Retroscena

Bergamo, le elezioni si vincono al centro: scatta il corteggiamento alle liste civiche

Centrosinistra e centrodestra non hanno numeri sufficienti per chiudere la partita al primo turno. Le manovre sotterranee di allargamento

Bergamo, le elezioni si vincono al centro: scatta il corteggiamento alle liste civiche
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di Wainer Preda

Ormai l’hanno capito tutti. Le prossime elezioni comunali di Bergamo si vincono al centro. Sì perché né il centrosinistra, né il centrodestra al momento hanno numeri sufficienti per chiudere la partita al primo turno. E quindi dovranno, giocoforza, trovare il consenso all’esterno, allargando i confini dei rispettivi schieramenti.

Di qui il corteggiamento, spietato, a liste civiche e formazioni minori, che rischiano di diventare il vero ago della bilancia.

Trecento, cinquecento, mille voti. Tutto fa brodo, pur di arrivare alla fatidica soglia del 51 per cento che consentirebbe ai due principali antagonisti di vincere subito, evitando l’imprevedibile secondo turno. Oppure di guadagnare terreno, in vista del ballottaggio.

Il centrosinistra e le sue civiche

La volta scorsa finì al primo round. Correva l’anno 2019 e il centrosinistra otteneva una vittoria schiacciante: 55 a 39, sedici punti di differenza. Ma il candidato era il sindaco uscente, un certo Giorgio Gori. L’unico ad avere fatto il bis negli ultimi trent’anni. Uno che, per credibilità personale, riuscì a pescare anche a centrodestra, nonostante la Lega di Salvini sfiorasse il 40 per cento nazionale.

Gori incassò 35 mila voti. Di questi, 14.400 arrivarono dal Pd e 1.400 da +Europa. Ma i restanti 16.800 - ovvero il grosso del consenso - giunsero da liste civiche. In primis da quella del sindaco, piddino ma non troppo.

La sola lista Gori incassò 13.600 preferenze. Compresi i voti di quella parte di Bergamo che non si riconosceva nei partiti di sinistra, ma aveva comunque apprezzato il sindaco nel suo primo mandato. Il risultato fu che Gori e la sua civica, da soli, in città valevano grossomodo quanto l’intero Partito Democratico.

Le altre liste apartitiche portarono al suo canestro 3.200 voti: il Patto Civico circa 1.700, Apf (Ambiente, partecipazione e futuro) 1.500. Disegnando, almeno nei numeri, un’amministrazione più civica che politica.

Claudio Armati, di Ambiente Partecipazione e Futuro (Apf)

Ora il quadro è completamente mutato. Gori non c’è più, ma potrebbe continuare la sua lista. Chi la guiderà? La scelta potrebbe cadere sull’ex consigliere regionale Niccolò Carretta o sull’assessore uscente Marcella Messina, il primo ex Azione, la seconda d’origine Sel.

Marcella Messina

Catturare gli stessi voti della precedente tornata senza il titolare del marchio sarà impresa assai ardua. Ma è evidente che Gori stesso, lanciato nell’agone europeo, abbia tutto l’interesse politico ed elettorale a tenere in vita il suo “braccio armato” in città. Non fosse altro per dare continuità al lavoro di dieci anni.

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