La prima pugile italiana ai Giochi

Una piccola donna, ma picchia duro La boxe di Irma alle Olimpiadi

Una piccola donna, ma picchia duro La boxe di Irma alle Olimpiadi
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[Foto in apertura di Marcello Giulietti]

 

«La mia vita aveva un significato: quando lotti per qualcosa, cresci». È strano sentirglielo sussurrare, con quella voce da bimba e i capelli raccolti in una lunga, lunghissima coda, ché a guardarla Irma Testa è proprio chi deve essere: una ragazza di vent’anni appena, una piccola donna. Poi si toglie la leggerezza e la bellezza dagli occhi e sale sul ring. È lì che Irma ha incontrato il «significato», è lì che Irma ha trovato «quello che purtroppo manca a molti ragazzi della mia città». Cresciuta a Provolera, «uno dei quartieri più brutti di Torre Annunziata», Irma parteciperà alle Olimpiadi di Rio. È considerata la più forte under 20 del mondo, ma soprattutto sarà la prima pugile italiana a partecipare ai Giochi. In una lunga intervista a Donna Moderna Irma ha raccontato la sua vita, le sue passioni, e come tra le strade di Provolera «il mio allenatore raccoglie i bambini che marinano la scuola e li porta in palestra a imparare la boxe».

 

Boxe Vesuviana - Lucio Zurlo

[L'allenatore Lucio Zurlo e Irma Testa]

 

L’allenatore si chiama Lucio Zurlo, è uno di quei vecchi signori con le rughe rassicuranti che quando ti guardano sanno prendersi il rispetto. Qualche settimana fa, su Internazionale, è apparso un articolo (molto bello), un racconto sull’affetto (e il rispetto) che c’è tra Lucio e Irma. Non è la solita bella storia del maestro e dell’allieva, è molto di più. «La boxe mi era entrata dentro - ha raccontato Irma -, se saltavo un allenamento, mi mancava l’aria: avevo bisogno dell’odore dei guantoni, del sudore sulla pelle, delle grida dei ragazzi che facevano a pugni. Questo sport era la mia certezza». La certezza che la vita ti dà sempre una possibilità, e Irma l’ha saputa cogliere attraverso il sudore, i pugni, le sette ore sul ring ogni giorno, l’abnegazione per qualcosa (uno sport o il sacrificio). Mamma cuoca e papà cameriere erano contenti perché, ha detto Irma, «volevano che facessi uno sport e stessi lontana dalla strada». Da diversi anni ormai va ad Assisi, in Umbria, dove si allena con la Nazionale di pugilato.

 

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Quella di Irma è una storia di speranza: «Sapevo che se mi fossi impegnata, avrei ottenuto qualcosa di bello. Dopo anni di smarrimento, avevo un obiettivo da conquistare». Adesso l’obiettivo è l’oro. Irma lo ha detto chiaro e tondo, senza nascondersi: vincere. «Voglio dedicare l’oro a me stessa, alla mia famiglia e agli allenatori che mi hanno aiutato nei momenti difficili». E ce ne sono stati. Non quelli dell’infanzia, «quando mio nonno mi portava a pescare di mattina presto e guardavo il sorgere del sole e pensavo che quella era l’alba di Torre Annunziata. Ora giro il mondo, ma di posti così belli non ne ho mai più trovati». Invece l’adolescenza sì, quello è stato «il peggiore»: Irma era sola e lontana dagli affetti, «ma a differenza dei miei coetanei non potevo permettermi di sbagliare: se lo avessi fatto, avrei buttato via tutto».

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