Visioni opposte nel Pd

Gori: «Dire "siamo per la difesa comune, ma contro il riarmo" è un'ingenuità, o un barbatrucco»

L'europarlamentare, ex sindaco di Bergamo, risponde al comunicato dei colleghi di partito orobici Rossi e Bertolotti. E rimarca la sua posizione

Gori: «Dire "siamo per la difesa comune, ma contro il riarmo" è un'ingenuità, o un barbatrucco»
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Non lo hanno citato, ma il riferimento era evidentemente a lui. Ed è dunque comprensibile che Giorgio Gori, ex sindaco di Bergamo e oggi europarlamentare del Pd, abbia deciso di rispondere al comunicato diffuso nei giorni scorsi da Matteo Rossi e Alessandra Bertolotti, rispettivamente vicesegretario del Pd in Lombardia e vicesegretaria dei dem in Bergamasca. Ennesima dimostrazione, se non di una frattura, sicuramente dell'esistenza di visione opposte su diversi temi all'interno del gruppo dem orobico (e non solo).

Le parole di Rossi e Bertolotti

Alessandra Bertolotti e Matteo Rossi

Nella nota stampa, questi ultimi si dicevano soddisfatti per il "no" al riarmo e il "sì" alla difesa comune espresso a Strasburgo dalla maggior parte degli europarlamentari dem. Maggior parte perché in tre hanno invece continuato sulla propria strada, votando "sì" anche all'opzione del riarmo dei singoli Paesi membri (come già fatto a inizio marzo): Pina Picierno, vicepresidente del Parlamento europeo, Elisabetta Gualmini (che però si è autosospesa essendo coinvolta nelle indagini sul cosiddetto "Qatar-gate") e, appunto, Gori.

Il quale, come detto, non viene nominato da Rossi e Bertolotti, che si sono limitati a parlare di «singole distinzioni» che «non cambiano e non appannano una linea che oggi è stata riaffermata dalla stragrande maggioranza della nostra delegazione».

«Un'ingenuità, o un barbatrucco»

Giorgio Gori

Di seguito, riportiamo la risposta dell'ex sindaco di Bergamo, oggi vicepresidente della Commissione per l'industria, la ricerca e l'energia del Parlamento europeo.

«Al direttore - Dire che siamo “per la difesa comune, ma contro il riarmo” è quanto meno un’ingenuità, o a pensar male un barbatrucco. La “difesa comune” infatti non c’è, non è immediatamente realizzabile, come non ci sono gli “Stati uniti d’Europa” di cui spesso favoleggiamo. Entrambi rappresentano un traguardo cui aspirare, un progetto ideale cui tendere. Tutti vorremmo che la “difesa comune europea” fosse già qui, ma purtroppo solo un percorso graduale, costruito tramite avanzamenti progressivi, consentirà - non senza fatica, non senza ostacoli - di avvicinarne la realizzazione.

I riformisti lo sanno e per questo lavorano, un passo alla volta. Senonché i tempi richiedono reazioni immediate. Già oggi l’Ucraina non può più contare sul sostegno militare degli Stati Uniti, e la stessa Unione Europea non può più fare pieno affidamento sull’ombrello protettivo americano. Le decisioni che si impongono non consentono di ottenere da subito la “difesa comune europea”, innanzitutto per la ragione che la Difesa è ancora una competenza nazionale - da qui l’unanimità necessaria a procedere, unanimità che è ben lontana dal riscontrarsi tra gli Stati membri -, e in secondo luogo per la permanente indisponibilità di molti di questi (tra cui alcuni Stati di primaria importanza) a condividere forme di ampliamento del bilancio dell’UE o di indebitamento comune.

Ciò che si può fare oggi, concretamente, è promuovere maggiori investimenti nazionali per la sicurezza e la deterrenza, condizionandoli il più possibile a logiche di coordinamento e interoperabilità (come accade con “Safe”), e in parallelo incentivare lo sviluppo di un’industria europea della difesa, a sua volta progressivamente orientata alla cooperazione sovranazionale. Trattasi di “riarmo”? Sì, se lo si vuole chiamare col suo nome (a ricomprendere dispositivi di cybersecurity e di vigilanza satellitare, sistemi di AI, ecc.), da vedere come necessario e positivo punto di partenza di un processo che andrà progressivamente orientato alla costruzione dell’agognata “difesa comune europea”.

Quest’ultima non è dunque in contrapposizione con “Rearm Europe”/“Readiness 2030”, il piano presentato da Ursula Von der Leyen: è invece l’obiettivo che dobbiamo sforzarci di costruire partendo da quello, consapevoli che l’attuale frammentazione dei sistemi di difesa nazionali rappresenta un fattore di vulnerabilità e di inefficienza.

Dire “sì alla difesa comune, no al riarmo” non ha quindi senso. O meglio, ha il senso di buttare la palla in tribuna, pretendere l’ottimo (oggi irrealizzabile) per rifiutare ciò che è concretamente fattibile. Un’ingenuità, nella migliore delle ipotesi, o diversamente - come si diceva - un espediente per non dire apertamente ciò che in realtà si pensa: che di armi non si vuol sentir parlare. E che quindi non si vuole fare nulla. Nel segno del massimalismo, o d’un malinteso pacifismo, così finendo per fare il gioco - anche senza volerlo - di chi l’Europa la vuole fragile e indifesa».

Commenti
Marcello

Non mi piace la piega che la situazione ha preso, non mi piace che dobbiamo spendere soldi in armi, ma... Non sopporto quelli che sottovalutano i problemi che abbiamo davanti. L'Europa senza una forza militare di dissuasione diventerebbe una gustosa polpetta da mangiare per le vere potenze del 21° secolo, e l'Europa non lo è. Non si pensi a invasioni vecchio stile, ma quando sei un vaso di coccio pieno di tante cose buone da prendere, sei poi costretto a dire sempre di si. Se tanti in passato si erano fidati degli USA, dimenticando i danni che hanno sempre fatto nel mondo e che hanno sempre curato anzitutto i loro interessi, adesso devono cambiare idea. Finché gli interessi dei popoli europei collimavano coi loro, tutto a posto, ma dopo ..? Per questo, a malincuore, devo dare ragione a Ursula & C. Non condivido ma, oggi, è il meno peggio che si possa fare.

Claudio

D'accordo con Gori nella critica alle evidenti contraddizioni dei suoi colleghi (??) di partito. Sul resto solita retorica acchiappavoti.

Gigio

Non possiamo farci carico, di tutti i mali del mondo. Nel nostro paese, non c'è guerra, ma muoiono quotidianamente, molte persone, per malasanità, femminicidio, omicidio, sul lavoro, sulle strade ecc. Questo signore, che ha votato a favore del riarmo, sottoforma di protezione per il territorio, è un falso, qualunquista, opportunista. Vuole che l'Europa, la quota maggiore la Germania, spenda 800 miliardi, per riarmarsi. Per difendere cosa?? Da chi?? La Russia, non ci invaderà mai. Preoccupiamoci invece, che la Germania, diventerà la nazione con il più grande arsenale europeo. 80 anni sono passati, dalla fine della guerra, voluta da un certo personaggio. Con le destre che ritornano in auge, armare ancora quella nazione, quello si diventa un pericolo Preoccupiamoci, del nostro paese, che sta andando a puzzole. Sanità, scuola, immigrati, delinquenza, lavoro ecc. Servono per quello i denari, non per altro. E basta foraggiare guerre.

Franco

La posizione di Gori è realistica ed è l'unica praticabile, poi se ne sentono di tutte ma bisogna dire che abbiamo molti filo russi e pacifinti che ciurlano nel manico.

Roberto

L'analisi di Gori è condivisibile. Purtroppo in giro c'è tanta demagogia che fa finta di ignorare la realtà e cioè che a poco più di 1000 km dall'Italia c'è un paese che quotidianamente viene bombardato e spesso gli obiettivi sono appartamenti di inermi cittadini con il solo scopo di creare il maggior terrore possibile tra la popolazione. E il responsabile di tutto ciò è un altro Paese che ha più volte minacciato di usare la sua forza militare (anche ordigni nucleari cosiddetti "tattici") per ottenere i propri obiettivi imperialistici.

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