I dati

Il crescente problema del precariato nelle scuole bergamasche (non solo tra i docenti)

Uil Bergamo sottolinea come, dall'anno scolastico 2015/2016, i numeri siano cresciuti in modo importante. «È necessario fare qualcosa»

Il crescente problema del precariato nelle scuole bergamasche (non solo tra i docenti)
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Il precariato aumenta. Non solo nel mercato del lavoro in generale, ma anche nelle scuole. Lo dimostrano i dati diffusi dal sindacato Uil Bergamo, che evidenziano come nell’anno scolastico 2015/16 il numero di docenti precari fosse di 2.268, mentre nell’anno scolastico 2022/23 è salito a 3.501 docenti. Sul totale, il 23,92 per cento dei lavoratori delle scuole bergamasche è a tempo determinato.

Va peggio per i docenti di sostegno

Il dato peggiora se ci si concentra solo sugli insegnati di sostegno: nel 2022/23, su una platea di 2.386 docenti di sostegno in Bergamasca, il numero di quelli a tempo determinato è di 1.322, con un impatto percentuale del 55.41 per cento.

Il coordinatore Uil Bergamo, Pasquale Papaianni, sottolinea come la questione dei docenti di sostegno nella nostra provincia sia tutt'altro che secondario. L'aumento di queste cattedre, negli ultimi sette anni, è stato infatti importante: dalle 2.124 dell’anno scolastico 2015/16 si è arrivati alle 2386 dell’anno scolastico 2022/23. Per Papaianni, dunque, «il dato deve lasciar intendere che il fenomeno non è solo un fenomeno scolastico, ma anche un problema sociale che inevitabilmente impatta anche gli enti locali e le figure che vi ruotano attorno». In altre parole, è più che evidente che la questione disabilità e famiglia oggi meriti un posto al centro dell’agenda politica di un territorio.

Il precariato tra il personale Ata

Anche sul fronte del personale Ata (quello amministrativo, tecnico e ausiliario degli istituti) i dati non sono confortanti: sempre secondo i dati Uil Bergamo, dai 524 dell’anno scolastico 2015/16 si contano 928 precari nell’anno scolastico 2022/23, con una crescita del 23,69 per cento.

A fronte di questi numeri, Papaianni commenta: «Le scuole, le famiglie, gli utenti, i lavoratori, quindi la comunità educante tutta, ha bisogno di stabilità sia educativa che contrattuale al fine di consentire la possibilità anche in un’ottica triennale di programmare, pro quota, istituzioni scolastiche ed enti locali l’azione didattica, mentre il lavoratore potrà aver una visione non precaria del proprio lavoro, trasmettendo quella sensazione di stabilità anche in senso di progresso economico sul territorio, con interventi anch’essi strutturali e non momentanei come l’accesso al prestito, acquisto di beni mobili e immobili, tali da trasmettere beneficio al tessuto territoriale».

Commenti
Vincenzo

Premesso che l'espletamento delle funzioni ditaditte dev'essere svolto avendo il possesso di specifiche competenze, il dato fotografa una situazione statistica senza indicare le retribuzioni nette medie percepite dalle varie figure professionali esposte. Purtroppo, sentiamo parlare di retribuzione oraria minima, presupposto che nessun provvedimento di legge ha ancora recepito. Se questo dato fosse messo in relazione alla retribuzione media percepita dal personale docente, tecnico/amministrativo e ausiliario, ci sarebbe da inorridire. Quanto appena detto, è un fenomeno che investe tutti i settori ed andremme messo in relazione con le retribuzioni di altri Paesi della zona Euro. Volutamente, non mi avventuro a parlare di gabbie salarieli. Vivere a Bergamo e provincia, stesso discorso vale per le altre zone del settentrione, al di fuori della famiglia genitoriale è un'impresa impossibile. Ecco perché assistiamo a un turnover continuo di personale nella scuola e in altri settori lavorativi. Aspetti che, laddove l'offerta lavorativa prevedesse un part-time, si tramutano in una rinuncia all'accettazione.

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