La carriera e le opere

Verdi, un artista visionario e la sua silenziosa danza creativa

Verdi, un artista visionario e la sua silenziosa danza creativa
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Il suo studio a Cisano Bergamasco è un semplice parallelepipedo con una grande vetrata da un lato e le pareti totalmente imbrattate di pittura. In questo locale, piuttosto sobrio, si respira però l'energia di un corpo che si muove dipingendo. È quello di Alessandro Verdi, un artista che incarna – davvero – l’artista ideale: energico e riservato, vitale e solitario.

Un artista visionario e riservato. Alessandro Verdi è una persona cordiale, gentile, un po’ schiva: verrebbe da dire, esattamente l'opposto delle immagini furiose e dense a cui dà vita.

Eppure, Verdi fa della coerenza verso se stesso e il suo lavoro un pilastro fondamentale e prioritario. Occorre tornare indietro negli anni (precisamente al 1987 e alla sua prima mostra personale alla Galleria Compagnia del Disegno a Milano) per capire davvero in che senso. L'esordiente Alessandro Verdi è allora uno dei pupilli di Giovanni Testori, intellettuale, critico e mecenate italiano fra i più rappresentativi degli ultimi decenni. Quella sera, la galleria espone per la prima volta il lavoro del giovane bergamasco: una serie di tele vicine, per tipologia, all'espressionismo tedesco. L'inaugurazione è un successo, Alessandro Verdi vende tutto.

A questo punto, il contratto con la galleria è praticamente cosa fatta, a patto che l'artista continui a produrre opere in linea con quelle presentate. Ma Verdi non ci sta: la sua personale ricerca artistica è già indirizzata verso un'evoluzione delle figure e l'idea di “costringersi” dentro una logica di mercato che non sente sua fa saltare tutto. Non è tanto un discorso di presunzione, quanto piuttosto una necessità. La sola idea di non poter cercare liberamente la creazione dell'opera blocca il suo processo creativo. In questo senso, ecco che allora Alessandro Verdi è proprio il simbolo dell'artista che fa della libertà e del rispetto verso se stesso e la propria arte la caratteristica cardine.

Negli anni, poi, inizia a lavorare con gallerie internazionali, Svizzera e Germania soprattutto, che gli garantiscono proprio questa imprescindibile libertà.

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Il vulcanico processo creativo. Le sue tele (o meglio, carte intelate, supporto prediletto da sempre) sono cariche di una forza magnetica, a tratti angosciante, ma anche incredibilmente affascinante. Il suo studio ospita opere di dimensioni enormi, realizzate sia in verticale che in orizzontale e, guardandole, è possibile immaginare la silenziosa danza dell'artista mentre crea con ampie bracciate di colore, salti, vorticose stesure, entrando nell'opera e diventandone parte. Così, lo studio – apparentemente sobrio - è in realtà rivestito dall'energia creativa che si sviluppa al suo interno e che dà vita a queste opere di grandi dimensioni.

Ma ancora di più stupisce l'archivio stracolmo di disegni e quaderni, a testimonianza del processo creativo, articolato in tappe fondamentali. La prima fase di progettazione è il quaderno, che viene sommerso di disegni, collage, note, scritte, colori, prove. Le pagine bianche di vario formato e dimensione (i quaderni di Verdi sono ora un esclusiva della galleria Blu di Milano) si colmano di immagini realizzate “di getto”. Dopo questa prima tappa, che può durare anche mesi, l'artista realizza i disegni. Grandi fogli di carta grezza su cui prendono vita decine e decine di dipinti. Soltanto alcuni di questi diventeranno davvero delle opere di proporzioni notevoli. Solo allora la carta viene incollata su tela e solo in questo momento l'artista dà concretezza all'ultimo stadio del suo lavoro. Dal primo quaderno realizzato possono passare anche 2 anni.

La carriera, comunque a Bergamo. Alessandro Verdi nasce a Bergamo nel 1960. Frequenta l'Accademia Carrara e nel 1985 incontra – come detto – Giovanni Testori, che lo accoglie sotto la sua ala da mecenate sostenendolo, anche economicamente, con regolarità fino al 1987, anno della sua prima mostra personale a Milano. Poi Alessandro espone anche a Dachau, a New York, alla fondazione Mudina a Milano e durante la Biennale di Venezia, in una mostra curata da Achille Bonito Oliva.

Per diverso tempo ha avuto uno studio nel pieno centro di Bergamo, in via XX settembre, che poi è andato perduto tra le fiamme. Da allora vive e lavora a Cisano Bergamasco concedendosi fughe in mezzo alla natura, dove alimenta l'aspetto visionario della sua pittura. Ha avuto l'occasione di trasferirsi a Roma, a New York, ad Anversa, ma non ha mai voluto realmente andar via dal suo territorio pur restando abbastanza solitario.

In passato, il suo rapporto totalizzante con la pittura gli ha causato anche dei problemi fisici e l'artista ha già affrontato almeno due intossicazioni da colore che lo costringono, ora, a concedersi lunghi momenti di allontanamento dal suo studio. Prossimamente esporrà in Oriente, concentrandosi su un nuovo progetto installativo, che ha, come protagonista, la carta.

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