La falsa notizia sui quindicenni ignoranti: «La scuola fa miracoli, il problema sono le famiglie»
Il dirigente dell'Istruzione alza il tiro contro le altre agenzie educative. L'Ocse: «Gli adulti italiani sono sotto la media di competenze a livello mondiale»
di Paolo Aresi
L’affermazione è rimbalzata sui giornali e sui social e ha fatto un gran scalpore: il cinquantuno per cento dei quindicenni italiani non saprebbe leggere e capire un testo scritto e nemmeno sarebbe in grado di eseguire un semplice esercizio di matematica. In realtà, le cose non stanno così. L’equivoco è nato da una dichiarazione del presidente di Save the Children Italia, Claudio Tesauro, che, ha spiegato, il dato riguarda la “dispersione scolastica implicita”. Ora, dal ministero fanno sapere che questa definizione non ha nemmeno a che fare con gli studenti di quindici anni, ma che deriva dalle prove Invalsi riguardanti ragazzi di diciotto e diciannove anni e fa riferimento quindi a ragazzi che hanno finito il corso di studi delle superiori, ma che non hanno conseguito le competenze minime in italiano, matematica e inglese: questo dato nel 2021 riguardava il 9,5 per cento degli studenti in Italia.
Insomma, un dato sbagliato. Ne abbiamo parlato con Damiano Previtali, bergamasco, già preside al Sarpi, oggi dirigente del ministero dell’Istruzione con il compito di occuparsi della “Valutazione del sistema nazionale di istruzione e formazione”.
Ma allora la scuola italiana è un disastro?
«No, non è per nulla un disastro, anzi. È l’unica agenzia educativa che rappresenta ancora una sicurezza in un tempo in cui tutto appare precario, famiglia compresa. È un punto di riferimento, anche nelle situazioni più difficili. Ci sono risultati diversi a seconda delle zone, in Italia. Per esempio, quella “dispersione scolastica implicita” arriva al 14,8 per cento al Sud e al 2,6 per cento al Nord».
Ma quel dato...
«È stato un errore di lettura, si è fatta confusione. C’è da considerare che l’Invalsi non valuta i ragazzi di quindici anni, ma soltanto alcune età legate alla conclusione di cicli, per esempio alla fine delle primarie, dopo la terza media e dopo la quinta superiore. La rilevazione Invalsi del 2021 dice che il 51 per cento dei ragazzi che escono dalle superiori non sono sufficienti in matematica mentre il 44 per cento non è sufficiente in italiano. Questo non significa che non sanno intendere un discorso. E, soprattutto, non significa che la scuola non ha fatto il suo dovere. Bisogna guardare i dati Invalsi, ma anche il lavoro formativo che si fa nelle scuole. Uno studente può anche non arrivare alla sufficienza in matematica o in italiano, ma avere avuto molto dalla scuola dal punto di vista educativo. Il vero problema non è la scuola. La scuola fa miracoli».
E qual è il problema?
«Le altre agenzie educative che mancano o non sono all'altezza. A cominciare dalla famiglia, che è comunque la prima agenzia educativa».
Ci spieghi.
«Sono stato in Finlandia nei giorni scorsi a trovare mia figlia. Sono stato alla biblioteca di Helsinki e ho provato meraviglia. Non c’è confronto con noi. Lei deve considerare che Bergamo, in Italia, è un’isola felice, ma lo stesso bisogna camminare ancora tanto. Alla biblioteca di Helsinki ho visto mamme con i bambini piccoli, un’organizzazione che consentiva loro di stare con altre mamme, di leggere, un servizio per accudire i bambini, un ambiente strutturato per quello. Ho visto tanti, tanti anziani prendere il caffè, leggere i giornali, scambiarsi opinioni... non è il centro anziani dove si gioca a tombola. Vede, questo è il problema». (...)