Arriva da Monza

Walter Mapelli, il pm anti-corrotti nuovo procuratore capo di Bergamo

Walter Mapelli, il pm anti-corrotti nuovo procuratore capo di Bergamo
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Walter Mapelli è il nuovo procuratore capo di Bergamo. Dopo che a gennaio 2016 è andato in pensione Francesco Dettori, 74 anni di cui gli ultimi quattro a capo della procura orobica, è finalmente arrivata la fondamentale nomina del Consiglio superiore della magistratura (Csm). Era stata proprio la quinta commissione del Csm ad avanzare, lo scorso aprile, la candidatura di Mapelli con cinque voti favorevoli su sei. Ha battuto l’altro candidato, Massimo Meroni, attuale procuratore aggiunto proprio a Bergamo. Nessuna sorpresa dunque.

 

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Chi è Walter Mapelli. Walter Mapelli ha 57 anni, è magistrato dal 1985 e dal 1987 è sostituto procuratore di Monza. Per qualche mese, a fine 2013, fu facente funzioni a Lecco al posto di Tommaso Buonanno, passato a Brescia (dove è tuttora procuratore capo). Da anni è impegnato sul fronte della lotta alla corruzione, tanto da essere autore, insieme al giornalista Gianni Santucci, del libro La democrazia dei corrotti, che ripercorre i 20 anni successivi allo scandalo di Tangentopoli. Nel 1993 fu l’alterego di Di Pietro nella cosiddetta “Tangentopoli monzese”, periodo che in un’intervista ricorda così: «Mi preme far notare che tutti gli imputati, tranne davvero pochissime eccezioni, furono poi condannati. Ricordo bene l’estrema prudenza che avevamo nel procedere, io stesso mi ripetevo continuamente che non potevo permettermi di accusare degli innocenti. Noi perseguiamo i responsabili di reati, non la distruzione di un sistema illecito. Quando sei nell’occhio del ciclone devi sentirti ancor più responsabilizzato. Ma il sistema di malaffare era così esteso e così ramificato che da un fatto ne seguiva subito un altro, come anelli di una gigantesca catena. Oggi mi sento assolutamente sereno su quelle condanne, davvero non ci sono state “vittime della giustizia”». Più recentemente è stato tra i principali artefici dell’inchiesta sul “Sistema Sesto”, che ha coinvolto l’ex sindaco di Sesto San Giovanni ed ex uomo forte del Pd, Filippo Penati.

 

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Un magistrato "di sinistra". Chi lo conosce ne parla benissimo, descrivendolo come un professionista esemplare. In un'intervista rilasciata tempo fa a Il Giorno disse: «Mi ero laureato in Giurisprudenza e l’unico modo per restare a Monza era entrare in Procura... Così sono diventato pm per caso. Allora sparavano ai magistrati, erano gli ultimi anni del terrorismo. Feci un tirocinio lunghissimo con Francesco Greco e la giovane Ilda Boccassini, al pomeriggio studiavo con Piercamillo Davigo e Ciccio Di Maggio (accusato della presunta trattativa Stato-mafia, ndr). Mia madre voleva che facessi il notaio per guadagnare di più ma non mi piaceva e non pensavo di essere adatto a fare l’avvocato: la magistratura mi sembrava una scelta di lavoro più conforme ai miei studi. E la mia esperienza in una grande azienda come la Sip mi ha aiutato, soprattutto a livello gestionale». A differenza di altri sui colleghi, non ha mai nascosto di essere iscritto al movimento Magistratura Democratica, corrente di sinistra dell’associazione magistrati, ma respinge le accuse, spesso arrivate dal mondo politico, di svolgere il proprio mestiere seguendo i propri ideali politici: «Sono iscritto a Magistratura Democratica dal 1986, eppure sono stato bocciate tutte le mie domande di avanzamento che avevo presentato a Piacenza, Ferrara e Ravenna. È una corrente minoritaria, se davvero fosse il direttorio della Magistratura avrei dovuto fare carriera al volo. Si dice poi che non colpisca mai il Pd e invece abbiamo investigato, certo in maniera non morbida, su Penati, che abbiamo trattato come chiunque altro».

 

Walter Mapelli

 

La verità secondo Mapelli. Il suo modo di osservare il ruolo del pm all'interno del sistema giuridico italiano è certamente diverso da quello esposto dal neo presidente del Csm, Davigo, accusato di essere troppo giustizialista: «La verità è sempre una cosa difficilissima da ricostruire, la conosce solo chi ha commesso un reato, ma la sua è una verità comunque parziale - spiegava Mapelli a Il Giorno -. Il processo è uno strumento per arrivare alla verità, ma hai un finale obbligato: colpevole o non colpevole. Devi narrare una storia per arrivare a un risultato secondo canoni di costruzione del racconto ben precisi, quelli fissati dal codice. Io comunque dormo sereno, magari preoccupato perché non si è mai sicuri, ma di solito so di aver fatto un lavoro scrupoloso. E poi anche di notte, mentre dormo, penso... Il ruolo dei magistrati è delicato: la loro selezione è democratica, avviene solo per concorso, abbiamo magistrati di ogni estrazione sociale, mediamente si tratta di gente molto preparata e che ha studiato, con una storia di sacrifici e rinunce. Forse l’unico limite del magistrato è la mancanza di un’esperienza formativa diversa, perché di solito si passa direttamente dalla scuola al lavoro».

Chi erano gli altri 12 in lizza. Quando Dettori annunciò la decisione di andare in pensione, ben 13 magistrati si erano candidati al posto di procuratore capo di Bergamo. Oltre a Mapelli, infatti, c'erano Roberto Di Martino (il pm del Calcioscommesse), Fabio Salamone (che indagò Di Pietro in piena Tangentopoli), Angela Barbaglio (il pm che indagò sulla piccola Patrizia), Carmen Pugliese (già pm a Bergamo e nota per la maxi inchiesta sugli ultrà), Rodrigo Gaetano Maria Merlo (attualmente procuratore aggiunto a Firenze), Massimo Meroni (il pm di Bergamo e dello scandalo Unipol), Sandro Raimondi (presunto esponente delle “toghe azzurre”), Antonio De Donno (il magistrato che accusò il procuratore di Bari), Lucia Musti (il pm che indagò su Tommy e i “Bambini di Satana”), Manuela Fasolato (il magistrato “verde” che lavorava troppo), Alessandra Dolci (rappresentante dell’anti-mafia a Milano) e Luca Tescaroli (dalla Sicilia alla Roma mafiosa).

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