Un lavoro immane

Le scuole impazziscono per stare dietro ai contagi (anche perché le cose non sono chiare)

Sono subissate di segnalazioni e domande di famiglie e studenti. Un tracciamento spesso vanificato perché la macchina burocratica è troppo lenta

Le scuole impazziscono per stare dietro ai contagi (anche perché le cose non sono chiare)
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di Wainer Preda

Tutto comincia con una telefonata inattesa della scuola. Dice che nella classe di tuo figlio c’è un bimbo positivo. Allora cominci a tremare. Speri che il tuo pargolo, per miracolo, l’abbia scampata perché l’hai vaccinato. Preghi per quel bimbo malato e sfortunato. Poi cerchi di razionalizzare, capire come fare se. Cerchi indicazioni, informazioni. Provi a muoverti nella complessa macchina burocratica dei tamponi. Ma a un certo punto ti prende la rabbia e pensi: ma perché con questa dannata Omicron in giro, il presidente del Consiglio non ha rinviato di 15 giorni il rientro in classe?

Lui, Mario Draghi, lo ha spiegato in una conferenza stampa. «La scuola è fondamentale per la democrazia va tutelata, protetta, non abbandonata. Ci sono anche motivazioni di ordine pratico: ai ragazzi si chiede di stare a casa, poi fanno sport tutto il pomeriggio e vanno in pizzeria? Non ha senso chiudere la scuola prima di tutto il resto, ma se chiudiamo tutto torniamo all’anno scorso e non ci sono i motivi per farlo». Poi ammette che ci sarà un aumento delle classi in Dad «ma quello che va respinto è il ricorso generalizzato alla didattica a distanza».

Belle dichiarazioni d’intenti. Forse non sarebbe cambiato nulla, nemmeno con un rinvio. Solo che poi c’è il raffronto con la realtà. Quella che dice che le armi in mano alle aziende sanitarie e alla scuola, per combattere l’allargarsi dell’epidemia, sono spuntate. L’Ats di Bergamo per esempio sta lavorando da tempo con risorse risicate. Con una media di 4500 contagi al giorno e il personale contingentato, correre appresso alle conseguenze delle varianti Delta e Omicron è diventata impresa assai ardua. Per questo si starebbe pensando a un ampliamento delle fasce di reperibilità telefonica, dei servizi online e una riorganizzazione dei dipartimenti. Ma la coperta è corta. Fermo restando che l’attenzione va garantita prima di tutto alle categorie considerate fragili. Ovvero Rsa e ragazzi in età scolare.

E anche qui, la situazione è oltremodo complicata. Le scuole sono subissate di segnalazioni di famiglie e studenti. Centinaia al giorno. Alle scuole è stata affidata la procedura di primo tracciamento dei casi che si verificano nel loro perimetro istituzionale. Solo che i presidi non sono dirigenti sanitari e dunque vivono questo ulteriore impegno con disagio e fatica crescente. Soprattutto dal momento che la procedura richiede loro anche una crescente valutazione dei casi, che non è di loro competenza. Il conteggio dei ragazzi positivi e dei contatti in ogni classe, oltretutto differenziato per fasce scolastiche e a sua volta diverso e mescolato per gli insegnanti, non è troppo chiaro. Introduce una miriade di possibili variabili. Soprattutto se il docente insegna in più di una classe, talvolta anche sette o otto.

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