Politica e ideologie

Chi è Filippo Bianchi, il consigliere comunale pro-life che fa infiammare Palazzo Frizzoni

39 anni, fiorentino di nascita, leghista e ultracattolico, porta avanti battaglie che scatenato bagarre tra sinistra e destra

Chi è Filippo Bianchi, il consigliere comunale pro-life che fa infiammare Palazzo Frizzoni
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di Wainer Preda

«È in atto una specie di ribaltamento antropologico. Si vuol fare della città di Bergamo, un tempo cattolica, qualcosa di diverso da quello che è sempre stata». Filippo Bianchi ha una parlata calma e argomentata, ma il suo sguardo guizza quanto le idee che esprime sulla nostra città. «Da un paio d’anni - spiega - è in corso un’operazione di radicalismo di massa a cui dobbiamo resistere. La popolazione ci chiede a gran voce che la famiglia naturale sia tutelata. Quella professata dalla sinistra invece è una rivoluzione ultraprogressista contro quelli che noi consideriamo principi non negoziabili».

Trentanove anni, consigliere comunale della Lega, Bianchi è un attivista di comitati e associazioni cattoliche, tra i fondatori di Caritas in Veritate Bergamo e del Centro Studi Riconquista e responsabile provinciale di Ora et Labora in Difesa della Vita.

È nato a Firenze, ma da quasi un decennio vive a Bergamo, dove ha messo su famiglia. Di mestiere fa l’imprenditore. Ed è entrato a Palafrizzoni con un intento che gli sta molto a cuore: non occuparsi solo di viabilità e investimenti, peraltro importanti, ma anche e soprattutto di temi etici che scuotono (o dovrebbero scuotere) le coscienze. Primi fra tutti, famiglia e aborto. «Per la Lega e il centrodestra sono temi fondamentali - spiega -. Credo che quel che ci contraddistingue dalla sinistra sia la difesa della vita, della famiglia e della libertà educativa. Una differenza che, anche a livello locale, dovrebbe emergere».

Palazzo Frizzoni, Comune di Bergamo (foto di Devid Rotasperti)

Di certo è emersa l’altra sera, 6 aprile, e sono state scintille. In Consiglio comunale, Bianchi ha portato due ordini del giorno riguardanti il “progetto Gemma” e la “Culla della vita”. Il primo, in estrema sintesi, proponeva che il Comune sostenesse, con un contributo economico tutto da valutare, le donne in difficoltà, al fine di evitare interruzioni di gravidanza. Il secondo invece voleva rendere noto, almeno nei locali pubblici comunali, l’esistenza della “Culla” che - detto per inciso - si trova alla Croce Rossa di Loreto. Solo che nella presentazione il consigliere ha criticato la legge sull’aborto. Apriti cielo, la sinistra è andata su tutte le furie, dispiegando il suo fuoco di sbarramento.

«Sono volate parole grosse e talvolta fuori luogo. La legge 194 secondo me è iniqua - sostiene Bianchi, appellandosi alla libertà d’opinione -. Io, essendo cattolico, mi metto dalla parte dei diritti del nascituro. Preferisco portare a termine le gravidanze e dare i bambini in adozione, invece che sopprimerli. La legge però ha anche una parte positiva, che spesso viene totalmente ignorata. Ovvero quella che prescrive agli enti locali di adoperarsi affinché vengano rimosse le cause che possono portare all’aborto. Quindi mi sono permesso di far notare che l’aborto è un dramma sia per la salute, sia per la psiche della donna».

Risultato: mozioni bocciate. Erano firmate anche da Pecce, Facoetti, Tremaglia, Ceci e Minuti: la “maggioranza della minoranza”. Ma nel mirino è finito soprattutto l’attivista pro-life, per la sinistra fumo negli occhi. Le sue iniziative, anche in passato, hanno fatto spesso venire un travaso di bile a quelli che ritiene essere i sedicenti paladini della libertà al femminile e agli esponenti politici che per lui hanno sposato in toto l’agenda dei gruppi Lgbt. La battaglia contro le teorie del “gender”, contro il disegno di legge Zan, contro la pillola Ru486, contro l’eugenetica, sono alcune delle sue iniziative.

Non solo. Sarà che è alto e magro e fra gli strali passa indenne, ma la sinistra lo avversa anche perché ne fa emergere le contraddizioni. È accaduto per esempio in occasione del Bergamo Sex. «Quando i muri della città sono stati tappezzati di manifesti, visibili anche ai minori, che suscitarono una valanga di lamentele. E dire che il Consiglio comunale aveva assunto una serie d’impegni per censurare le pubblicità lesive dell’immagine femminile. Alla prova dei fatti, belle parole e null’altro. Invece il sindaco ordina la rimozione dei nostri tre manifesti, tre, contro l’aborto chimico. Su questo ho presentato un’interpellanza e lui non ha voluto rispondere», conclude Bianchi.

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