Condannata dal «giudice della morte»

Una vignetta, 12 anni di carcere Così Atena ha messo a nudo l'Iran

Una vignetta, 12 anni di carcere Così Atena ha messo a nudo l'Iran
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Atena Farghadani ha 28 anni, i capelli corvini, gli occhi scuri, un sorriso accogliente e fa la vignettista. Un lavoro difficile nel suo Paese, l’Iran, che l’ha ripetutamente arrestata. Ora Atena vive in una cella in isolamento nel carcere di Evin ed è stata condannata a 12 anni di carcere. Qualche anno fa la donna era finita sotto processo per aver disegnato una caricatura in cui critica i deputati iraniani favorevoli a limitare la contraccezione. I politici in questione erano raffigurati con il volto di scimmie e mucche. Quando le guardie della Rivoluzione, il 23 agosto 2014, la arrestarono dopo aver perquisito la sua casa e confiscato tutti i suoi effetti personali, l’accusarono di aver fatto «propaganda contro il sistema», di aver «offeso i membri del parlamento attraverso i suoi dipinti» e di aver «insultato la guida suprema dell'Iran». La portarono via bendata, in modo che non potesse vedere dove veniva condotta. Rilasciata pochi mesi dopo, Atena pubblicò online un video in cui affermava di essere stata picchiata in cella e interrogata per nove ore al giorno. L’hanno arrestata nuovamente e lei per protesta ha cominciato uno sciopero della fame che le ha provocato un infarto. Gli occhi addosso ad Atena, in realtà, erano già puntati nel 2009, quando appena ventenne protestò con i suoi disegni contro la neo presidenza di Mahmoud Ahmadinejad. Mai avrebbe pensato che il nuovo corso della politica iraniana le avrebbe riservato un trattamento come quello che le è capitato.

 

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La campagna di solidarietà. Alla sua causa si sta interessando anche Amnesty International, che la considera una prigioniera di coscienza, e sui social è stato promosso in suo supporto l’hashtag #freeAtena, oltre a una petizione online rivolta alle autorità iraniane per il suo rilascio, che finora ha raccolto più di 33mila firme. Non solo, anche il giornale britannico The Guardian ha lanciato una campagna di sensibilizzazione attraverso l’hashtag #draw4Atena, invitando i fumettisti di tutto il mondo a mostrare solidarietà con nei confronti della giovane artista.

Il giudice della morte. Un appello prontamente raccolto da numerosi vignettisti, che si sono armati dei ferri del mestiere e hanno iniziato a disegnare per lei. Anche perché la particolarità del caso di Atena risiede nel fatto che la giovane artista potrebbe pagare una pena più grande di quella prevista dalla legislazione iraniana per questo tipo di reati. Il periodo di detenzione per «propaganda contro il sistema» e «insulto del parlamento per mezzo di immagini» è, infatti, punito con un massimo di sette anni e sei mesi. Abolghassem Salavati, il giudice che ha emesso la dura condanna, è noto in Iran come «il giudice della morte», un nome dovuto alla sua fama di impartire punizioni pesanti: in particolare Salavati è conosciuto per elargire dure sentenze contro giornalisti, artisti, blogger e attivisti politici.

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La controversa legge sulla contraccezione in Iran. Ma Atena ha offeso il sistema perché è andata a toccare, con la sua vignetta, un tema al centro delle cronache politiche iraniane. La contraccezione. Andando contro le leggi attuali sulla famiglia, famose per aver assunto lo slogan «due figli sono sufficienti», in un’ottica di incremento demografico voluta dall’Ayatollah Khamenei, l’Iran sta varando una serie di provvedimenti che aumenterebbero la fertilità del Paese. Sarà vietata la chirurgia per la contraccezione permanente (sia per gli uomini che per le donne) e verranno introdotte severe punizioni per i medici che si presteranno a queste operazioni. Ci saranno anche tagli al budget per i programmi di pianificazione familiare, grazie ai quali le famiglie ricevevano sussidi per l’accesso alla contraccezione. Al bando quindi i contributi economici per le operazioni di vasectomia, la diffusione gratuita di preservativi e l’accesso a buon mercato ad altri metodi contraccettivi. Ci si dovranno scordare anche i programmi di educazione sessuale e di pianificazione della famiglia che erano regolarmente messi in atto nel Paese.

Le paure di Amnesty International. Inoltre, verranno stabiliti precisi parametri per dare priorità nelle assunzioni nel pubblico come nel privato a chi ha più figli. Nello specifico verranno favoriti nell’ordine: gli uomini con figli, gli uomini sposati senza figli e infine le donne sposate con figli. Le donne senza figli non avranno accesso al mercato del lavoro. Anche il divorzio sarà una pratica sempre più difficile da ottenere. Amnesty International ritiene che con questo sistema si vogliono considerare le donne come semplici «macchine per la riproduzione», e privarle dei diritti fondamentali. Senza contare che i provvedimenti potrebbero far aumentare il numero di gravidanze indesiderate e quindi costringere le donne a sottoporsi ad aborti illegali. Aumenterebbe anche il contagio di malattie sessualmente trasmissibili come l’Aids. Proposte in netto contrasto con le promesse di parità di genere del presidente Hassan Rouhani, benvisto dall’Occidente e considerato un progressista.

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