica, condanne severissime: dall’isolamento durato 17mesi, alla segregazione nel famigerato “el huego” (il buco), un isolamento in un reparto di malattie mentali, all’impossibilità di vedere i parenti o comunicare con l’esterno. Nello specifico: Gerardo Hernandez fu condannato a due ergastoli e 15 anni; Ramon Labanino all’ergastolo, così come Antonio Guerrero; Fernando Gonzalez fu condannato a 17 anni, mentre Renè Gonzalez a 15. Da quel momento in poi, in tutto il mondo un incalcolabile numero di politici, giornalisti, intellettuali, artisti e semplici cittadini diede vita a comitati, manifestazioni e organizzazioni umanitarie con lo scopo di ridare la libertà ai cinque ingiustamente detenuti. Persino negli stessi Usa la fazione degli indignati prese buon piede: Wayne Smith, docente di relazioni internazionali alla Jonh Hopkins University, ebbe modo di dichiarare come «Miami è l’ultimo posto in cui i cinque sarebbero dovuti essere processati».
20mila pagine di documenti. Nell’agosto del 2005 una piccola speranza per la sorte dei cubani giunse dal Tribunale di Atlanta, che aveva annullato il processo in primo grado per violazioni dei diritti dei cinque in occasione della sentenza di Miami. Ma un anno dopo il Governo optò per la revisione della sentenza, che di fatto annullò il verdetto di Atlanta. Da notare che nel frattempo non era emersa una motivazione che definisse in modo chiaro ed esplicito le “colpe” dei cinque, nonostante il processo di Miami avesse prodotto 119 volumi di testimonianze e 20 mila pagine di documenti, poiché il Governo Usa non era stato in grado di definire con chiarezza alcuna prova delle imputazioni, della segretezza e del pregiudizio agli interessi statunitensi delle notizie che erano in possesso dei cubani. Infine, il 5 Giugno 2009, la Corte Suprema decideva di non riesaminare il caso, senza fornire spiegazioni.
Lo scambio col prigioniero americano. Il primo a venir scarcerato fu René Gonzalez, nel 2011, seguito del 2014 da Fernando Gonzalez, mentre Gerardo Hernandez, Ramon Labanino e Antonio Guerrero vennero liberati appunto il 17 dicembre scorso, in seguito ad una sorta di scambio con l’americano Alan Gross, detenuto a Cuba dal 2009 in seguito ad alcuni reati informatici. Oggi Los Cincos possono sorridere intorno al loro leader e nella loro Cuba, uomo e Paese per i quali, così ingiustamente, si sono visti portare via tanti anni delle loro vite.