L'assurdità degli orari di scuola, cambiati sei volte, raccontata da un prof del Sarpi
Arturo Moretti è colui che si occupa proprio di fare gli orari nel liceo classico cittadino: «Abbiamo passato anche le vacanze di Natale sulle tabelle». E il 7 gennaio sera l'altro cambio di rotta...
Arturo Moretti, docente di ruolo e vicepreside del Sarpi, è il professore che con l’aiuto di un paio di colleghi ha il compito di definire gli orari di insegnanti e studenti del liceo classico cittadino. Un lavoro impegnativo che in genere occupa le due settimane che precedono l’avvio di ogni anno scolastico, ma che negli ultimi mesi, tra Covid e incertezze della politica, è diventato una fatica di Sisifo. L’ultima novità la sera del 7 gennaio: in Lombardia non si torna a scuola l’11, bensì il 24 gennaio.
Ripartiamo dall’inizio, professore.
«Durante le vacanze estive, dopo una serie di incontri con i tavoli di coordinamento in cui sono state decise le modalità dell’orario che prevedeva il cento per cento di studenti in presenza e uno scaglionamento al 50 per cento tra le 8 e le 10, abbiamo elaborato l’orario di settembre: prima provvisorio, poi definitivo, come si fa tutti gli anni».
Problemi?
«La difficoltà era soprattutto legata all’ingresso alle 10, che significava per le classi del triennio uscire alle 15, con l’aggravante che il liceo classico, rispetto agli altri, prevede 31 ore anziché 30. Le cose si sono complicate perché più di metà dei nostri studenti proviene dalla provincia e questo per alcuni comportava disagi terribili. Ho in mente un alunno di Peia che quando usciva alle 15 veniva recapitato dal pullman alla fermata del suo paese alle sei di sera».
Che cosa avete pensato, allora?
«Dopo vari sondaggi con gli studenti abbiamo rimodulato gli orari per cercare di venire loro incontro. Questo è stato il secondo passo: una soluzione durata fino al 19 ottobre quando è arrivata l’indicazione della presenza al 50 per cento».
E a quel punto?
«Come tutte le scuole, abbiamo rifatto l’orario che prevedeva tre giorni in presenza e tre giorni a distanza. Naturalmente, per evitare che sempre la stessa materia venisse penalizzata alternavamo le settimane».
Un passaggio che è durato pochissimo.
«Un paio di settimane, dopodiché siamo entrati in didattica a distanza.
E l’orario è cambiato ancora.
«Non dovendo prendere mezzi di trasporto, non aveva senso far cominciare alle 10 del mattino gli studenti che erano a casa».
Dopodiché?
«È cominciato il balletto delle date: si rientra il 7 gennaio, si rientra il 13... sino a quando è arrivata l’indicazione che avremmo dovuto predisporre un orario con il 75 per cento di studenti in presenza. Nella seconda decade di dicembre mi sono messo a lavorare al nuovo orario, con una rotazione ancora diversa, quattro giorni in presenza, due giorni a distanza e ingressi rigorosamente scaglionati tra le 8 e le 10».
A questo punto è scesa in campo anche la prefettura.
«Si è istituito un tavolo coordinato dal prefetto con la presenza dell’Ufficio scolastico provinciale, del trasporto pubblico locale, eccetera. Abbiamo elaborato il nuovo orario e lo abbiamo inviato al prefetto con apposita tabella. Il 22 dicembre lo abbiamo comunicato a docenti, famiglie e studenti».
Ma non era finita.
«Il 24 dicembre è arrivato il decreto del ministro della Salute che comunicava che il 7 gennaio avremmo ripreso al 50 per cento».