Intervista dopo l'espulsione

Guia Termini, la (ex) grillina bergamasca che ha detto no al nuovo premier Mario Draghi

Passata, per ora, al Gruppo Misto della Camera. «Tornassi indietro non mi ricandiderei, sono delusa da M5S: manca un leader e non c'è democrazia»

Guia Termini, la (ex) grillina bergamasca che ha detto no al nuovo premier Mario Draghi
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di Andrea Rossetti

«Ho pensato più volte alle dimissioni, ma le vivrei come una resa. E non mi va. Non voglio che tutto quello che ho fatto sia vano». Guia Termini parla da Roma. Da pochi minuti ha lasciato la riunione di «quelli del no», i parlamentari espulsi dai Cinque Stelle per aver votato contro al nuovo Governo Draghi. Per ora, però, non è entrata a fare parte della neonata componente “L’alternativa c’è”, che al Senato utilizzerà il simbolo di Italia dei Valori e che comprende tredici deputati e sei senatori ex grillini. «Non escludo di entrarci in futuro, ma non vorrei fosse la brutta copia del Movimento», commenta Termini.

Del resto, per l’ingegnere trevigliese 36enne la delusione è ancora forte. La cicatrice dell’espulsione brucia e fa male. «Sapevo che votando “no” sarei andata incontro all’espulsione. Ma quando ho ricevuto la lettera è stata comunque una bella botta. Credo tuttora nei valori alla base del Movimento, peccato che sia diventato tutt’altro…».

Tornasse indietro, si ricandiderebbe?

«No, non mi ricandiderei. È brutto ammetterlo, perché sto imparando tanto e questa esperienza mi sta dando moltissimo. Ma non vorrei riprovare la delusione che sto provando in questi giorni».

È più delusa dal Movimento o dalla politica?

«Dal Movimento. In realtà, in questi anni ho capito che molti dei pregiudizi che si hanno sulla politica non sono fondati. Tante cose non funzionano, ma in Parlamento ci sono anche persone competenti, che lavorano duro. C’è un’apertura al dialogo che non ho invece trovato nei Cinque Stelle».

Cosa l’ha delusa di più?

«È difficile indicare dei temi specifici sui quali il Movimento ha tenuto una posizione che mi ha deluso, anche perché spesso una linea non c’era (ride, ndr). La cosa che ho sofferto di più è stata la totale assenza di confronto, di democrazia interna».

Ma scusi, i Cinque Stelle non sono quelli per cui «uno vale uno», per i quali la volontà degli elettori regna sovrana, quelli di Rousseau?

«In teoria sì, in pratica direi di no. Io ho sempre avuto dubbi su Rousseau e sulla sua gestione. La verità è che, da quando siamo andati al Governo, si è completamente perso il controllo della piattaforma. Il caso del quesito sul Governo Draghi è emblematico».

Era un quesito fazioso, ma gli iscritti avrebbero potuto votare no.

«Il problema infatti non è il risultato, ma come ci si è arrivati. Innanzitutto, chi può votare su Rousseau? Nel 2018 abbiamo avuto undici milioni di elettori, lì ci sono settantamila iscritti, e molti non sono neppure attivisti. E poi il quesito è stato scritto e posto senza tenere minimamente in considerazione la posizione di noi parlamentari».

In che senso?

«Il settanta per cento di noi era per il “no” alla fiducia. Andare alle consultazioni, dialogare, ma non a dare la fiducia alla cieca… Solo che i vertici volevano entrare nel Governo e hanno piegato la situazione per averla vinta».

Chi sono i vertici?

«Bella domanda. Sa che non l’ho ancora davvero capito?».

Lei perché è contro il premier Draghi?

«Io non sono contro Draghi. Sono la prima a riconoscerne lo spessore, la competenza. Semplicemente, questo Governo rappresenta tutto ciò contro cui è nato anni fa il Movimento. Farne parte significherebbe abbandonare i valori in cui credo. Draghi rappresenta le banche e il loro potere, le privatizzazioni, gli anni del rigore europeo… Non riesco a fidarmi della sua figura, istituzionalmente parlando. Nel Gruppo Misto valuterò ogni provvedimento e voterò a favore o contro».

Non pensa che sia meglio essere al Governo che all’opposizione?

«Il problema è che non ho fiducia nemmeno in questa formula governativa. Con tutti i partiti dalla stessa parte, temo che si vada incontro o a uno snaturamento, oppure a uno stallo».

Lei però ha governato con la Lega prima e con il Pd poi. Sarebbe così diverso?

«Sì, perché con la Lega e con il Pd c’era comunque un accordo, c’era stata una trattativa. C’erano dei punti fermi che ora non ci sono».

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