Verità e passioni di Claudio Armati, il "sindaco dei birilli" che ha guidato Ponteranica
Per diciassette anni ha guidato l’Amministrazione del suo paese, ma ha dedicato tutta la vita alla buona politica. E su Pontesecco...

di Bruno Silini
Prima di fare il sindaco full time, Claudio Armati ha insegnato matematica e impianti chimici. Poi è stato “rapito” dagli impegni sociali in cooperative di abitazione quando la casa «era un bene sociale». In seguito, si è dedicato a resuscitare l’Arci di Bergamo, fino a farla diventare una parte importante del mondo associativo locale. «Un’esperienza che mi ha fatto capire quanto sia fondamentale lavorare con le persone e per le persone, cercando di costruire una società più equa e solidale».
Sui suoi profili social appare lei sessantenne sul Sentierone con in braccio un bambino. Suo figlio?
«È mio nipote. Era il 2004, il mio ultimo anno da sindaco di Ponteranica. A quei tempi, i sindaci non potevano fare tre legislature. Essere sindaco è stata una parte fondamentale della mia vita, un’esperienza di cui ancora oggi vado molto orgoglioso. Ho sempre cercato di mettere al centro del mio operato il bene della comunità, senza mai farmi influenzare da interessi di parte».
Suo nipote le ha mai chiesto cosa abbia significato per lei essere primo cittadino?
«Rispondevo che era il mio modo per essere utile alla società. Questa è stata la bussola che mi ha sempre guidato nelle mie attività: il bisogno di essere utile, di cercare di cambiare questo mondo. Una volta, negli anni ’60 e ’70, si pensava che fosse vicino un cambiamento radicale. È stato un fallimento, le nostre speranze sono state tutte bruciate dalla realtà».
In che senso?
«Immaginavamo una società che fosse più giusta, più equa, più pacifica. Se guardiamo cosa sta succedendo nel mondo, a quanta gente ancora muore di fame e per la guerra, ogni tanto rimpiango un po’ gli anni passati».
Perché, negli anni passati non c’erano queste brutture?
«C’erano, ma si respirava un vento di speranza che oggi non riesco a cogliere. La differenza è proprio questa. Oggi il problema è come adattarsi a queste condizioni, che non sono più dominate dalle forze politiche e sociali, ma dal mondo economico».
Se ce ne fosse stata la possibilità, avrebbe continuato a fare il sindaco?
«Penso di sì».
Cosa si accredita nei suoi 17 anni alla guida di Ponteranica?
«La determinazione nell’occuparmi di questioni che da anni languivano. Ponteranica soffriva una grande distanza tra le aspettative della gente e le risposte dell’Amministrazione. Scuole, impianti sportivi, viabilità erano rimasti indietro (...)