La manifestazione

La protesta degli zaini appesi fuori da scuola, per dire no alla didattica a distanza

La voce del dissenso è affidata all’assembramento delle borse. Una mamma: «Basta con il “confino digitale” della didattica a distanza»

La protesta degli zaini appesi fuori da scuola, per dire no alla didattica a distanza
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di Marco Oldrati

Scuole di nuovo chiuse. Una situazione davvero delicata, per certi versi figlia di una politica e di una burocrazia contorte che hanno creato ancora una volta discriminazioni, incomprensioni, disguidi, e che fatica a risultare “digeribile”.

Ed ecco comparire sulle cancellate delle scuole degli zaini, accompagnati da un cartello su ognuna, con tanto di firma: «La mia casa non è la scuola», dice il cartello. A un anno dall’esplosione della pandemia a pagare sono ancora una volta le fasce d’età più delicate, che dal distanziamento sociale stanno imparando a vivere una relazione “sterilizzata” con il prossimo.

È questa l’opinione del gruppo di persone che hanno dato vita all’iniziativa, subito virale, che sta colorando in forma allegra e arrabbiata gli ingressi di diverse scuole cittadine. «Abbiamo voluto segnalare un disagio, che è quello dei bambini in genere e anche dei loro “fratelli più grandi”, gli adolescenti, tutti privati di una socialità e di un patrimonio fondamentale per la crescita come la relazione fisica con altre persone - dice Elisa Denegri, mamma e operatrice dell’assistenza ai disabili in una cooperativa, fra le promotrici di questa iniziativa -. Vogliamo segnalare questa assurda discriminazione, fra adulti che si incontrano sui luoghi di lavoro quando potrebbero operare in remoto e bambini a cui è negato l’incontro a scuola e imposto il confino digitale della Dad. Riteniamo che la scuola debba essere l’ultima cosa a chiudere e la prima ad aprire e non debba essere messa in subordine a uffici e negozi».

L’iniziativa è visibile a tutti anche in assenza di un assembramento vietato: gli zaini ricordano i lucchetti appesi alle ringhiere dei ponti. Continua Delnegri: «Il confino digitale sta facendo danni psicologici sull’attitudine alla relazione che i bambini stanno sviluppando negli anni della scuola materna ed elementare, una relazione che già le regole del distanziamento nelle classi mettevano in crisi, ma che era pur sempre fisica, perché visiva e diretta. Dobbiamo prestare attenzione e affrontare il rischio che viene dalla malattia, ma dobbiamo preoccuparci anche dei risvolti psicologici molto seri che il contenimento del rischio sanitario genera».

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